Letture d'occasione/3: "Cavalcare la tigre" cinquant'anni dopo
(umt) A cinquant'anni dalla pubblicazione di "Cavalcare la tigre" (edito da Vanni Scheiwiller nel 1961), la Fondazione Julius Evola, la Scuola Romana di Filosofia Politica e le Edizioni Mediterranee hanno organizzato un incontro pubblico per stamani 5 novembre nella Sala conferenze dell'Accademia di Romania. Ricorderà l'opera e il pensiero di Evola Gianfranco de Turris, segretario della Fondazione Evola, che modererà anche il dibattito. Ecco i relatori:
Giandomenico Casalino «Cavalcare la tigre: archetipo dello stato superiore del pensiero»;
Gennaro Malgeri «L'Anarca tra Evola e Jünger»;
Andrea Scarabelli con «Julius Evola nell'editoria di Vanni Scheiwiller. Per un elogio del dissenso»;
Marcello Veneziani «La tigre non fu cavalcata. Bilancio di una grande intuizione mezzo secolo dopo».
Cavalcare la tigre è stato uno dei testi che ho incontrato all'inizio del viaggio nell'arcipelago nero, leggendo il saggio di Ingravalle pubblicato nel 1979 su "Totalité", che mi era stato prescritto come fondamentale punto di partenza da un mentore generoso. In quel folgorante lavoro del giovane studioso militante (23 anni all'epoca) si traccia un'interpretazione della destra radicale italiana che assume la contrapposizione tra Freda e Romualdi e si indica come elemento distintivo tra tendenza rivoluzionaria e reazionaria la scelta dei due diversi livre de chevet, "Gli uomini e le rovine" e "Cavalcare la tigre". Quest'ultimo è stato anche indicato come il manuale degli spontaneisti armati, ma come osservano un paio di "guerrieri neri" tra i pochi ad aver letto qualcosa, molti loro compagni d'arme a stento sapevano chi fosse Evola. In realtà a trasmettere e a diffondere una chiave di lettura "rivoluzionaria" di Evola, anche contro lo stesso autore e rivendicando il dovere di essere fedele all'opera e non alla persona, è stato Franco Giorgio Freda. E quindi mi pare che proprio a una notazione di Ingravalle tocchi rifarsi per comprendere il senso dell'operazione frediana che ha, ovviamente, il perno nel suo celeberrimo pamphlet:
L’opera (La disintegrazione del sistema) manifesta una intuizione che è stata sviluppata da Freda nel “lavoro politico” non meno che nell’opera editoriale: la possibilità di invertire la tendenza del decadimento dell’Occidente, di restaurare la Gestalt aria attraverso il disfacimento della civilizzazione del “Terzo Stato” […] Freda aveva tratto la sua intuizione dallo studio del volume di Evola Cavalcare la tigre. Nel 1961 egli aveva, infatti, pubblicato - nel periodico Intervento – una recensione di quest’opera. (Dalla ‘Nota del Curatore’ Francesco Ingravalle, alla V edizione de La disintegrazione del sistema, Edizioni di Ar, 2010)
La recensione di Freda, apparve, poi, con delle modifiche, con il titolo: ‘Per un radicalismo di Destra: Cavalcare la tigre’, nel 1963 su Tradizione, periodico di studi e azione politica. Ne riproduciamo la parte conclusiva:
Per concludere queste note su Cavalcare la tigre, riteniamo che sia difficile un’adesione intima e totale all’alternativa individuata da Evola di contro al mondo in crisi […] Nonostante questa difficoltà, di inserimento nella prospettiva di Evola, il libro si impone non fosse altro che per il suo valore di rottura, e per le sue istanze che manifesta di superamento della crisi, per la coerenza veramente ‘terribile’ con cui isola e traduce le dimensioni e le strutture della Tradizione nel mondo delle devozioni distrutte. Quelli – pochi – dell’ambiente ‘neofascista’ che rifiutano un fideismo inerte ed auspicano un paradigma politico valido come principio ‘controrivoluzionario’, sia in funzione antiborghese sia in funzione anticomunista, potranno trovare in quest’opera le soluzioni, o per lo meno l’incentivo a porre in discussione, a problematizzare le assenze di significato del mondo in cui viviamo. (‘Per un radicalismo di Destra: Cavalcare la tigre’, in La disintegrazione del sistema, Edizioni di Ar, 2010)
Insomma, il senso della recensione di Freda, viene sintetizzato in poche parole nello studio di Chiara Stellati:
L’Editore pone le basi di una nuova strategia di lotta e di un nuovo modo di intendere, da destra, la contrapposizione al regime democratico e al mondo moderno. Con le note che compone, Freda si volge sia contro che aveva interpretato l’apolitìa evoliana come la dimostrazione del rinunciatarismo del Barone, sia contro coloro che nel distacco interiore, auspicato dal ‘Maestro’, aveva rinvenuto la giustificazione all’abbandono della lotta. Freda interpreta invece l’apolitìa come l’atteggiamento interiore di distanza di chi rifiuta di servire un sistema come quello attuale, frutto della sovversione democratica, dove non esiste uno stato inteso in maniera organica e gerarchica e dove la politica riconosce come propri contenuti solo socialità ed economia (Una ideologia dell’Origine. Franco Freda e la controdecadenza, Edizioni di Ar, 2002)
Un libro nato orfano di studi seri. Un libro fondamentale... perché gli studiosi e gli analisti *di-destra* glissano?
