Strage di Bologna. Carlos: Kram non c'entra niente e neanche con noi
(umt) In occasione del trentennale della strage di Bologna "Carlos" concesse un'interessante (anche per le sviste che contiene) intervista a Emanuele Midolo e Francesco Piccinini di AgoraVox, un importante progetto di citizen journalism. Vista che tutta la bagarre innescata dall'intervista a Enzo Raisi parte proprio dalla richiesta del parlamentare futurista di sentire lo "Sciacallo" vediamo che cosa aveva da dire sui due presunti sospetti della "pista palestinese" (nella foto Margot Frohlich al momento dell'arresto nel 1982: decisamente una donna magra, di bassa statura e dai capelli lunghi). Toccherà poi ritornare sui rapporti tra Carlos e il FPLP e tra le Cellule rivoluzionarie e la sua organizzazione.
Trent’anni fa, il 2 agosto 1980 una bomba esplose all’interno della sala d’aspetto della stazione di Bologna, provocando 85 morti e 200 feriti. Fu l’attacco più grave subito dall’Italia in periodo di pace. Recentemente, a seguito di certe informazioni contenute nel dossier Mitrokhin e di dichiarazioni dell’Ex-Presidente della Repubblica Cossiga, si è fatta avanti una nuova ipotesi sulla matrice della strage. Si è parlato di una responsabilità del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, organizzazione nella quale lei ha militato diversi anni e per la quale ha compiuto numerose azioni, nonché di un coinvolgimento della sua organizzazione, SEPARAT, attraverso il militante tedesco Thomas Kram, che si trovava a Bologna proprio quella mattina.
E’ ridicolo, persino il nome affibbiato al nostro gruppo è assolutamente assurdo. Le dico quello che so, nel 1980 ero con la Kopp (Magdalena Kopp, seconda moglie di Carlos e membro delle Cellule Rivoluzionarie tedesche, ndr) e ricevevamo informazioni sia dalla Repubblica Federale Tedesca, sia dalla Repubblica Democratica Tedesca. All’epoca alloggiavamo vicino alla casa del Presidente Honecker e avevamo accesso a molte informazioni dirette, non solo della Stasi. Il 2 agosto eravamo a Budapest e mi ricordo che quella mattina Magdalena venne e mi disse: “Kram ha rischiato di farsi uccidere”. Thomas Kram era un ebreo tedesco. La sua famiglia è sempre stata comunista, sua nonna manifestava contro il regime nazista. Una famiglia di attivisti. Era un personaggio conosciuto e un militante molto impegnato nella zona bassa del Reno. Quell’anno ricevette un invito dall’Università di Perugia per andare un periodo ad insegnare lì e per questo passò per l’Italia. Appena attraversò la frontiera fu seguito da due agenti italiani che lo accompagnarono lungo tutto il percorso. La prima sera soggiornò a Chiasso, c’è anche la registrazione dell’albergo, poi proseguì verso Bologna dove giunse la sera prima dell’attentato. Anche qui prese una stanza a suo nome e al mattino presto partì. Se Kram fosse morto nell’attentato sarebbe stato un responsabile perfetto a cui dare la colpa. Ma lui utilizzava i suoi veri documenti perché non aveva bisogno di nascondersi. Era un agitatore politico sì, ma un agitatore politico legale. Come ho già detto altrove, non faceva parte del nostro gruppo.
Un’altra persona che sarebbe stata vista a Bologna quella mattina è la militante tedesca Margot Christa Frohlich la quale, secondo la polizia ungherese faceva parte del suo gruppo. Quali erano i vostri rapporti?
Con la Frolich ci siamo incontrati varie volte, questo è vero. Ma io sono un gentiluomo e non entrerò nel dettaglio, anche perché è stata accusata di essere una mia amante, nonostante lei fosse la moglie di Alessandro Padula (militante delle Brigate Rosse ndr). Hanno tentato di tirare in mezzo Madame Frohlich anche per l’attentato della Rue Marboeuf, ma lei non c’entra niente. La descrizione parla di una donna grossa con capelli biondi corti o di un uomo travestito da donna. La Frohlich non corrisponde alla descrizione perché lei è una bella donna, magra, di un metro e sessanta. Hanno detto che la persona che scappava aveva dei capelli corti ma lei li ha sempre avuti lunghi fino al bacino. Una persona con i capelli corti può fingere di avere i capelli lunghi usando una parrucca ma non viceversa!
