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Alemanno: Giaquinto vittima della violenza politica. Fu un errore il corteo a Centocelle

Foto: Il Messaggero
(umt) Il dispositivo di controllo sulla completezza dei contenuti del blog sta raggiungendo una sua consistente efficienza. Grazie a ciò oggi possiamo ritornare sulla cerimonia commemorativa per Alberto Giaquinto. L'altro giorno il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, proseguendo nel suo personale impegno per onorare la memoria dei giovani caduti negli anni di piombo, ha dedicato al militante del Fronte della Gioventù ucciso il 10 gennaio 1979 da un poliziotto nel corso di scontri a Centocelle, i giardini di via Carabelli a Ostia. Cerimonia disturbata da un incidente tra due gruppi contrapposti, che si sono affrontati a poche centinaia di metri di distanza dai giardini, ma sono stati subito identificati e dispersi dalla polizia. Alemanno ha preso spunto dall'incidente per una riflessione di carattere più generale che si riallaccia immediatamente alle polemiche di questi giorni: «Ci sono ancora giovani che stentano a capire ancora vedono la politica come avversario da distruggere. Ci sono giovani di sinistra che contestano questa inaugurazione e giovani di estrema destra che la ritengono troppo tiepida o che la targa sia insufficiente. Questa è la strada sbagliata, siamo qui anche per spiegare a questi giovani che non devono seguire questa strada».

La stessa scelta della targa, in cui Giaquinto è definito «vittima della violenza politica», è un'esplicita presa di distanza dallo strappo di Acca Larentia. «Guai se nell'operazione della memoria - ha detto Alemanno, nel corso della cerimonia - che dobbiamo compiere nei confronti degli anni di piombo perdessimo pezzi, confondessimo realtà e situazioni. Organizzeremo perciò iniziative specifiche della cultura della memoria relative agli anni di piombo, vogliamo che i giovani di oggi capiscano perché una persona per bene come Alberto Giaquinto sia stata uccisa da un difensore dello Stato».
Il sindaco di Roma compie anche un'interessante operazione di revisione storica, spingendosi a criticare la scelta del Msi di organizzare la manifestazione a Centocelle che si concluse con l'omicidio del giovane militante: «La strage di Acca Larentia fu un momento di rottura, dopo la quale è cominciata la stagione del terrorismo. Anche la scelta di organizzare la manifestazione di Centocelle dove un poliziotto, nessuno capirà mai bene perché, decise di sparare a un ragazzo disarmato, fu un errore. Alberto Giaquinto pagò perché era in prima linea nello scontro tra destra e sinistra e tra apparati dello Stato e chi si riteneva antagonista. Tutto questo non deve tornare a Roma. Diciamo ai giovani di destra e sinistra di non seguire mai più la strada della violenza anche quando appare giustificata. Pagano sempre le persone più pulite, quelle più sporche non pagano mai. Onore ad Alberto Giaquinto senza sporcare o strumentalizzare i valori che rappresenta, i giovani come lui rappresentano la parte migliore dell'Italia».
fonte: Il Messaggero

5 commenti:

  1. Cos'è " L'iper-istituzionalismo " di destra ?

    E' una tossina mendace che mischia sapiententemente ipocrisia e superficialità di analsi , è un meccanismo che serve ad annacquare opportunamente la memoria , e' la bio-degradabilità
    dei valori di riferimento, delle identità ( di tutte le identità ) , che si vogliono oggi sempre piu' liquide, fluide, in costante dissoluzione.

    E' l'anti-alchimia del radicamento e della speficità, a favore del gergo putrescente , della correttezza esemplare di facciata , dell'apparenza levantina e codina.

    Ad ogni intervento del (vice)-sindaco di Roma ,
    mi rendo sempre piu' conto di cio' che ha prodotto la classe dirigente rautiana del FdG anni 80'. Avevano tutti dentro questo germe tossico "dell'iper-istituzionalismo entrsita " già da allor, a e devo dire che in molti e per molto tempo non se ne erano accorti.

    Cha Alberto ci perdoni, anche per quello che oggi stà accadendo ...

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  2. E'vero, è proprio così, gran parte della classe dirigente rautiana anni'80 del Fdg è poi diventata nel corso degli anni '90 il più funzionale cavallo di troia del sistema per snaturare, annacquare, deidentizzare l'anima socialnazionale antisistema che ancora resisteva dentro il Msi per poi contribuire a sancire ufficialmente tale operazione con la svolta di Fiuggi. Ne ho conosciuti a decine, li si può ritrovare quasi tutti dentro il sistema che prima volevano o sostenevano di voler combattere e occupano posti spesso di prestigio ed economicamente ben retribuiti a tutti i livelli, politico, giornalistico, culturale, istituzionale. Non solo nella capitale, ma ovunque, anche nella mia regione, nella mia città. E' solo un caso? O forse certi progetti rautiani apparentemente antisistema erano invece viziati all'origine da altri veri obiettivi? Lo stesso ruolo avuto da Rauti nel far nascere dopo Fiuggi la Fiamma Tricolore, all'inizio un movimento con forti potenzialità politiche ed anche elettorali antibipolari e anticapitalistiche, e poi ridotto a inerme partitino personale fino alla sua sostanziale dissoluzione sempre dal Rauti stesso. Rauti aveva forse ricevuto già a Fiuggi tale incarico? Di creare cioè prima un movimento di raccolta degli arrabbiati e delusi di Fiuggi per poterli tenere per alcuni anni sotto controllo e poi poter meglio dal di dentro distruggere tale movimento? Io, da EX militante e dirigente provinciale della Fiamma, ne sono profondamente convinto!

    Filippo

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  3. insomma dicevano di essere contro il sistema ma già da allora erano inconsapevoli servi dei padroni? concordo

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  4. Incredibile, ma comunque positivo essere ospiti in Fascinazione (anche se qualche post evapora...) per dirci (io sono stato per anni segretario provinciale ms-ft)che siamo in non pochi ad aver capito il significato delle manovre del 1994.
    Un bel colpettino di Stato che fece... evaporare il partito che aveva avuto i maggiori successi, in tutta Italia, nel 1993.
    Ricordo che l'ultimo successo con la fiamma del Msi fu quello (ad inizio 1994, prima delle politiche) di Nello Musumeci alla provincia di Catania, esaltato dal camerata Buttafuoco sul Secolo d'Italia. luciano

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