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L'inferno sono gli altri, il viaggio nel cuore della notte di Silvia Giralucci

(umt) E' stato presentato ieri a Napoli, alla libreria Loffredo "L'inferno sono gli altri", il personalissimo viaggio di Silvia Giralucci nel cuore della notte degli anni Settanta. Un libro di grande qualità, ben oltre il valore comunque importante della testimonianza di una vittima. Avrei dovuto esserci anch'io, avrei voluto ma, come potrete immaginare, non mi sono potuto permettere il lusso di staccare qualche ora per una gita di piacere a Napoli. Comunque ci ha pensato un antico collaboratore di Fascinazione, Giuseppe Parente, a intervistarla.

di Giuseppe Parente
 Silvia Giralucci è una giornalista veneta, che ha vissuto sulla propria pelle la terribile stagione del terrorismo italiano, perché in una mattina di inizio estate del 1974, precisamente il 17 giugno suo padre Graziano agente di commercio, insieme a Giuseppe Mazzola, carabiniere in congedo, entrambi militanti del Movimento Sociale Italiano, furono uccisi dentro la sezione di via Zabarella a Padova, dalle Brigate Rosse. Nel 1974 Silvia è una bimba di soli tre anni ed è cresciuta cercando di comprendere e di ricostruire quello che è avvenuto in quella tragica mattina del 17 giugno 1974.
Dopo oltre trentacinque anni, Silvia, ha sentito il bisogno di elaborare il suo antico lutto attraverso la domanda che ogni vittima si pone : “ perché? Cercando la risposta non nella singola e triste vicenda umana bensì nello spirito di un’epoca in cui per la politica valeva la pena morire o rischiare di rovinarsi la vita.
La forza e la bellezza del libro di Silvia Giralucci intitolato “L’inferno sono gli altri” è quella di non essere la solita e sterile litania persona sul dolore e sulla perdita di una persona cara come può essere un padre, sulle ingiustizie e sulla solitudine subita, ma è la voglia di invertire la rotta, attraverso la creazione di una memoria condivisa reale e non sulla carta, cercando il confronto con gli altri.
In un caldo pomeriggio del 14 dicembre, poco ore prima della presentazione ufficiale del libro a Napoli, presso la libreria Loffredo, sita in Galleria Vanvitelli, incontro Silvia Giralucci alla quale pongo alcune domande.
 1) L’inferno sono gli altri è una frase di Jean Paul Sastre riferita alla sfera di rapporti   umani e sociali che portano alla creazione di barriere e relazioni capaci di portarci all’inferno: come mai un titolo cosi evocativo e duro?
Il titolo L’inferno sono gli altri, è il risultato di un lungo discutere con la mia editor Nicoletta Lazzari, e con la casa editrice Mondadori, in quanto io volevo un titolo che richiamasse l’idea delle prospettive multiple, che sottolineasse la naturale tendenza a considerare la nostra violenza come inevitabile risposta a quelle che consideriamo, a torto o a ragione, aggressioni degli altri, mentre la casa editrice riteneva importante anche sottolineare la mia storia personale, il fatto che l’autrice del libro fosse la figlia di una vittima del terrorismo.
Nella citazione di Sarte è presente la dicotomia tra il noi e gli altri, l’idea forza delle diverse prospettive, dei diversi punti di vista, e anche quella della sofferenza.
 2)Silvia il tuo libro non è la solita storia personale di chi, in qualità di vittima, ha subito i violenti anni ’70 ma è una ricerca antropologica e sociale sul significato degli anni di piombo; come è stato il tuo immergerti in storie cosi diverse tra di loro?