"non faceva parte del nostro gruppo"
RispondiEliminaPeccato che i documenti della Stasi e i numerosi organigrammi dimostrino l'esatto contrario.
Utile lettura in attesa di vedere finalmente qualche documento che dimostri il contrario:
http://segretidistato.liberoreporter.eu/index.php/approfondimenti/stragi/stazione-di-bologna/126-esclusivo-strage-di-bologna-dentro-la-fabbrica-dei-falsi.html
Paradisi, per me Carlos dice un sacco di cazzate. Ma siccome tutto l'ambaradan che anima il mio blog da settimane ruota intorno alla pressione del (molto) onorevole Enzo Raisi per sentirlo (ri)comincino le danze.
RispondiEliminaAnche la Stasi, del resto, non è una bocca della verità. Perché se si dovesse fare la storia del terrorismo italiano sulle veline degli Affari riservati staremmo freschi. Basti pensare alla clamorosa bufala del raduno nel parco milanese per andare al raduno di Bellinzona del 3 agosto 1974 raccontata da Tramonte e considerata assai rilevante nell'ultimo processo di Brescia ...
Per completezza faccio notare che l'organigramma del 18 marzo 1981 riportato intgralmente nel link del mio precedente commento, è solo uno dei numerosissimi documenti interni della Stasi in cui Thomas Kram è indicato come membro effettivo e stabile del gruppo Carlos. Per la precisione entrò nel gruppo a metà del 1979 e fu proprio lui a portarvi nei primi mesi del 1980 Christa Mrgot Frohlich.
RispondiEliminaParadisi impara l'italiano, invece di studiare l'israeliano con rabbi Gianfri Finenstein.
RispondiEliminaChe i documenti della Stasi dicano una cosa può essere, ma che da li la DIMOSTRINO ce ne passa.
Attenzione Tassinari non confondiamo le veline fatte passare dai servizi a loro uso e consumo con i documenti interni di un servizio. Il crollo del blocco dell'est ha reso accessibili archivi che mai nessuno avrebbe potuto pensare di vedere. E' su quella documentazione interna (anche burocraticamente pignolissima) che molte procure (ad esempio quella parigina) ha lavorato e sta lavorando. I documenti che la Stasi (e l'HVA ungherese) compilava per monitorare il gruppo Carlos sono genuini e servivano a loro stessi. Altra cosa, e lei lo sa bene, sono i documenti, le veline, che si fanno uscire per depistare o impistare...
RispondiEliminaIo resto convinto che un atteggiamento di dubbio sistematico rispetto alla documentazione riconducibile ai servizi segreti, come ai corpi di polizia sia quello più epistemologicamente corretto. Di questo approccio sono debitore a Umberto Eco che, all'epoca dello 'scandalo della zarina' ragionava sulla funzione dei servizi e il paradosso di Epimenide che alla loro attività è consustanziale.
RispondiEliminaTassinari se non ci si basa sui documenti, con tutte le cautele del caso, io credo che si facciano solo romanzi d'avventura. Molti commentatori intervenuti finora mi sembra che basino i loro ragionamenti su nessuna pezza giustificativa ma solo su loro convinzioni soggettive, epidermiche e ahimè ideologiche. È questione di metodo, credo.
RispondiEliminaSono d'accordo.Nel lavoro storico i documenti si vagliano, non si accettano come verità di fede. E non mi risulta che per la Stasi vigesse l'obbligo di verità.
RispondiEliminaTassinari, e con questo intervento chiudo, lei dunque crede che nelle comunicazioni interne, nei rapporti che si scambiavano tra loro, gli addetti a monitorare il gruppo Carlos e i loro superiori, non vigesse l'obbligo di verità? Si scambiavano tra loro frottole? A che pro? Vogliamo fare un falò delle tonnellate di carte conservate negli archivi dell'est? A qualcuno forse farebbe comodo ma temo che in tal modo difficilmente si riuscirebbe a fare luce completa su quegli anni tragici.
RispondiEliminaParadisi, non mi attribuisca opinioni che non ho espresso. Io invito al dubbio non alla rimozione o al rogo dei documenti. Anche in Cosa Nostra, un'altra organizzazione seria, a sentire una fonte autorevole come Buscetta, vigeva l'obbligo della verità tra affiliati: e sappiamo che uso strategico della sua infrazione ha fatto Reina per scalare l'organizzazione e acquisirne il controllo
RispondiEliminaSe volete conoscere la vera storia di Kram leggete qui:
RispondiEliminahttp://lapattumieradellastoria.blogspot.it/2009/08/un-valpreda-per-bologna.html
Kram non ha mai fatto parte dell'Ori, il gruppo di Carlos.
