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Processo ai naziskin, le richieste del pm finiscono in cronaca locale

Esce fortemente ridimensionata dal processo la vicenda della "banda di naziskin" salita alla ribalta della cronaca giudiziaria nell'estate del 2007 con arresti, misure interdittive e decine di avvisi di garanzia sotto l'accusa di aver promosso un'organizzazione violenta e razzista che da Bologna si irradiava in tutta l'Italia settentrionale. Basta confrontare l'articolo sulle richieste del pm, retrocesso in cronaca di Imola perché tre degli imputati e uno degli episodi contestati (l'assalto a un circolo) sono imolesi, e il rilievo dato all'epoca del blitz giudiziario. del resto l'entità stessa delle richieste è modesta: 42 anni per 17 imputati in un processo costruito sull'ipotesi di un'associazione a delinquere finalizzata alla violenza e all'odio razziale
Oggi
Naziskin, l’accusa chiede condanne per 42 anni  di CRISTINA DEGLIESPOSTI
QUARANTADUE anni. E’ quanto ha chiesto ieri [venerdì scorso, ndb] nel complesso il pubblico ministero Morena Plazzi per il gruppo di naziskin accusato di aver messo in piedi un’associazione ispirata all’ideologia nazifascista e finalizzata all’incitamento dell’odio razziale. Tra i 17 imputati ci sono anche tre cittadini dell’Imolese: Cristian Lelli di Imola (due anni), Angelo Papa (un anno e sei mesi) di Toscanella e Vittorio Greco di Dozza (tre anni e sei mesi più una multa di 500 euro). Quest’ultimo è accusato anche dell’irruzione nel circolo culturale Peace Maker, il 12 febbraio 2006. Nella sua requisitoria il pm Plazzi ha chiesto condanne che vanno dall’anno e mezzo ai quattro anni, più l’assoluzione di una 18esima persona.
IL GRUPPO è finito a processo perché accusato di aggressioni a extracomunitari, omosessuali ed ebrei, e risse allo stadio con ultrà avversari di opposta ideologia politica. L’inchiesta, condotta dalla stessa Plazzi, era sfociata nell’agosto del 2007 nell’arresto dei promotori dell’associazione da parte di Digos e Carabinieri, aveva contato su numerose intercettazioni telefoniche. Dal 2002 al 2007 erano una decina gli episodi contestati alla presunta associazione che, secondo l’accusa, aveva lo scopo di pianificare e commettere reati o semplici contravvenzioni determinati da motivazioni di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Venendo alle richieste di condanna, per i quattro accusati di essere la ‘testa’ dell’associazione Plazzi ha chiesto tre anni per Fabio Bolognini e Fabio Carlini, e quattro per Alessandro Carapezzi e Alessandro Limido. Poi tre anni per Jonathan Rondelli, due anni e sei mesi per Luca Bignami, Luca Confalonieri, Tommaso Paternoster, Alessandro Petroni e Gaspare Triolo, due anni per Matteo Minonzio, un anno e sei mesi per Vincenzo Gerardi e Alessandro Vigliani (per lui anche l’assoluzione dal reato associativo).
NEL CORSO delle indagini Lelli era stato trovato in possesso di un piccolo arsenale compresa una pistola Walther PP super con matricola abrasa, mentre a Greco una pistola Steiner con 39 cartucce. Quanto all’irruzione di quest’ultimo al Peace Maker, l’avvocato di parte civile Carlo Gandolfi Colleoni ha chiesto per la sua assistita Monia Ghiaroni, titolare del locale, un risarcimento di 10mila euro a copertura dei danni e furti subiti quella sera. Il processo è riaggiornato al 5 novembre, quando parleranno le difese degli imputati.
Ieri
VIOLENZA E RAZZISMO
Anni di spedizioni punitive. Arrestati sette ultrà di destra
Ventisette le persone indagate e una quarantina le perquisizioni, in carcere due bolognesi. Le accuse per tutti sono lesioni personali, il porto abusivo di armi improprie e la violenza privata
Bologna, 3 agosto 2007 - Uno fa l'operaio, uno monta piscine, un altro è trasportatore. Nel loro tempo libero, però, andavano in giro a picchiare e offendere militanti di sinistra, immigrati, ebrei e gay, facevano incursioni notturne nei centri sociali e allo stadio gridavano cori di stampo neofascista. Si chiamano Alessandro Carapezzi (34 anni, di Sasso Marconi, Bologna), Alessandro Limido (28, di Varese) e Fabio Carlini (33, di Mirabello, Ferrara): i primi due da questa mattina sono in carcere, il terzo è agli arresti domiciliari.