Hai ragione Giuseppe, anche se nel libro ho usato la prima persona, in quanto non sarebbe stato corretto ed onesto nascondere ai lettori che questa storia tocca in maniera profonda la mia vita, ho  sempre lavorato con lo spirito del cronista che cerca di rapportarsi con i testimoni, senza avere pregiudizi di alcuna specie, lasciando che ciascuno di loro facessero emergere il loro mondo.Ogni testimone quindi è diventato la tessera di un puzzle, anche se ad onor del vero non sempre i pezzi combaciano tra loro e molti pezzi ancora mancano, ma  nel corso del tempo impegnato a scrivere il libro, ho compreso che al fondo della mia ricerca c’era il desiderio di comprendere le scelte compiute da mio padre compreso il suo tragico destino.
Ho cercato mio padre nelle storie raccontate da persone che negli anni 70’ hanno rischiato la loro vita, in maniera diversa, per le loro idee. Ciascuno di loro mi ha fatto conoscere un tratto di umanità che poteva essere anche quella di mio padre; tutto questo mi da una maggiore serenità.
 3)C’è stato un momento duro in cui ha pensato che questo libro non l’avresti mai terminato?
 I momenti difficili sono stati tanti, la materia trattata mi ha appassionato davvero tanto, avrei voluto dedicare giorno e notte a questo libro, ma di giorno, a pieno ritmo lavoravo all’ufficio stampa della Giunta Regionale a Venezia, il tardo pomeriggio e la prima sera svolgevo nel migliore dei modi possibile le funzioni di madre di due bellissimi bambini oltre che di moglie, per cui mi rimaneva solo la notte per scrivere, dopo aver messo a letto i due bimbi, quando non crollavo dalla stanchezza. Per i miei figli è stato davvero un bel sollievo l’uscita del libro, d’altronde mi chiedevano giorno dopo giorno a che punto ero…
 4)Nel 1991 il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga,  propose di concedere la grazia al brigatista rosso Renato Curcio e in quell'occasione, hai scritto una lettera molto dura. Vorrei sapere se e come è cambiata la tua opinione in proposito e se e come è cambiata l'opinione pubblico da allora?
Quando ho scritto la lettera al presidente Cossiga, avevo vent’anni, ed ero convinta che il presidente della Repubblica stava commettendo un grave errore di concedere la grazia a Renato Curcio, in quanto convinta che la soluzione del colpo di spugna non fosse quella giusta per uscire dagli anni 70’. Oggi ho maturato una profonda convinzione in virtù della quale non sarà mai la pena comminata nei confronti del reo a darmi pace perché non esisterà mai una pena giusta capace di risarcirmi dell’omicidio di mio padre, neppure un ergastolo né tanto meno la pena di morte, credo e questo libro in parte lo dimostra, che le risposte vanno trovate altrove.
 5)L’inferno sono gli altri è un libro che sta riscuotendo un discreto successo anche grazie alle tante presentazioni, in giro per l’Italia: Silvia quale bagaglio di esperienze riporti da queste presentazioni?
Sono esperienze diverse e bellissime, fatte in posti diversi di questa straordinaria Italia, penso alla prima presentazione avvenuta a Padova, nel giorno del mio quarantesimo compleanno, è stata davvero una festa dove c’erano anche i compagni di liceo, penso  al meeting dei giovani del Popolo delle libertà dove il mio libro è diventato occasione di discussione sugli anni 70’ con  Walter Veltroni e Marcello De Angelis,  alla festa di Sinistra ecologia e libertà a Padova, riuscendo anche a dialogare con una ex militante di Autonomia Operaia presente in sala, a Bologna dove è venuto Mario Bortoluzzi, storica voce della Compagnia dell’Anello che sulla vicenda di mio padre ha scritto una canzone. Mario mi ha pure rimproverata, in quanto colpevole di non aver approfondito nel libro la ricchezza del mondo della destra,  il mondo di mio padre, il ruolo del Pci nell’inchiesta di Pietro Calogero che portò al famoso blitz del 7 aprile [sono d'accordo con Mario, ndb].
 6)Come vorresti che fosse ricordato tuo padre?
Mio padre in gioventù è stato un giocatore di rugby, poi allenatore, mi piacerebbe vedere un campo di rugby a lui intitolato



