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Omicidio Calore/13: La rivolta dei colonnelli e la fine di Cla -4

Prosegue, nel quadro dello speciale dedicato all'omicidio di Sergio Calore, la pubblicazione della storia di "Costruiamo l'azione", estratta dal mio volume "Guerrieri" (Immaginapoli, 2005).
Qui la prima, la seconda e la terza parte.

Nella primavera 1979 vengono a maturazione tutte le contraddizioni del progetto Cla. Mentre Fachini mantiene il controllo della sua struttura operativa e cura con rigorosa esclusività i rapporti con altre realtà più o meno organizzate , il gruppo dirigente romano si spacca verticalmente. La ricostruzione giudiziaria è sicuramente parziale, perché si fonda esclusivamente sul punto di vista dell’ala “militarista”, che ha al vertice Aleandri e Calore. Il pretesto è la campagna di sostegno che De Felice, tramite il giro dei giornalisti giudiziari piduisti, ha avviato per alleggerire la posizione dell’immobiliarista Ghenghini, travolto da un fallimento. Stanchi della logica di “operazioni di potere” subalterne a disegni incontrollati, i due leader operativi rompono con la “vecchia guardia”.  L’ultimo numero del giornale, con l’articolo Chiarezza rilancia lo slogan del fronte unito antiborghese, denunciando la guerra tra bande che fa dimenticare il comune avversario:  nessuno dei nostri dovrà mai attaccare né aggredire gli autonomi, né però dovrà essere loro consentito il contrario. A lungo termine, bisogna realizzare una profonda revisione di tutte le posizioni ideologizzate, fino a ricongiungersi con una nuova visione della vita in un solo popolo che lotta  … non lasciarti coinvolgere nel gioco mortale degli opposti estremismi... Organizzare ovunque è possibile nuclei rivoluzionari di lotta al sistema. [Cla 5, maggio 1979]
 I “vecchi” registrano una nuova testata, Solaris, che dovrebbe essere pubblicata dalle Edizioni di Ar.  Signorelli, che è assai capace di cogliere l’aria che tira , lancia il nuovo progetto delle Comunità organiche di popolo, che gli farà guadagnare contemporaneamente l’ironia dei giudici e dei camerati sul suo esperimento “bucolico”. In una proprietà di famiglia sul lago di Bolsena, tenta di dar vita ad una comunità agricola "che volevo presentare come modello politico alternativo. Un modello comunitario reale, non fatto di parole e di astrazioni teoriche… E mentre lavoravo al mio progetto (che spingerà Giusva Fioravanti a definirmi sarcasticamente dinanzi ai giudici un “fascista bucolico”), bruciavo con intensità estenuante le mie giornate". 
 Per i magistrati che lo condannano all’ergastolo come mandante dell’omicidio Amato nonostante i coimputati che lo scagionano sistematicamente " sarebbe davvero ingenuo che a quel punto egli si sia realmente ritirato a meditare su un mondo futuro, dedito all’agricoltura e alla pastorizia".
 Il professore ha facile gioco a replicare che ben altra è l’ironia della storia: "Mentre i miei sforzi erano indirizzati verso la realizzazione del progetto delle Cop (progetto che non solo non voleva significare fuga dalla lotta politica, ma anzi conduzione realistica della medesima, anche se in un’ottica temporale riconducibile inevitabilmente ai cosiddetti “tempi lunghi”), altri, gli arresi e gli spretati, operavano in direzione del rinnovamento degli spazi di agibilità nell’area metropolitana, tentando di stabilire un rapporto dialettico operativo con gli autonomi e il Movimento comunista rivoluzionario di Roma sud".   
 In realtà la voglia di fuga verso la campagna attraversa l’intera area: dal gruppo umano che orbita intorno a Pedretti, che teorizza l’accumulo di fondi per costruire spazi comunitari liberati dal lavoro a Paolo Lucci Chiarissi, che, studente di agraria, si trasferisce a Formello (...)   