Insieme ad altre due persone, il 35enne Matteo Minonzio (milanese residente a Funo di Argelato, in provincia di Bologna) e il 28enne Luca Confalonieri (di Bolzano, ma studente a Bologna), per i quali il gip di Bologna, Gabriella Castore, ha richiesto solo obblighi casalinghi a determinate fasce orarie, sono ritenuti i cinque promotori e organizzatori di un'associazione per delinquere di 27 persone (tra loro anche 2-3 iscritti a Forza nuova) attiva a Bologna dal 2002 con un duplice scopo.
Da una parte c'erano le lesioni personali, il porto abusivo di armi improprie e la violenza privata (concretizzatisi in una sequela di "spedizioni punitive" in provincia di Bologna dal 2002 al 2006); dall'altra la discriminazione, l'odio e la violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi. Finalità che secondo il gip Castore sono indipendenti l'uno dall'altra: nell'ordinanza infatti, scrive, la discriminazione sussiste anche indipendentemente dalle azioni violente.
Se gli "organizzatori" individuati dalla Procura (pm Morena Plazzi) sono cinque, sei sono le misure cautelari e oltre 40 le perquisizioni eseguite stamattina da Digos e Carabinieri del reparto anticrimine di Bologna, in Emilia-Romagna, a Pavia e Bolzano. Agli obblighi casalinghi è finito anche Alessandro Vigliani (26 anni, di Frosinone); carcere invece per il bolognese Vittorio Greco (25 anni, residente a Dozza Imolese), trovato in possesso di una pistola Steiner di fabbricazione austriaca risalente al 1915 ma funzionante e con 39 cartucce.
Carapezzi era già stato arrestato nel gennaio 2006 per un'aggressione a Bologna nella centralissima via Indipendenza. Durante le perquisizioni eseguite in mattinata (una quarantina) sono state trovate, oltre alla pistola, anche bandiere riecheggianti simboli nazifascisti come svastiche, pubblicazioni su temi di estremismo di destra, una copia del 'Mein Kampf' di Hitler, e anche alcuni saggi autoprodotti in merito a sedicenti studi razziali.
LE INTERCETTAZIONI - In un momento di ''crisi delle vocazioni'' bisogna cercare nuovi adepti, in quest'ottica ''lo stadio e la strada è la stessa cosa''. E' un passaggio di una conversazione tra Alessandro Carapezzi, il referente del gruppo di naziskin e Matteo Minonzio, che nell'organizzazione - per l'accusa - teneva i contatti con il mondo degli Ultras. Il gruppo (gli indagati complessivamente sono 27) ad un certo punto registra problemi, e c'è bisogno, per i vertici, di ingrossare le fila. Ne nasce un dibattito tra i vari membri, anche sull'opportunità di accettare o meno nuovi adepti il cui 'curriculum' da teste rasate non era in passato allineato alle ideologie nazifasciste.
In particolare Alex Vigliani (raggiunto dalla misura dell'obbligo di dimora) continua a suscitare perplessità per il suo passato Sharp (cioé da Skinhead against racial prejudice, gruppi marcatamente di sinistra); come altri che desiderano affiliarsi visti pero' con diffidenza perche' in passato erano consumatori di droghe leggere.
Minonzio e Carapezzi, il 17 maggio dell'anno scorso, concordano che bisogna estendere l'azione di proselitismo al di fuori del solito ambiente. ''E' un anno che sto portando davanti una baracca con quattro persone per impedire che questa curva qua diventava come il Livorno'' dice, riferendosi ai tifosi del Bologna. Poi aggiunge: ''certo, in quattro persone, certo, non fai degli exploit con nessuno''. E Carapezzi replica: ''No, no, infatti il mio discorso eh, cioé se mi devo fare... mettere ad organizzare concertini e basta così, allora piuttosto io gliela do su e ....". Minonzio allora afferma ''sì, sì, sì ah no, ma è vero, cioé vuoi... e ti ripeto belle cose i concerti, belle cose tutte quelle cose lì, però qua ragazzi qua la gente si è dimenticata l'Abc di cosa vuol dire .... fare lo Skin, nel tuo caso, ed essere un ultras...''. I due concludono: ''la strada e lo stadio è la stessa cosa''.
Fonte: Il resto del carlino

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