11 commenti:

  1. Per comprendere a fondo in quale clima di odio, ma anche di ipocrisia, negli anni settanta si viveva in Italia, reputo opportuno richiamare l'attenzione di tutti, sulla mancata rivendicazione da parte delle BR del duplice omicidio, lasciando circolare la nota leggenda metropolitana, che i due missini uccisi, fossero vittime di una faida interna.La stessa che si tentò coi fratelli Mattei a Primavalle.Strano che l'intervistatore e la Giralucci abbiano trascurato tale aspetto fondamentale per fare piena luce sul clima di odio in quegli anni.Una ipocrisia (o malafede) che riguardò anche la scoperta dell'archivio delle BR e della rivista Controinformazione a Robbiano di Mediglia, contenente gli atti della contro inchiesta condotta dai brigatisti,sulla strage di piazza Fontana.In pratica le BR giunsero alla conclusione simile a quella adombrata da Cucchiarelli, nel suo libro pregevole, vale a dire anarchici turlupinati dai fascisti. Ma in quegli anni e ancora adesso, vigeva e vige il dogma teologico che le stragi le compiono solo i fascisti. TV

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  2. La malafede è la tua. Basta leggere Wikipedia per sapere che come al solito dici fesserie:

    Il giorno successivo l'azione venne rivendicata da una cellula brigatista tramite una telefonata alla sede di Padova de Il Gazzettino e due volantini vennero lasciati in altrettante cabine telefoniche di Milano e Padova. La decisione di rivendicare il fatto, a detta di Renato Curcio, fondatore delle BR, fu sofferta.

    Silvano Girotto, interrogato il 26 settembre 1974 da Giancarlo Caselli, a proposito del duplice omicidio di Padova riferì: «Curcio disse: bisognava anche sapere che, se necessario, le Br uccidevano».

    L'eventualità dell'uso delle armi per uccidere non era esclusa e questo rappresentava un principio chiaro dell'organizzazione; il problema sorse sull'opportunità, in particolare sull'omicidio di Mazzola e Giralucci, che lo stesso Curcio definì «un imbarazzante incidente di lavoro» nonché «un errore molto grave e un disastro politico». In una lunga intervista rilasciata a Mario Scialoja nel 1992 Curcio, proprio in relazione al delitto di Via Zabarella, dichiarò che all'epoca escludeva del tutto l'idea di uccidere consapevolmente per scopi politici, ritenendo questa pratica controproducente e negativa per la stessa organizzazione.
    Gli stessi responsabili della colonna veneta sollecitarono i vertici delle BR a rinunciare alla rivendicazione di paternità degli omicidi. Pur con molti dubbi le BR rivendicarono l'azione specificando nel volantino che, pur essendo responsabili degli omicidi, le BR seguivano un'altra linea e che i delitti non erano stati pianificati dall'organizzazione.
    Le Brigate Rosse avevano in precedenza commesso altre azioni violente armate, tra cui il rapimento del procuratore Mario Sossi, a Genova, il 18 aprile 1974, ma questo fu il primo omicidio effettuato e rivendicato a nome delle Brigate Rosse.

    LE BR RIVENDICARONO PADOVA...

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  3. Una bella intervista, un'ottima promozione di questo interessante libro che ho trovato oggi a Napoli da Feltrinelli, Ugo Tassinari sei fortunato ad avere un collaboratore cosi a Napoli.
    Daniela

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  4. Forse non sono stato preciso al cento per cento per il duplice omicidio di Padova per quanto attiene alla rivendicazione, che comunque fu dibattuta e sofferta, fermo restando comunque che non tutti i brigatisti erano per la rivendicazione aperta.Io però ti posso replicare, con il libro che ho sotto mano, sui fratelli Mattei, dal titolo eloquente "Primavalle incendio a porte chiuse" la nuova sinistra edizioni Savelli. Praticamente frutto del lavoro di un collettivo di Potere Operaio, con tanto di lettera introduttiva del leader socialista Riccardo Lombardi, che sosteneva l'innocenza del compagno Achille Lollo, rilanciando la tesi, che il rogo era l'esito di una faida interna alla sezione missina di Giarabub. Stesso occultamento fu riservato alla contro inchiesta fatta dalle Brigate Rosse, sulla strage di piazza Fontana,il cui esito venne tenuto celato, in quanto aveva trovato dei riscontri validi e credibili circa la colpevolezza di Valpreda, con l'aggiunta della validità del riconoscimento fatta dal tassinaro Rolandi, sostenendo la manipolazione del ballerino da parte dei fascisti. Dati di fatto incontestabili e ben documentati, non fesserie. TV

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  5. Tu oltre a scrivere il falso al cento per cento (le Br hanno rivendicato al contrario di quanto da te scritto) ti sei permesso di dare delle persone ipocrite (o in malafede) a Giuseppe Parente e a Silvia Giralucci:
    "Strano che l'intervistatore e la Giralucci abbiano trascurato tale aspetto fondamentale per fare piena luce sul clima di odio in quegli anni.Una ipocrisia (o malafede)"
    E invece di scusarti continue a propinare le tue ossessioni.
    Lollo era colpevole, Potop ha fatto una campagna vergognosa su Primavalle e tu sei un bugiardo e un approfittatore della mia pazienza.

