Header Ads


Primo maggio a Napoli: torna a casa l'accoltellatore resta dentro il picchiatore

"Anche sui tempi dell'operazione giudiziaria ci sarebbe da ridire: perché se i due arrestati sono "incastrati" dalle immagini che li collocano sulla scena del crimine aspettare quasi tre mesi per arrestarli, a distanza di settimane dalle perquisizioni domiciliari? In questo modo si finisce per legittimare il "vittimismo" degli "antagonisti di destra" che da più di un anno segnalano il caso di un pestaggio di agenti di polizia con successiva devastazione, regolarmente ripreso dalle videocamere di sorveglianza della stazione centrale di Napoli, rimasto impunito e si sentono così autorizzati a parlare di un occhio di riguardo da parte della polizia nei confronti dei loro avversari"
Commentavamo così, alla fine di luglio, l'operazione giudiziaria che ha portato in galera due militanti della sinistra radicale napoletana con l'accusa di tentato omicidio ai danni di un esponente di Casa Pound, in un incidente verificatosi ai margini del corteo del Primo maggio. Gli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria confermano le perplessità sul caso.

Già dal 2 maggio, infatti, la Digos ha identificato, dal fermo immagine di una videocamera di sicurezza, il primo imputato, un giovane anarchico foggiano trapiantato a Napoli, l'unico riconosciuto nel folto gruppo che aggredisce e mette in fuga i tre neofascisti dopo un rapido e violento scontro all'angolo tra via Genoino e il Rettifilo, ma per arrestarlo ha aspettato quasi tre mesi. Eppure il sospettato è già noto alle forze dell'ordine che ne conoscono il domicilio e lo hanno denunciato per gli scontri di Pianura per l'emergenza rifiuti. 
L'accoltellamento è un episodio distinto e successivo, sia pure in una frazione di tempo minima: mentre gli altri due militanti di destra riescono a sfuggire all'aggressione nel dedalo dei vicoli che si diramano verso porta Nolana, il terzo, F. C., finisce in un vicolo cieco, non ha vie di fuga e si rifugia in un negozio di abbigliamento. Qui lo raggiungono alcuni componenti della ronda antifascista, il malcapitato tenta di difendersi ma riceve una coltellata al torace dopo essere riuscito a colpire con una cinghiata l'aggressore. Quest'ultimo, un 53enne di origini casertane residente a Marano, è anch'egli arrestato e confessa: ammette la sua responsabilità ma si giustifica con l'amore paterno. Nel tafferuglio precedente, racconta, la vittima aveva colpito e ferito sua figlia, e lui, accecato dal risentimento e dalla rabbia, aveva reagito inconsultamente. I giudici tutto sommato gli credono: tant'è che lo rimandano a casa, agli arresti domiciliari.
Resta invece in prigione, con un paradossale rovesciamento della pena preventiva rispetto agli addebiti, il giovane anarchico: lui non ha potuto confessare perché non ha partecipato all'accoltellamento ma solo alla prima fase dello scontro. E' dei giorni scorsi la decisione negativa del tribunale del riesame. Toccherà ora aspettare le motivazioni dell'ordinanza di rigetto per cercare di capire qualcosa di più di una vicenda che si fa sempre più contorta.

Nessun commento:

Powered by Blogger.