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Berlusconi raus/2: la buona battaglia e la grande occasione

Confermando la naturale vocazione scissionista della destra postmissina il riavvicinamento di Francesco Storace all’area di governo ha prodotto immediati contraccolpi. A Napoli – dove La Destra ha raccolto numerose figure illustri della storia missina: da Rastrelli ad Abbatangelo, da Florino a Bruno Esposito, ma pochi voti - si sono dimessi alcuni dei principali dirigenti. L’episodio dà l’occasione a uno dei corrispondenti del blog, Giuseppe Parente, che nell’ambiente della destra radicale campana è radicato da un ventennio, di offrirci una storia del movimento storaciano. Qui puoi leggere la prima parte.

La buona battaglia e la grande occasione di Giuseppe Parente
L’unica condizione posta in essere dal segretario nazionale Storace ai coordinatori nazionali del Popolo delle libertà, riguardava le modalità dell’accordo, che doveva essere di respiro nazionale e non a macchia di leopardo. L’accordo con il Popolo delle libertà ha portato risultati davvero disastrosi, da prefisso telefonico come per esempio in Liguria (0,36%) e in Lombardia( 0,16%), uniche note positive furono l’elezione di un consigliere regionale in Campania, ottenuto con lo 0,98% e l’elezione di due consigliere regionali nel Lazio, con un risultato lusinghiero del 3,96%, risultato ottenuto anche grazie alla mancata presenza sulla scheda elettorale a Roma e in provincia del simbolo del popolo delle libertà, per irregolarità sulle modalità di presentazione in tribunale della lista medesima.
I risultati ottenuti alle scorse elezioni regionali, dimostrano in maniera lampante, in primis alla classe dirigente del popolo delle libertà, come la Destra di Storace sia un movimento politico poco radicato sul territorio nazionale, inconsistente in termini elettorale e soprattutto assente dal dibattito politico, in quanto incapace di portare all’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica, temi forti di respiro nazionale, quindi più che di un partito si tratterebbe di una lista civica nazionale, con qualche consenso in Campania e un minimo radicamento nel Lazio, alla quale, nella migliore delle ipotesi, concedere un paio di deputat e un senatore all’interno delle proprie liste.
Nei mesi successivi alle elezioni regionali, nel partito di Storace, si dibatte, in maniera vivace sul come continuare la battaglia politica, senza grosse risorse economiche, senza una sufficiente visibilità politica e  con soli 3 consiglieri regionali eletti, di cui, 2 nel Lazio e 1 Campania, in un contesto in cui, il governo Berlusconi sembra godere di ottima salute, i rapporti tra il maggior azionista del Popolo delle libertà Silvio Berlusconi e l’azionista al 30% Gianfranco Fini sembrano idilliaci, con il rischio di tornare alle urne solamente alla scadenza naturale delle Camere e senza un accordo chiaro e preciso con il popolo delle libertà, essendo ancora in vigore il veto su Storace, Buontempo e company  imposto dal presidente della camera dei Deputati.
In pochi mesi il quadro politico italiano muta radicalmente, il governo Berlusconi, secondo gli ultimi sondaggi non gode più della fiducia della maggioranza degli Italiani, i rapporti tra il premier Berlusconi e il presidente della Camera non sono più idilliaci, il popolo delle libertà  da partito liberale di massa si mostra realmente per cosa è, una forza italia  allargata a nuovi e vecchi nostalgici della democrazia cristiana come Pionati, Rotondi, etc.. ed ex missini converti al Berlusconismo della seconda maniera, Alemanno, Gasparri, La Russa Matteoli.
Un partito, quello del popolo delle libertà, che di liberale ha forse solo il nome, in quanto ogni tentativo di distinguo dalle decisioni del suo azionista di maggioranza Berlusconi, da chiunque prese, viene visto come un delitto di lesa maestà.
In questo contesto, a questa condizioni, il presidente della camera dei deputati, Fini, dopo la direzione nazionale del partito che decide il deferimento alla commissione dei probiviri degli onorevoli Bocchino Briguglio e Granata, per comportamenti ritenuti incompatibili con il regolamento del partito, decide di passare all’attacco, lavorando alla creazione di gruppi autonomi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, denominati Futuro e libertà per l’Italia, che al momento vantano rispettivamente 35 e 11 componenti.
Nella lotta senza quartiere e senza esclusioni di colpi, tra il premier Berlusconi e il presidente della camera dei deputati Fini, si intromettono uomini de la Destra di Storace, i consiglieri comunali di Monterotondo Buonasorte e D’Andrea, i quali denunciano la cattiva gestione dei beni lasciati dalla contessa Anna Maria Colleoni al partito di Alleanza Nazionale nella persona del segretario nazionale Fini, per condurre la buona battaglia, tra cui un appartamento di 75 metri quadri, con terrazzo al 14 di boulevard Pricess Charlotte a cinque minuti dal casinò di Montecarlo, finito però nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, nuova compagna del presidente Fini.
La contessa Colleoni, nel suo testamento olografo inserisce una postilla : “lascio tutto ad Alleanza Nazionale, a Gianfranco Fini, come contributo per la buona battaglia”.
Per comprendere se il cognato di Fini, sia l’uomo adatto a combattere, da Montecarlo, la buona battaglia, giornalisti di Libero e de Il Giornale sono andata a scavare nella vita di questo appartamento, scoprendo che già nel 2000, in occasione di un viaggio organizzato da uomini vicino a Fini, per vedere il bene lasciato in eredità dalla contessa,  da parte di condomini dello stesso palazzo vi erano state reiterate proposte di acquisto con offerte superiori al milione di euro, come anche proposte di affitto, ma il partito, per anni, ha sempre rifiutato tali offerte.
(2-continua)

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