Così Marine ha portato il Front fuori dalle secche dell'estrema destra - 1
(umt) Questo breve saggio che Marco Valle, lo storico leader del Fronte della gioventù di Milano oggi consulente del ministero della Difesa, dedica al Front National è stato pubblicato ieri sul Secolo d'Italia con tagli robusti e un titolo sbagliato ("L'intramontabile Jean Marie guida il dopo Le Pen"): il punto di fuoco del ragionamento non è la restaurazione del potere di Le Pen sr. ma la fuoriuscita del partito dall'orbita dell'estrema destra. Il testo è diviso in tre parti. Qui si può leggere la seconda la terza parte.
di Marco Valle
Un vecchio dinosauro ormai stremato. Un uomo sconfitto. Questo, nella percezione dei media francesi e internazionali, era sino a ieri Jean Marie Le Pen, il leader del Front National. Personaggio discusso e discutibile, spesso irritante e provocatorio, le Chef sembrava ormai avviato sul viale del tramonto e il suo straordinario exploit alle presidenziali del 2002 (il celebre "coupé de tonnere" con cui il leader frontista umiliò il candidato socialista Jospin) rimaneva solo un brutto incidente di percorso nella storia della République. Da cancellare. Da dimenticare.
Ma, proprio in questi mesi, l'antico incendiario è tornato inaspettatamente ad animare (e/o inquietare) una volta di più la società politica transalpina. In modo imprevedibile. Da attento lettore di Sun Tzu (probabilmente sin dai tempi lontani dell'Indocina), il leader frontista ha applicato una delle massime vergate dal maestro cinese ne "L'arte della guerra" : ritirarsi, spiazzare avversari e sostenitori per poi — cambiando velocità, dinamiche e volti — nuovamente avanzare.
Ma andiamo per ordine. Nel primo scorcio del 2011, con una mossa a effetto, le Chef ha consegnato la sua creatura politica, il Front, a un'altra sua creatura, questa volta biologica e al tempo stesso politica: la figlia Marine.
Con il congresso di Tour — il primo congresso "vero" della storia del FN e, quindi, inevitabilmente lacerante — il patriarca della Droite nationale ha imposto la sua bimba alla guida della movimento. Non è stato facile: gli oppositori interni (il 32,5 ha votato per il deputato europeo Bruno Gollnisch e il 23,5 si è astenuto) hanno pesantemente contestato la scelta familiare. Con veemenza. Lo conferma il fiorire sulla stampa nazionalista ("Rivarol" in primis) e sui siti collegati di dimissioni, critiche e lamentele contro il vecchio capo — talvolta paragonato, massima ingiuria per i frontisti storici, al nerissimo e cattivissimo "papà Doc" Duvalier — e il mitragliamento d'improperi verso la sua bionda erede. Ma il "grande fossile" non si è scomposto e a nel convegno di Tours — per la prima volta in platea — ha ascoltato compiaciuto i discorsi decisamente innovativi (almeno per le abitudini del mileau) e ha applaudito la presentazione della nuova équipe dirigente, "les gars de la Marine", un gruppo tutto plasmato da Hènin Beaumont, il leader del Pas de Calais, il feudo elettorale dell'erede. Volti nuovi, giovani, immigrati integrati e ipernazionali, tante donne, ma pochi "pieds noirs" e nessun "soldato perduto" d'Indochina e Algeria. Una trasformazione semantica ed antropologica.
Cosa è successo? Tante cose. E tutte rilevanti. Innanzitutto, con la successione familiare, Jean Marie "l'impresentabile" ha chiuso definitivamente i conti con gli ultimi avversari interni e, soprattutto, con i loro ambienti di riferimento. Marine, con l'appoggio convinto del padre, si è potuta finalmente distaccare dall'estrema destra, dai circoli petainisti, monarchici, ultracattolici o post colonialisti e dagli ex attivisti di Occident, Ordre Nouveau e di Forces Nouvelles: un mondo che i Le Pen considerano ormai ingombrante e politicamente marginale (ma elettoralmente - non si sa mai - sempre recuperabile attraverso qualche artifizio dialettico). Non preoccupa dunque che Gollnisch, riferimento della militanza pura e dura del FN, rifiuti di collaborare con Marine e tanto meno che Roger Holeindre, figura storica del movimento e personaggio di riferimento per "les ancien paràs", abbia sbattuto la porta all'indomani del congresso. Le Chef non ha mosso ciglio. Cinicamente Le Pen sa già che il vecchio paracadutista e il presidente mancato finiranno a vagare nello stesso limbo politico in cui ruotano da tempo tutti i suoi vecchi avversari interni, da Bruno Megret a Carl Lang e Martial Bild. Negli anni, come Kronos (o molto più modestamente, come Bossi) Jean Marie, al primo sintomo di rivolta, ha divorato tutti i suoi figli, rendendoli subitamente degli iloti. (A questo proposito vale la pena di leggere la patetica lettera d'addio alla politica scritta da Megret sul sito del MNR, il fallimentare partitino da lui fondato in odio al Capo …).
Secondo punto. La svolta congressuale di Tours e la conseguente rottura con vecchi frequentazioni ed abitudini, non è per i Le Pen un "tradimento" o un'inversione di marcia. Anzi, è un "ritorno a casa", un biglietto verso quel populismo aggressivo e post ideologico, ma attento ai problemi sociali dei ceti più disagiati e privo di connotazioni nostalgiche, da cui il "dinosauro" proviene. Ecco perché, per chi conosce le categorie lepeniane e la vera storia del FN (una somma di momenti emozionali legati ad un leader carismatico piuttosto che un vero partito), l'esito dell'assise frontista e i successivi sviluppi non sorprendono. Tutt'altro. (1-continua)
Purché la politica non sia come quella attuale.Il nemico unico e principale è sempre il solito, la guerra è quella di ieri e quella di domani, quella del sangue contro l'oro!Poi operare un distinguo essenziale i capi del nostro fronte unico devono prima di tutto essere dei militanti,mai dei politicanti, che magari abbiano saggiato per la loro lotta politica, carcere, ospedale, anni di ostracismo,persecuzioni,isolamento e disprezzo pubblico, (non ci siamo mica scordati dei bei tempi del MSI di Almirante spero?)prima di salire ai vertici della politica,ma mai dei rinnegati politicanti! Vale per la Le Pen vale per tutti!
RispondiEliminaMarco Valle, non molti anni fa, celebrava i reduci non del Msi ma dei Nar.
RispondiEliminaOra lo scopro consulente di La Russa.
Se tutti coloro che predicavano la rivoluzione si sono accomodati in un partito in cui ci sono anche Ruben e Fiamma, credo che far politica stia diventando impossibile, se non disperato.
Per Le Pen, il timore, invece, è un altro. In una Francia semisionistizzata in cui l'alternativa, fino a poco fa, era fra due ebrei servi della Usura mondiale, Marine Le Pen è una ripartenza o una resa al qualunquismo populista ma politicamente corretto, tipo Lega per intendersi. Italiano