RispondiEliminaQuando si dice "Non si è più come si era prima della lettura..."
RispondiEliminaMi è capitato nella vita, certo, con Cèline, con Dostoevskij, con Nietzsche.
Di "Cavalcare la tigre" conservo quella gelosa fotocopia che feci di nascosto in biblioteca della Edizione All'insegna del pesce d'oro Scheiwiller. Poi presi l'edizione della Mediterranee. Ci sono pagine intere sottolineate (mi era capitato lo stesso con Ecce Home)e alcuni articoli: di Regazzoni, di Gallesi. Uno pure di Adinolfi (la Chiamavano Weltanschauung)
E un appunto. RILEGGERE FREDA. Lo rilessi.
Una foresta intricata è la narrazione di ciascuno: nella foresta si incontra, talvolta, una luce...che illumina da più punti.
Ricordo ancora la prima lettura - problematica ma folgorante - del testo, trovato intonso negli archivi di una biblioteca, durante un "buco" al liceo, ormai 10 anni fa.. Spero che la Fondazione Evola vorrà pubblicare online almeno un resoconto dei lavori della giornata, per chi non è potuto essere presente di persona.
RispondiEliminaMolto, molto interessante poi il riferimento a Freda. Pur essendo io un comunista (bordighista, si direbbe), trovo molto "fecondo" il pensiero politico di questo studioso. Vorrei approndirne sia le teorizzazioni politiche che il ruolo che esse ebbero soprattutto in relazione a quel principio movimentista noto come "nazimaoismo". Potrebbe l'autore del post fornire qualche traccia o riferimento bibliografico?
Grazie anticipatamente
M.
Estendo l'invito a Maurizio, ma intanto comincio a segnalare al compagno bordighista le prime letture essenziali.
RispondiEliminaPer il nazimaoismo ci sono disponibili i 10 dvd prodotti nei mesi scorsi dal quotidiano della sinistra nazionale "Rinascita".
Un'antologia importante dei pensieri e delle prassi che sono suscitate dai pensieri di quella che con una supersintesi potremmo chiamare la corrente frediana è il volume Risguardo IV delle edizioni di Ar, un volume collettivo per il ventennale della casa editrice che era però anche un omaggio all'editore ancora ristretto per le vicende giudiziarie di piazza Fontana.
Un altro testo fondamentale è "La disintegrazione del sistema": ogni edizione successiva è più ricca delle precedenti.Io ho la IV del 2000 ma credo che ce ne sia una quinta del 2010.
Per ora passo
Buongiorno Ugo,
RispondiEliminaritengo che sia utile citare come " lettura ed applicazione" parallela e speculare Il Trattato del Ribelle di E.junger. I due testi segnano la tappa fondamentale che ridisegna l'antropologia, la dottrina, e la prospettiva di chiunque provenendo dal neo-fascismo lo supera " verso l'altrove". I due testi danno la perfetta alchimia della nuova avanguardia ribelle formata adeguatamente alle sfide epocali del terzo millennio. Questa avanguardia slegata dalle scorie incontrerà' altri nomadi ribelli provenienti da altre strade ... E Finalmente si capiranno.
Ma la lettura di Evola e del suo testo "Cavalcare la tigre" portò ad estreme ipotesi di lavoro, che furono solo estreme ipotesi di lavoro (leggi seghe mentali)per fortuna. Ricordo che circolava negli anni settanta una interpretazione del genere:posto che l'uomo differenziato doveva badare solo ad un compito e cioè tenersi in piedi in un mondo di rovine; posto che il manvatara (ciclo storico di assoluta e totale decadenza) del Kali Yuga era inarrestabile e che nessuno poteva fermarlo, alcuni esegeti evoliani, proponevano di spingere sull'acceleratore e verso l'apoteosi finale il tutto. In pratica l'uomo differenziato di evoliana formazione,non doveva opporsi alla decadenza ma incentivarla, doveva trasformarsi in una sorta di bacterio infetto, in una sorta di virus letale, di cellula cancerogena,insomma per scendere dall'astratto al pratico, incrementare e praticare,ogni forma di perversione, di aberrazione,di dissoluzione con ogni mezzo possibile e immaginabile, in modo tale che la disintegrazione del mondo moderno dovesse conoscere la fine e dopodiché sorgesse la tanto auspicata età dell'oro.In pratica erano l'omologo della sinistra antagonista di Riccardo D'Este e dei suoi commontisti che auspicavano la rivoluzione all'insegna del motto:"furto, rapina, la rivoluzione si avvicina". Per fortuna rimasero solo seghe mentali di evolomani dalle letture mal digerite, rarissimi ma ci furono anche costoro.TV
RispondiEliminaIo posseggo la prima edizione con questa copertina e anche quella di Rivolta contro il mondo moderno...testi ereditati da chi mi ha passato il testimone ideale
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