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Una lezione di giornalismo, un errore di comunicazione


Questa è la rassegna stampa del meeting di mercoledì 22 a Cosenza. Due titoli su tre sono centrati sulla giustapposizione rossi-neri. La solita operazione metonimica (o è una sineddoche: mi confondo sempre): il contenitore per il contenuto. E' ovvio: il giornalismo è l'arte della semplificazione e quindi la figura retorica e il concetto più banale prevarranno sicuramente lungo la linea della minor fatica.
Per questo insisto sempre, nelle fasi preparatorie di questo tipo di appuntamenti, di non enfatizzare la mia antica militanza.


E gli organizzatori, convinti che invece sia un attrattore mediatico (e sul livello più basso hanno ragione), insistono. E così, per non ingenerare il dubbio che io in qualche misura mi sottragga al rapporto con la mia identità, acconsento all'errore. Che in qualche misura è ingenerato anche da una carenza di legittimazione: i fascisti (ex, post, neo, senza se e senza ma) si percepiscono sempre come figli di un dio minore e quindi tendono a enfatizzare tutto quanto, a torto o a ragione, allude a forme di riconoscimento e di dialogo politico. Cosa per cui non sono né titolato né tantomeno intenzionato.
In altri tempi mi sarei pure incazzato ma come te la fai a prendere con un deskista che avrà sicuramente carichi di lavori esorbitanti e quindi non ha il tempo né la fantasia (presupponendo che sappia chi è Merlino, e non ci metto la mano sul fuoco) di farsi un giretto veloce su Google per capire chi sono io.
Il fatto è che io ho smesso di militare nell'estrema sinistra all'inizio degli anni '90, dopo il fallimento dell'esperienza della Sinistra arcobaleno mentre sono conosciuto e riconosciuto come uno studioso della destra radicale. Oggi è questa, e nessun altra, la mia soggettività. Ovviamente era pretendere troppo che uno solo dei tre giornalisti cogliesse il filo di un mio ragionamento che era orientato non lungo l'asse spaziale destra sinistra ma sul filo del tempo, sulla differenza tra la mia generazione che sulle barricate invocava la distruzione delle carceri e l'abbatimento dello Stato borghese con ogni mezzo necessario (e parecchi hanno fatto seguire le parole ai fatti) e i giovani di oggi che elevano i magistrati a eroi quotidiani.
Non a caso tra le testate presenti mancava giusto il "Quotidiano", impegnato nello sprint finale dell'organizzazione della grande manifestazione antimafia di ieri a Reggio Calabria.
Ps: Degli aspetti positivi del meeting parlerò in un altro post ...

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