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  6. Le domande dell'intervista sono ben mirate a delle risposte descrittive essenziali. Complimenti Giuseppe !!

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  7. Caro T.V. anche io sulla responsabilita' di Valpreda in merito alla strage di Piazza Fontana al limite posso anche condividere le sue tesi, pero' visto dalla mia parte politica ( che in questo blog e' arcinota anche da voi, credo) non posso assolutamente escludere al 100% una corresponsabilita' organizzativa delle varie cellule venete del "neofascismo atlantico di servizio" sulle quali non mi dilungo. Diciamo che nel " nostro" mondo ( se cosi', in maniera imprecisa e tutta da approfondire, si puo' dire ), molti ormai ne sono consapevoli. Qualcuno ne parla, altri tacciono o per interesse o per levata di scudi . In verita' io penso proprio che certuni soggetti hanno anche pesanti responsabilta', ma non alimento altre polemiche. Pero' una cosa la devo proprio dire: atteniamoci al post e al suo argomento. Sembra qusi che ogni volta si debba tornare sui fatti degli anni settanta i, ricordando la colpevolizzazione e la criminalizzazione assurda che fu fatta da tutto il mondo "politically correct" ( mi scuso dell'uso dell'inglese.....) del nostro mondo per lavare la coscienza a TUTTI purche' comunque e in ogni caso "dell'area", del nostro mondo, comunque "fascisti" ( ammesso taluni lo fossero veramente oltrettuto......) et similia. Io la penso un po' diversamente e non voglio accomunarmi a certi personaggi ambigui purche comunque "dell area" e stando a certe interptretazioni devono comunque essere difesi.




    Ago

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  8. Un'intervista molto efficace nella sua sintetica chiarezza, che ci riporta al clima degli anni di piombo. Mi piace lo spirito dell'autrice, che non si ferma mai ed alimenta continuamente il confronto con chi possa spiegare e rileggere sempre gli anni e le vicende da cui scaturirono tanti fatti di sangue, tra chi l'uccisione del padre. Apprezzo il coraggio di incontrare anche qualche ex brigatista e soprattutto l'atteggiamento non vittimista ma, comunque, di persona ferita che credo combatta per un mondo migliore, partendo dalla comprensione di un passato che le ha dato un dolore infinito, in grado di cambiarle la vita. Eduardo

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  9. UMT recepisco la tua nota di biasimo;non mi sono espresso con sufficiente chiarezza.Intendevo solo riferirmi al clima di odio vigente in quella epoca storica, con un retroterra culturale avvelenato, da un antifascismo maniacale da trogloditi,con un dogma teologico persistente, vale a dire che tutte le stragi sono fasciste.Non erano né la Giralucci né Parlato,l'obiettivo della mia riflessione,comunque mi scuso con entrambi. L'ipocrisia e la malafede da me denunciate invece, si riferivano al rogo di Primavalle e all'archivio delle BR di Robbiano di Mediglia, fatto sparire con le sue conclusioni scomode in merito a Valpreda. Su questi due punti sono inattaccabile. Concludo rammentando che l'incursione di via Zabarella a Padova, da parte dei brigatisti,era volta a ricercare le "prove", circa una presunta responsabilità giocata dai neofascisti, nelle stragi di Milano e di Brescia; ne uscirono con le mani vuote e sporche di sangue, mentre la loro contro inchiesta su piazza Fontana,ebbe risultati inaspettati. Mi consolo, eravamo e siamo in parecchi, ad essere in preda ad una ossessione. TV

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  10. una gran bella intervista,complimenti!
    un libro da leggere..quantomeno per comprendere in che modo questa straordinaria donna sia riuscita ad essere obiettiva rispetto ad una triste vicenda che l ha vista, in qualche modo, protagonista...senza, tuttavia, mai liberasi del suo profondo dolore.Spesso si cerca il colpevole...lei è andata oltre cercando di capire lo "spirito" di un particolare momento storico della nostra nazione senza pregiudizio alcuno!
    un titolo " ad effetto" : ottima scelta!
    Concetta

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