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Il giardino Cecchin contestato. Perché non dedichiamo alle vittime della violenza il piazzale di valle Giulia?

(umt) L'appello della gauche-caviar non ha stoppato la decisione del Consiglio comunale di Roma di dedicare i giardinetti di piazza Vescovio alla memoria di Francesco Cecchin, il giovane militante del Fronte della Gioventù morto il 16 giugno 1979, dopo più di due settimane di agonia per le ferite riportate in seguito a un'aggressione di una squadraccia del Pci (e uso qui una formula minimalista: Luca Telese è arrivato alla conclusione che si tratti di un vero e proprio omicidio). E' una verità storica che confligge con la verità giudiziaria (nessun colpevole). Ma così come si continua a parlare di stragi fasciste e/o di Stato per Milano, Brescia e l'Italicus pur in presenza di un totale fallimento dei processi, è pacifico che la sera del 29 maggio 1979 Francesco Cecchin è stato aggredito da un gruppo di militanti della limitrofa sezione del Pci.

La necessità di occultare questa banale verità storica è dietro l'istanza epistolare che giustamente tanto scandalo ha suscitato: perché a Roma nessuno ha sollevato questioni su analoghe e più consistenti iniziative per Walter Rossi o Paolo Di Nella. Ma, come mio costume, io voglio cogliere il positivo di ogni istanza. E sì, è vero, c'è bisogno di ricordare tutte le vittime della violenza politica. Ma a Roma c'è un luogo perfetto, dal punto di vista simbolico, per concretizzare questa istanza. Il piazzale di valle Giulia dove il primo marzo 1968 fascisti e comunisti uniti si scontrarono con la polizia sulla base di un precedente accordo politico. Perché quel giorno rappresenza, senza il minimo dubbio, un salto di qualità nelle pratiche della violenza politica.
Comunque ecco il "pezzullo" di La Repubblica.it sulla cerimonia contestata.
di MANUEL MASSSIMO
Una veglia davanti alla lapide, poi la cerimonia con il sindaco Alemanno e il ministro Meloni: così a  piazza Vescovio è stato intitolato un giardino a Francesco Cecchin, diciassettenne missino del Fronte della Gioventù morto il 16 giugno del 1979 dopo 19 giorni di coma, "vittima della violenza politica", come recita la scritta nel parco, a pochi metri dal muretto su cui Cecchin perse la vita. La zona era tappezzata di manifesti che ricordavano Cecchin, su un muretto era stata disegnata un'enorme croce celtica. Contro l'intitolazione al solo Cecchin e non a tutte le vittime della violenza politica, s'era pronunciato nei giorni scorsi un gruppo di intellettuali e di cittadini del quartiere. Alemanno e la Meloni, durante la cerimonia, hanno contestato la loro lettera aperta; il sindaco per ribadire che la dedica a Cecchin "non è un atto arbitrario" ma una "decisione del Consiglio comunale". Il ministro per affermare che "il fastidio" di una parte dell'intellighentzia cittadina dimostra che essa non "conosce" la storia di Cecchin. Sta di fatto che la cerimonia di stamani a tutto i9nvitava tranmne a una memoria condivisa delle lutti di quegli anni: bandiere con croci celtiche sventolavano accanto al tricolore, sotto gli occhi di decine di poliziotti, carabinieri e vigili urbani che sorvegliavano l'area in un clima di tensione 

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