RispondiElimina1/continua
Dal comunicato dei giudici germanici sono affermati alcuni fatti, già noti ma sistematicamente denegati dagli ‘esperti’ italici. Thomas K. è scomparso in clandestinità o in esilio il 17.12.1987 e si è consegnato alle autorità il 4.12.2006 (prima, non era clandestino). Non aveva partecipato personalmente né all’organizzazione né all’esecuzione di azioni delle Cellule rivoluzionarie (RZ) nella loro fase degli anni ’80 (un terrorista con nulla o scarsa esperienza operativa e di combattimento). E non lo aveva fatto perché si considerava controllato (se il gruppo clandestino glielo avesse permesso, avrebbe violato una propria fondamentale regola di sicurezza).
Egli era già stato negli anni ‘70 membro delle Revolutionären Zellen, che erano un’associazione terroristica, fondata nel 1973, che aveva adottato il concetto di guerriglia urbana, condividendo con la Rote Armee Fraktion (RAF) e col Movimento 2. Giugno l’idea che un cambiamento dei rapporti sociali potesse essere raggiunto solo con un sovvertimento violento. Quando, dopo una lunga fase di discussioni e spaccature, le RZ si consolidarono e si ri-orientarono, a metà degli anni ’80, egli partecipò attivamente al dibattito. Intervenne alla riunione di ‘direzione’ tenutasi in Austria con una ventina di delegati sostenendo il progetto di campagna politica su rifugiati ed asilanti e contribuì poi con scritti e stampati a condurlo e diffonderlo. Nell’autunno del 1990 si confrontò, personalemente e politicamente, con la notizia della morte del suo amico Gerd Albartus, elaborando un testo poi circolato e discusso nelle RZ.
Questo in sintesi quanto accertato dai giudici, e che merita qualche approfondimento per le implicazioni che può avere. Il processo era stato presentato come “l’ultimo processo alle RZ”, e come s’è detto programmato a Stammheim: questo indicava la chiara eventualità di una causa anche molto lunga (dell’ordine di anni e per decine di udienze). L’unico elemento d’accusa era il ‘testimone della corona’ (Kronzeuge, delatore premiato) Tarik Mousli, le cui dichiarazioni erano assai fragili per sostenere l’accusa, quando non imbarazzanti. Mousli daveva dichiarato: “la mia memoria è catastrofica, ma se mi dite i nomi e mi fate vedere le foto, allora mi ricordo”. Malgrado le prescrizioni per molti delitti materiali, l’accusa d’essere dirigente (Radelführer) avrebbe potuto portare ad una condanna di parecchi anni di reclusione. Ma l’esito di un lungo confronto processuale era poco prevedibile per l’accusa stessa, fondata quasi integralmente sulle dichiarazioni del ‘pentito’ Mousli, che proprio su un incontro con Kram era stato smentito da un militante delle RZ, Rudolph Schindler.
Il processo e la condanna di Thomas K. a due anni di detenzione sospesi condizionalmente, sono tutto quello che c’è contro di lui. Il Bundeskriminalamt (BKA) e la magistratura tedesca hanno ottenuto ed analizzato per primi gli archivi della Stasi (Staatsicherheit, il servizio segreto della Repubblica Democratica Tedesca), e non lo hanno neppure sospettato di aver partecipato ad attentati legati al gruppo Carlos.
La vera storia delle Cellule rivoluzionari:
RispondiElimina2/ continua
Le Revolutionären Zellen, l’FPLP e lo sciacallo
Le Cellule Rivoluzionarie (RZ) nascono nei primi anni ’70, quando sulla scena militante tedesca sono già attive la Rote Armee Fraktion (RAF) ed il Movimento 2 Giugno, all’interno del movimento autonomo, quell’insieme non di gruppi strutturati, ma di militanti e collettivi dai tratti comuni, benché talvolta contraddittori, legati a situazioni locali. Ne raccolgono i valori anti-gerarchici, antistatali ed anticostituzionali e tutto il portato della rivolta del lungo ‘68 con il rifiuto di ogni mediazione.
