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Ancora sul convegno su carcere e società

Mario Tuti, di profilo a sinistra, a cena con i ragazzi della squadra di calcio del Movimento Uomo nuovo, dopo il meeting sul carcere
di Giuseppe Parente
Sabato 6 novembre, in una affollata sala convegni del convento delle Suore Stimmatine Francescane, sito nel quartiere periferico di Barra, a Napoli, si è svolto un seminario di studio su Carcere, Società, Legalità e Giustizia, organizzato dal movimento “Uomo Nuovo”, che ha visto tra i relatori il professore Alessandro Bertirotti, l'avvocato Valerio De Martino della camera Penale di Napoli, il giornalista e politologo Ugo Maria Tassinari e il dottor Mario Tuti, protagonista della lotta armata negli anni di piombo e ora operatore di comunità, con conclusioni affidate a Nicola Trisciuoglio, segretario del movimento “Uomo Nuovo”.
Il professore Alessandro Bertirotti, dopo i saluti di rito, ha ricordato come il movimento Uomo Nuovo creda fermamente che le persone possono cambiare, facendo notare come purtroppo un ex detenuto rimanga tale per sempre, e che anche per questo motivo, il movimento lavora alacremente in due zone difficili di Napoli quali Barra e Scampia, dove più forte è il disagio sociale, altissima è la percentuale dei disoccupati ed insistente è il richiamo della criminalità, sempre alla ricerca di nuovi “lavoratori”.L'avvocato Valerio De Martino della Camera penale di Napoli, ha fatto notare ai presenti come lo stato di salute di una società si possa rilevare dalle condizioni in cui vivono i ceti meno abbienti, e che un movimento come l'Uomo Nuovo, dimostra in maniera limpida e netta, come sia l'uomo stesso artefice del suo destino, precisando comunque, che l'errore va combattuto e che gli errori nella propria vita si pagano. “Esiste però, ha aggiunto, un principio giuridico fondamentale che è quello della responsabilità penale che è personale, l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva e le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, come da dettato dell'articolo 27 della Costituzione Italiana”. Mario Tuti, ha preso di mira il concetto di pena che, a suo avviso, è sbagliato, in quanto il carcere consuma tempo speranze e sogni del detenuto e della sua famiglia. Altra nota dolente è l'assenza di possibilità di risarcimento per le vittime.
La struttura carceraria italiana, ricorda la Napoli ora sommersa dai rifiuti, ed è una sorta di discarica sociale dove gli ultimi e non i più cattivi vengono messi lì senza neanche farli prendere coscienza di quel che hanno fatto, dei propri errori”, ha affermato Tuti, che si definisce ex detenuto, un passato nella lotta armata e un presente nel recupero dei tossicodipendenti in una comunità nell'alto Lazio, e con l'associazione Uomo Nuovo in progetti che coinvolgono giovani di Barra e Scampia. Ugo Maria Tassinari, giornalista e politologo, nel corso della sua relazione, ha affermato come il carcere negli anni 70 fosse tutto tranne che possibilità di riscatto, altro che rieducazione del condannato e reinserimento nella società, come da articolo 27 della costituzione, ricordando inoltre gli strumenti di differenziazione all'interno del carcere per cui esistevano nei penitenziari campani, per esempio, reparti dove erano reclusi camorristi di osservanza cutoliana e reparti dove invece vi erano detenuti appartenenti alla cosiddetta nuova famiglia, come vi erano reparti dove vi erano detenuti comunisti separati da quelli fascisti. Nel corso del suo intervento Tassinari ha citato Erri De Luca, ora famoso scrittore napoletano ma in passato responsabile del servizio d’ordine di Lotta Continua: “Quando la mia generazione politica cominciò ad entrare in massa nelle prigioni contagiò la popolazione rinchiusa, scoppiarono rivolte, che produssero poi la riforma carceraria. A volte i traguardi riformisti hanno bisogno di spinte rivoluzionarie, effetto secondario dell’entrate dei militanti politici in prigione fu l’arriva dei libro che prima non c’erano. I libri cambiarono il tempo e il luogo delle reclusione. Fu rotta la privazione supplementare del diritto di leggere: in certi posti è diritto di accesso alla parola”.
Le conclusioni del seminario sono state affidate a Nicola Trisciuoglio presidente del movimento Uomo Nuovo che ha ricordato al folto pubblico, come la nostra società sia figlia delle civiltà della decadenza, di cui il carcere è la massima espressione.
Fonte: Rinascita

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