 Proprio l’aspirazione a calcare l’andamento lento della periferia lo spinge ad animare un’autonoma banda del terrorismo diffuso, Gasparone e i briganti della Tolfa, che si distinguerà, nel corso dell’anno, in una campagna di attacco a bassa intensità contro il caro biglietti dell’Acotral. Anche in Tp, dopo la benedizione teorica di Adinolfi, che sul giornale scrive di Contrometropoli, un gruppo di militanti organizzati da Roberto Fiore, dà vita a una impresa agricola recuperando terre abbandonate a Tarquinia. Sullo sfondo della rottura c’è la determinazione dei “giovani leoni” a non piegarsi a una semplice realtà che De Felice non ha esitato a spiegare brutalmente al suo discepolo, quando ha rivendicato la gestione diretta dei fondi delle rapine: nel progetto politico generale la banda armata è soltanto un aspetto, e non il principale. Secondo Aleandri, invece,  "il discorso di De Felice era un discorso attendista. Voleva passare ad uno svecchiamento di certe tematiche ma nello stesso tempo era più legato a un’idea che tra virgolette si può chiamare golpista. Nel senso più lato, cioè, all’idea di arrivare ai “veri centri” del potere"
 Dal suo canto, nonostante tutto, Signorelli mantiene, dopo la rottura un giudizio positivo su Calore:
 "Pur se autodidatta, è una mente acuta ed è persona che ha letto molto. Era un operaio ma aveva interessi culturali e un po’ per volta cominciò ad assimilare teorie recenti, come quella dei bisogni, e mi manifestò la sua convinzione che per una efficace lotta al sistema l’unica via fosse quella dell’Autonomia”.
 In realtà più che differenza di visioni strategiche o obiezioni sulla doppiezza organica del modus operandi, c’è da parte dei giovani la pretesa di veder riconosciuto all’interno del gruppo una leadership fondata sul terreno dell’azione, che gli anziani tendono a ridimensionare. Un approccio dietrologico spingerebbe a enfatizzare quella che resta una “coincidenza significativa”. Proprio in quelle settimane, infatti, si è consumata la definitiva rottura del patto di solidarietà nazionale, affossato dal sequestro Moro. Il Paese va a elezioni anticipate che riporteranno il Psi al governo ed emargineranno per l’intero decennio successivo il Pci all’opposizione. E’ possibile allora – se si accetta l’ipotesi di Giorgio Galli di un terrorismo lasciato agire dal “governo invisibile” per tenere la sinistra fuori dalla stanza dei bottoni – che, incassato il risultato principale, le centrali di controllo abbiano deciso di alleggerire la pressione destabilizzante. Fabrizio Zani , il fondatore di Quex prova a dare una spiegazione storica, che parte dalla disfatta della precedente generazione militane:  "I capi hanno fatto una brutta fine per la sconfitta dei centri di potere a cui erano legati ma anche perché in parte hanno perso la capacità di controllo dell' ambiente e in parte le strategie reazionarie sono mutate. Il tentativo di controllare i fermenti militari era particolarmente rischioso. Quando i fermenti raggiungono una certa consistenza i centri occulti sono fortemente interessati al fenomeno che ambirebbero strumentalizzare e magari teleguidare. Emerge allora l' incapacità da parte dei vecchi capi di controllare le organizzazioni politiche (ad esempio Tp, che cataloghiamo all' interno dello spontaneismo, nel senso che nacque indipendentemente da 'volontà pregresse') e quei gruppi che stanno sul confine tra politica e lotta armata, si rivela però fatale. Nel '78-'79 il tentativo è particolarmente assiduo e velenoso. Le nuove realtà politiche recuperano le vecchie tematiche di Lotta di popolo e dell'Orologio. Rifiuto dell'etichetta di destra, appoggio incondizionato ai movimenti di liberazione nazionale, riconoscimento nell'imperialismo del vero nemico dei popoli e dell'uomo. La tendenza reazionaria resta talmente forte che i nuovi tentativi politici finiscono in un vicolo cieco".

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