Le RZ si definiscono non solo anticapitaliste ma anche antipatriarcali, tanto che le militanti, sviluppando il discorso dell’autonomia femminile, costruiranno l’organizzazione Rote Zora, un gruppo armato di sole donne. Se nell’analisi della società usano categorie marxiste, nel concepirsi integrano dei concetti fondamentali dell’autonomia, quali il ‘nessuna delega’, l’autogestione, l’indipendenza d’azione e l’autodeterminazione delle scelte politiche, che si riflettono direttamente nella loro struttura organizzativa. Sicché anche le decisioni di attaccare e le scelte degli obiettivi da colpire non erano sottomesse all’approvazione di una struttura superiore alla cellula locale (“überregionale Gremium”, nella citata dichiarazione processuale di Schindler): le diverse cellule rivoluzionare stavano insieme solo perché condividevano una linea politica ed i documenti scritti dall’una o dall’altra. Questo faceva il paio con il rifiuto della clandestinità come ‘scelta strategica’, della professionalizzazione del militante rivoluzionario e dell’omicidio politico come strumento di lotta: altrettanti elementi di chiara differenziazione rispetto alle organizzazioni clandestine della lotta armata, la RAF ed il 2 Giugno. Queste sono strutturate in modo centralizzato, mentre le RZ sono organizzate in modo orizzontale, fondate su realtà locali e funzionano in rete. I militanti vivono alla luce del sole, sono politicamente attivi in movimenti legali e ricorrono a criteri e regole della clandestinità solo nell’agire illegale.
Le loro azioni miravano ad esercitare un livello di violenza prossimo alla sensibilità dei settori radicali del movimento, cui mostravano di ‘punire’ il comune nemico di classe. Colpivano in modo simbolico o distruttivo beni materiali, oggetti e strutture, raramente le persone (operarono in tutto tre ‘gambizzazioni’ di cui una con conseguenze mortali non volute). Gli obiettivi erano scelti tra quelli legati a lotte, movimenti o campagne politiche in corso (p.es antinucleare o per rifugiati/immigrati). Ricorrendo a strumenti come il sabotaggio e la falsificazione, cercavano di promuovere la diffusione di comportamenti illegali (p.es. mettendo fuori uso le macchine per i biglietti e distribuendo decine di migliaia di titoli di trasporto falsi). Le prime delle loro circa 200 azioni furono due attacchi con esplosivo contro la ITT nei giorni successivi all’11 settembre 1973: quella multinazionale americana, che aveva promosso e sostenuto il golpe militare del generale Pinochet in Cile, venne egualmente attaccata un po’ dappertutto, da New York a Roma.
I contrasti delle Cellule rivoluzionarie con Carlos. La morte di Gerd Albartus
RispondiElimina7/continua
Con l’andare del tempo, i litigi con i servizi segreti una volta amici, e con l’aumento della paranoia, un appuntamento con Carlos poteva anche risultare fatale. Il caso di Gerd Albartus è per diversi aspetti significativo.
Gerd Albartus, militante delle prime Cellule Rivoluzionarie, viene arrestato nel gennaio 1977 e condannato a 4 anni e 9 mesi di reclusione. Aveva tentato, con Enno Schwall, di incendiare un cinema in cui si proiettava un film su Entebbe. I diversi attacchi previsti dalle RZ miravano a danneggiare le sale, colpendo i cinema quando erano chiusi, per evitare di ferire delle persone estranee, come da teoria e prassi costante delle Cellule, ma proprio per le discussioni interne, ne fu tentato uno solo. E gli esperti della Mithrokin lo presentano, gabbando inchieste e sentenze tedesche, nonché storia e fonti, come un tentativo di strage.
Ciò che uno di loro scrive (Gian Paolo Pellizzaro sul sito ‘cieli limpidi’): “la strage di civili innocenti non è riuscita per puro caso” è solo uno dei tanti esempi di manipolazioni e forzature. Qui gli serve per dare un carattere stragista alle RZ, essendo stato Albartus un amico di Thomas Kram, col quale poco tempo prima dell’arresto era stato fermato dalla polizia. La fonte cui l’esperto fa riferimento è il libro di Oliver Schröm sullo Sciacallo, che però correttamente ricorda che Albartus aveva atteso la fine dello spettacolo: insomma, il cinema era vuoto e tutti, a cominciare dalla polizia tedesca che li osservava, lo sanno.
