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La Gladio vaticana e quel cardinale accusato di usura e nepotismo


di Paride Leporace
Un giovane sacerdote fervente anticomunista negli anni Cinquanta Michele Giordano. Normale in tempi di guerra fredda quando molti “rossi” speravano di vedere i cavalli dei cosacchi abbeverarsi alle fontane del Vaticano. Ma il futuro cardinale di Napoli avrebbe svolto un ruolo ancora più preminente in quello scontro politico-ideologico. Diverse fonti infatti lo indicano nell’elenco dei preti che collaborarono alla cosidetta “Gladio Vaticana”.

Era questa un’organizzazione nata nel 1955 su diretta indicazione di Pio XII, gestita dal gesuita Antonino Gliozzo e finanziata dal Dipartimento di Stato americano su diretta 
richiesta di don Luigi Sturzo. Lo scopo dell’organizzazione era quello di formare quadri 
preparati ad affrontare “il pericolo rosso”. La questione viene alla ribalta dopo la caduta 
del Muro quando molti protagonisti della guerra fredda rivelano segreti e appartenenze.  Ed 
è infatti proprio padre Antonino Gliozzo a narrare della Gladio Vaticana in azione tra il 1955 e gli anni che precedono il Secondo concilio Vaticano. Riferisce il gesuita che le 
riunioni si sarebbero tenute a Villa Cavalletti nella diocesi dei Castelli Romani e che vi 
avrebbe partecipato anche un giovanissimo Giordano. La questione rimbalzò sui giornali 
irritando non poco il porporato che dichiarò in quella circostanza: “Ma quali riunioni. 
Erano semplici lezioni di filosofia sul marxismo. Siamo dinanzi ad una montatura 
giornalistica che asseconda lo scandalismo dilagante”. 
Un fatto è certo. Prima di poter dire messa il giovane figlio del muratore di Sant’Arcangelo 
aveva studiato alla facoltà teologica dei gesuiti a Napoli. Ma c’è dell’altro ed un conferma 
sostanziale, l’appartenenza di Giordano alla Gladio vaticana è stata confermata anche da 
Padre Caruso, della segreteria di Stato Vaticana che nel 1992 diffuse un dossier segreto che 
fino a quel momento era circolato in xerotipia tra amici e storici di riferimenti con  falsa 
firma e che venne pubblicato con il titolo “Compagni bianchi e compagni rossi: quando l’Italia slittava verso il Cremlino”: Il libro contiene documenti e formazione degli organigrammi guidati da un ristretto cenacolo di 15 gesuiti. Sandro Magister, vaticanista di vaglia, sostiene che il centro studi che nascondeva la Gladio vaticana oltre a tessere resistenze anticomunista serviva anche a formare i futuri dirigenti di Sacra Romana Chiesa. 
Il cardinale Giordano fin da giovane parroco è stato in ottimi rapporti con Emilio Colombo diventando uno di quei fulcri nodale del consenso democristiano locale. Altro stretto sodale di Giordano è stato anche un illustre porporato di Basilicata che non gode di buona stampa: Donato de Bonis, originario di Pietragalla, coetaneo di Giordano, e vice di Marcinkus ai tempi dello Ior e delle frequentazioni con Sindona. 
Quando Giordano, con sorpresa degli addetti ai lavori ma non delle alte sfere vaticane viene nominato vescovo di Napoli, tenta di portare in episcopato de Bonis come vescovo ausiliare. 
Ma il ticket non si forma. 
Il cardinale da vescovo di Napoli riuscì comunque ad interpretare bene lo spirito degli anni Novanta quando affermò pubblicamente: “Va salvaguardata la reciproca autonomia tra la Chiesa e le forze politiche”. La guerra fredda era ormai lontana e Bassolino e la Mussolini si affannavano vanamente nel tentativo di riceverne l’appoggio che si ben guardò da dare. La questione diventò scomoda solo con quell’inchiesta di Lagonegro che non accertò nulla sul piano giudiziario ma rivelò al mondo che il figlio del muratore era diventato molto ricco. Il Vaticano difese con caparbietà l’operato del cardinale molto vicino ai poveri napoletani. Ma nelle chiuse stanze dietro San Pietro decisero comunque di mandare a Napoli vicino al vescovo  un portavoce esperto in diritto canonico e amministrativo, l’avvocato rotale toscano Maurizio Incerpi e il magistrato Ermanno Bocchini, perito ed esperto finanziario di patrimoni. La misura preventiva non evitò una nuova inchiesta due anni dopo a causa di una vicenda relativa ad una lottizzazione di miniappartamenti di un immobile di proprietà della Curia, che vedeva coinvolti dei  nipoti del cardinale. Anche questa inchiesta si concluderà in nulla. Ieri alla sua scomparsa i commenti ufficiali delle autorità italiane e lucane sono state tutti di apprezzamento e cordoglio. Su quelle comparse in rete espresse da normali cittadini invece meglio stendere un velo pietoso.
Fonte: Il Quotidiano di Basilicata, 3 dicembre 2010

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