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Una lettura critica di Fascisteria

(umt) Ozia (bellissimo nome) è un blog di due lettori appassionati che, non avendo la presunzione di fare recensioni, raccontano le loro impressioni sui "libri che finiscono per leggere". L'ultimo post è una riflessione critica su Fascisteria. L'unica obiezione, da parte mia, riguarda la critica che mi muovono sulla mancanza di linearità. La scelta di organizzare i capitoli per area tematica è l'unica che consente di tenere annodati i fili. Quanto alla mancanza di un'organizzazione cronologica tocca segnalare al litblogger che c'è un altro testo, che precede di un anno "Fascisteria 2": Naufraghi, che a questa e altre esigenze divulgative risponde. Quanto alla considerazione finale su Gabbo e i morti di Firenze, riprendo il mio commento al post: "Ho chiuso la postfazione di Fascisteria con un omaggio commosso a Gabriele Sandri come vittima dell’ottusità poliziesca e non in quanto fascista. E posso quindi in assoluta serenità associarmi alla denuncia della brutalità razzista che ha animato il pogrom di Torino e confermare il mio giudizio di condanna dell’omicidio di massa di Firenze come delitto compiuto da un intellettuale fascista, per dirla con Umberto Eco, paranoico". 

di Daniele Trovato
Una prima edizione di Fascisteria era uscita nel 2001 ed era stato definito, con una certa soddisfazione dell’autore, la più completa enciclopedia della Destra Radicale, questa è l’edizione del 2008 rivista, ampliata, aggiornata e, a quanto si legge dalle bandelle di copertina, riscritta. La prima cosa che colpisce accostandosi alla lettura è effettivamente la vastità  e la completezza nella trattazione di sessant’anni di neofascismo italiano, con alcune scelte politiche, a mio avviso condivisibilissime, come quella di inserire il movimento leghista e i movimenti indipendentisti minori ad esso legati nel computo dell’estrema destra, fatto del tutto  evidente a mio giudizio negato dalle forze politiche, alleate e opposte, per ragioni di convenienza elettorale e convivenza istituzionale. Per stessa ammissione di Tassinari fin dall’introduzione nel testo prevalgono le biografie piuttosto che l’analisi politologica e sociale, la mitografia e la mitopoietica piuttosto che l’inquadramento nel contesto storico e nell’ordine cronologico. Questo approccio ne favorisce l’aspirazione, irrealizzabile ma approssimabile, di esaustività andando a scovare tendenze e gruppuscoli ascrivibili alla destra radicale ma lontani nel loro percorso, politico, ideologico e talvolta spirituale, dalle formazioni parlamentari, extraparlamentari o espressamente terroristiche e criminali più note alla cronaca, come l’MSI, l’FdG, Ordine Nuovo o i NAR, tuttavia ne penalizza fortemente la leggibilità. 
La seconda cosa che salta agli occhi del lettore è che ci si trova davanti ad un testo  che enumera facce, fatti e circostanze senza mettervi ordine, rischiando anzi di spezzare ulteriormente le già contorte linee di collegamento con cui si vorrebbe tracciare la toponomastica di  una galassia complessa e frammentaria. Tanto poco organica risulta la storia dei neofascisti in Italia tanto Fascisteria fallisce clamorosamente nel tentativo di affrontarla in modo organico, non soltanto nell’analisi storica complessiva e nello sforzo di catalogazione cronologica e ideologica, che potevano non essere nelle intenzioni o nelle facoltà dell’autore, quanto nella continuità della lettura del saggio come un corpo unico che si voglia anche piacevole e chiaro alla lettura. Cogliamo così storie personali e percorsi esistenziali e politici incrociati, spesso interessanti per chi è attirato dall’argomento, in una generale decontestualizzazione complicata per di più dalla miriade di nomi, sigle e riferimenti. Ci aiuta, riprendendo il libro in mano a lettura terminata, l’indice analitico soprattutto nel ritrovare facce e vicende che immancabilmente fanno ritorno negli interminabili rigurgiti parafascisti e pseudofascisti italiani, relegando l’utilità del testo soprattutto ad uso di consultazione.   Davanti a questo grave limite e alla luce che il testo si diceva riscritto per questa nuova edizione, pone dubbi sulle capacità di Tassinari come saggista, mentre non ve ne sono affatto quanto alla sua preparazione come esperto sull’argomento. 
Tassinari, che di destra non è, viene a volte accusato da sinistra di essersi infatuato dell’oggetto del proprio studio, su questo non discuto sia perché mi interessa prevalentemente l’utilità del testo a fini di comprensione del fenomeno più che le idee dell’autore, sia perché non stupisce o scandalizza più di tanto che scavando in profondità nelle vicende personali di un nemico politico si possa trovare un uomo per il quale sviluppare in certi casi perfino una forma di empatia e forse perfino di comprensione (solidarietà e giustificazione no, quelle sono invece tutt’altra cosa), la banalità del male in fondo, che si sovrapponga alla distruttività dell’ideologia cui aderisce e che lo rende nei fatti, come nel caso di molti neofascisti, un mostro in tutto e per tutto. Tuttavia, se Tassinari sull’onda della cronaca  termina il saggio con l’invocazione a verità e giustizia per Gabbo, riferendosi all’assurdo omicidio del neofascista Grabriele Sandri (neofascista in quanto chi andò sul sito MySpace del ragazzo il giorno della sua morte vi trovò, insieme alla toccante  normalità degli  scambi di messaggi tra amici che certo non pensavano di essere alla vigilia di una tragedia, anche avatar con svastiche e invocazioni al White Power), scelta nella quale non entriamo e alla quale non vogliamo contrapporre la nostra, ma su questo blog in un momento in cui l’Italia trova  a Firenze il suo Breivik e orde di bestie sanguinarie incendiano campi Rom sulla base delle accuse di uno stupro inesistente, noi ricordiamo con commozione e  solidarietà per la comunità senegalese, l’orribile omicidio di Samb Modou e Diop Mor, comunque la si pensi sullo stato mentale di Casseri,  ennesime vittime innocenti della lunga striscia di sangue lasciata dietro di sé dal neofascismo italiano.
Voto: 6 (soprattutto per consultazione “enciclopedica”)

1 commento:

  1. da lettore dell'edizione del 2001 e da possessore dell'edizione del 2008 (che a causa d'impegni non sono ancora riuscito a leggere, neppure, ad esempio, in estate quando, solitamente, di impegni non neho oppure se ne ho ne ho pochi) dico che si tratta dell'opera più compòeta (al pari dei libri di Nicola Rao) riguardante la destra dal 1945 ad oggi, l'unica differenza tra "Fascisteria" e i tre libri di Rao (la cosiddetta trilogia "della celtica") sta (forse) nel fatto che Rao utilizza principalmente testimonianze dei protagonisti diretti, mentre "Fascisteria" accanto alle testimonianze dei protagonisti diretti, utilizza anche scritti di questi protagonisti ed altre fonti (articoli, inchieste giudiziarie, processi, eccetera

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