Gerd Albartus si difenderà al processo, senza mai accusare nessuno; nel corso della reclusione (in quel periodo le condizioni dei prigionieri politici erano durissime, gli scioperi della fame si susseguivano), protestò contro la solidarietà pubblica promossa da un amico, che aveva insistito sulle sue condizioni di isolamento e di malattia, perché ne rifiutava la posizione vittimista e insisteva invece sulle lotte collettive per le condizioni di tutti i prigionieri politici. Rimase politicamente attivo anche dopo la scarcerazione; ma aveva fatto la sua scelta, quella di una continuità con l’ala internazionalista in cui aveva militato, e la difese con i compagni da cui era ormai separato. Non scelse però la clandestinità e la militanza professionale. Installato a Düsseldorf, ne frequentò la scena politica pubblica, lavorando per i Verdi al Parlamento europeo, facendo reportages per una radio, scrivendo e traducendo testi, impegnandosi nella difesa dei prigionieri politici e continuando a visitarli, organizzando manifestazioni sull’AIDS e vivendo apertamente la propria omosessualità. In segreto, svolgeva compiti affidatigli dal suo gruppo. Per esempio, organizzò lo ‘sganciamento’ di Magdalena Kopp, che era ovviamente sotto osservazione quando, scarcerata a fine pena in Francia ed espulsa in Germania, ne partì per andare a ritrovare il suo uomo, Carlos.
A fine 1987 Gerd Albartus scomparve, e quelli che lo conoscevano pensarono che si fosse allontanato a seguito dell’ondata repressiva, che aveva fatto 33 arresti, e a cui erano sfuggiti Thomas Kram e altri). Invece andò a incontrare Carlos ed il suo gruppo in Libano, compreso il suo vecchio compagno delle prime RZ Johannes Weinrich. E questi, a sorpresa, lo processarono, accusandolo di essere un infiltrato della Stasi. Gerd Albartus fu lungamente e brutalmente torturato, sparato in una gamba, ucciso e poi bruciato. Un tribunale da inquisizione in perfetto stile staliniano, sul quale non si sa molto, salvo che aveva sbagliato a ritenere che Gerd fosse la spia.
I contrasti delle Cellule rivoluzionarie con Carlos
RispondiElimina8/fine
L’orribile fine di Albartus fu rivelata solo molto tempo dopo, alla fine del 1991, da una lunga lettera pubblicata dalle RZ. Il documento non offre che pochissime informazioni concrete, limitandosi ad indicare che l’esecuzione era stata compiuta da “un gruppo che si considera parte della rivolta palestinese”, e col quale “già da parecchi anni avevamo rotto definitivamente i rapporti per motivi politici”. Raccontano, le RZ, delle discussioni avute con Gerd Albartus quando, scarcerato a fine pena nel 1981, trovò una situazione radicalmente cambiata e non accettò quella rottura. Condivise invece le critiche di altri compagni che si erano opposti allo scioglimento dell’ala internazionale dopo Entebbe, critiche che avevano portato alla separazione, ritenendo che così ridotte le RZ si erano messe al livello di un gruppetto extraparlamentare e sarebbero rapidamente scomparse.
Il testo si dedica soprattutto all’autocritica, in particolare della mancata o insufficiente autocritica dopo l’azione di Entebbe, rispetto al carattere antisemita che vi poteva essere letto -per la separazione degli ostaggi non solo in base alla nazionalità israeliana (paese contro cui era rivolto l’atto di guerra) ma anche all’etnia ebraica- e all’incapacità di credere che questo si fosse realizzato per opera di gente come Boni Böse e Brigitte Kuhlmann, conosciuti come antifascisti. Quel documento, il cui discorso appare spesso come frutto di mediazioni e attento a non farsi interpretare come una critica apprezzabile dal nemico imperialista, dette luogo a discussioni anche pubbliche, ed è considerato come il passaggio finale che portò all’auto-scioglimento definitivo del gruppo poco tempo dopo.
Nel contesto che ci interessa qui, esso assume un altro ruolo, perché proprio dalla sentenza del processo citata prima, risulta che Thomas Kram ne fu uno degli autori. Non è un dettaglio da poco: senz’altro all’epoca (1991) Carlos ne era al corrente, visto quanto la cosa lo riguardasse direttamente; e con altissima probabilità sapeva pure chi ne fossero gli autori, in tutto od in parte. Fosse stato Thomas Kram uno dei suoi ‘soldati’ (così li chiamava), l’avrebbe immediatamente considerato un traditore, con tutte le conseguenze del caso. E, nella stessa ipotesi, Thomas Kram avrebbe mentito spudoratamente ai suoi stessi compagni delle RZ (come uomo di Carlos non avrebbe potuto non sapere del processo a Gerd Albartus). Ma più in generale, si può davvero credere che uno che avrebbe massacrato 85 persone 'estranee ad ogni conflitto', si faccia poi tanti problemi solo per la morte di una ‘spia’?