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Il caso #Tolve, il pasticcio doroteo del #Pdl su #Ramelli e lo sdegno di #Giraudo

(umt) La soluzione - in perfetto stile doroteo - elaborata da un summit dei consiglieri regionali del Pdl lucano per rimediare alla clamorosa autorete di Tolve (ripristinare la targa dedicata a Sergio Ramelli in Villa comunale mantenendo però l'intestazione del parco pubblico all'unità d'Italia) spiega più di diecimila ragionamenti iperpoliticisti perché il centrodestra lucano è condannato per le prossime sette generazioni a restare minoranza. Alla fine, incredibile a dirsi, lo scempio della memoria è stato il prodotto di un regolamento di conti interno al Pdl tra ex Forza Italia (che fanno capo a due esponenti della prima repubblica, l'ex dc Taddei e l'ex psi Mattia) ed ex Alleanza nazionale (per una volta uniti nella difesa del ricordo di Ramelli, finanche con i finiani). Intanto l'ex sindaco (e presidente regionale di Azione Giovani) Pasquale Pepe ha diffuso la lettera che Guido Giraudo, che alla cerimonia di inaugurazione della targa aveva partecipato, gli ha scritto:
Caro Pasquale,
sono giorni questi di amare considerazioni.
Sono passati 37 anni da quel tragico aprile del 1975 in cui Sergio Ramelli, dopo 47 giorni di agonia, chiuse gli occhi per sempre. Fra i tanti morti di quegli anni tremendi, egli assurse subito a simbolo, non solo per la vigliaccheria feroce con cui era stato aggredito, ma in quanto emblema della persecuzione, dell'emarginazione, della violenza cui erano sottoposti tutti colori che non accettavano il "pensiero unico" della sinistra.
Solo dieci anni dopo furono arrestati i colpevoli, protetti da una "omertà d'ambiente" difficile da scalfire (lo dice il giudice Guido Salvini). Tutti figli della Milano bene: medici, fratelli di magistrati, professionisti ben remunerati.
Quindici anni fa uscì, in maniera molto sommessa, un libro scritto a più mani che di Sergio raccontava la storia e le persecuzioni subite, ma raccontava anche delle torture inflitte per anni alla famiglia, delle falsità dei giornali e poi del processo, delle condanne e dei tanti nomi diventati "celebri" nel frattempo che si incontrarono e scontrarono sui banchi del tribunale... Quel libro divenne un "caso". Quasi ventimila copie diffuse in dieci anni di pubblicazioni ininterrotte. Dal libro nacque anche un'opera teatrale. Libro e dramma attraversarono l'Italia e furono decine le pubbliche amministrazioni che li ospitarono... Ovunque fiorirono richieste di intitolazione e, oggi, sono 18 le città italiane che hanno una strada, un giardino, un belvedere, un lungolago intitolato a Sergio Ramelli.
Ricordo bene il giorno in cui furono intitolati i giardini della villa comunale di Tolve. Lo ricordo non solo perché era la prima volta che venivo in Basilicata, ma perché rimasi colpito dal clima di partecipazione e di calore umano. Come co-autore del libro avevo girato già più di 120 città e assistito a una decina di intitolazioni ufficiali. Mai come a Tolve ho sentito la partecipazione dell'intero paese. Certo c'era anche la curiosità per la presenza di un ministro (Alemanno), ma ricordo la folla nel parco e sulle strade, intere famiglie con i bambini, le donne anziane... Ricordo la loro cordialità, dopo gli interventi di rito, nello stringere la mano e nel condividere la commozione del momento.
Chi oggi ha tolto quella targa e la bellissima frase su di essa incisa, certo quella sera non c'era e certo non conosce un insegnamento della storia: mai nessuna "damnatio memoria" ha cancellato o umiliato il ricordo dei grandi; mentre dei meschini che abbattendo statue (o rimovendo lapidi) pensano di apparire importanti, nessuno ricorda neppure più il nome.
Su Sergio Ramelli quest'anno è stato prodotto un importante documentario che, ancora una volta, ne riporta d'attualità la storia... Dei piccoli uomini che stanno tentando di farlo sparire da Tolve, già tra pochi mesi, nessuno saprà più nulla!!
 Guido Giraudo

2 commenti:

  1. Sette generazioni? Diciamo settanta.....
    Che schifo!

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  2. la retorica di Giraudo mi sembra fuori luogo, qua non si parla di damnatio memoriae ma di correnti del pdl che usano i morti per loro diatribe interne.

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