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La convergenza degli opposti? Tutta colpa dell'eresiarca

E' un tema ricorrente quello della convergenza degli opposti. All'inizio dell'estate ci ha pensato Valerio Evangelisti a rilanciare l'allarme rossobruno (scrivendo numerose fesserie e suscitando numerose confutazioni), ora è sotto tiro il professor Moffa, colpevole di leso tabù sull'Olocausto. Da sinistra si alternano,così, denunce di infiltrazione (fascista) e accuse di tradimento (antifascista).Qualche anno fa, in occasione di una campagna di panico mediatico particolarmente intensa, legata alla manifestazione pro-Iraq promossa dal Campo antimperialista con adesioni variegate, mi era sembrato di trovare una risposta ai ricorrenti paladini del complotto spostando l'attenzione su un nodo irrisolto della storia del movimento operaio internazionale, e cioè quel grumo di nazionalismo grande-russo e panslavista che Stalin era stato capace di suscitare per innervare la resistenza antinazista.
Un nazionalcomunismo che era stato tutt'altra cosa dalla corrente del nazionalbolscevismo di area tedesca e che era riaffiorato nell'ultimo decennio del secolo scorso, nell'opposizione rossobruna alla liquidazione dell'Impero sovietico così come nella resistenza serba alla dissoluzione dello stato unitario degli slavi meridionali. Dall'estrema destra l'ipotesi interpretativa è di tutt'altro segno. Nel suo ultimo volume "Nero su rosso", scritto a quattro mani con Sergio Pessot e di cui ci siamo già occupati, Piero Vassallo trova un'altra spiegazione, teologica, alla convergenza degli opposti. L'argomento è sviluppato per confutare l'aforisma di di Giano Accame: "Evola è il nostro Mancuse". Ma il suo ragionamento su "l'accordo sotterraneo tra le due diverse e concorrenti scuole postmoderne di irreligione" ha evidenti nessi con la stretta attualità:
Dagli opposti caposcuola era condivisa la stima per la dottrina di un antico precursore dei maestri del sospetto, l'eresiarca Marcione Pontico. Quasi obbedendo alle rogole della concordia discors, i teorici della contestazione globale e i banditori del tradizionalismo rivoluzionario, avevano dedotto dalla dottrina di Marcione la propensione all'immoralismo e la fanatica ostilità verso la teodicea e la rivelazione biblica.
La fonte comune dei pensieri convergenti da sinistra a destra e da destra a sinistra, infatti, era quel "cristianesimo tedesco", che aveva attualizzato Marcione, trasferendolo dai ponderosi e astratti volumi di Hegel, Schelling e von Harnack ai tumultuosi stati d'animo di Arthur Rosenberg e degli iniziati in camicia bruna, vedi caso quelli che Evola frequentava negli anni '30. Religione ad uso delle masse fanatizzate, il cristianesimo tedesco contemplava una divinità straniera e remota, che avrebbe rivelato la dottrina libertaria, opposta, per diametrum, alla Legge dettata a Mosè e a Israele. Di qui l'ingresso, sull'agitata scena europea, di una teologia antisemita, contemplante il cristianesimo nemico mortale della tradizione veterotestamentaria e del popolo d'Israele. Marcione, in definitiva, ha insegnato ai nazisti la ricetta di un antisemitismo travestito da fede cristiana e ai francofortesi la via che dalla destra pseudo-mistica e razzista conduce all'ateismo e alla sovversione ultracomunista.


 

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