Header Ads


Freda il rivoluzionario 4: spostare le lancette, allargare l'orizzonte 2a edizione

Come abbiamo visto nel post precedente, Giannettini produce un testo didattico edito dal Sifar sulla guerra non ortodossa già un anno prima del convegno del Parco dei principi, considerato nella vulgata della strategia della tensione il congresso di fondazione del partito del golpe, partito di lotta e di governo. Evidentemente, invece, il meeting del maggio 1965 è soltanto una tappa di un percorso lungo e articolato.
 Il primo a sottolineare con forza la necessità di spostare indietro le lancette è Aldo Giannulli, nella perizia elaborata per il giudice Salvini (una ricerca archivistica che produsse il ritrovamento delle carte abbandonate nel deposito romano di via Appia). Per il ricercatore storico, infatti il punto di svolta va fissato al 1960, con le violente insorgenze politiche e sociali di tre paesi di grande rilievo strategico per gli Stati Uniti: Belgio, Giappone e Italia. E ' in questo contesto che le elaborazioni dottrinarie degli ufficiali francesi controrivoluzionari trovano terreno fertile:
Nel giugno del 1959, si svolgeva un convegno della Nato sul problema della guerra politica contro l'Urss; una delle relazioni veniva svolta da Suzanne Labin, una scrittrice francese che, dopo una breve partecipazione alla re-sistenza nelle file golliste, era emigrata, fra il 1942 ed i primi anni cinquanta, in Argentina, dove aveva avuto mo-do di incontrare Carlos Lacerda, esponente della destra brasiliana, di cui era divenuta una convinta sostenitrice (FRISCHKNECHT- HAFFNER- HALDIMANN- NIGGLI p. 126-7). Nella sua relazione, la Labin aveva iniziato ad introdurre la nozione di guerra politica, ricollegandosi, in qualche modo, alle teorizzazioni dello stato maggio-re francese sull'argomento. Il tema incontrò, evidentemente, l'interesse degli ambienti Nato, dato che, nell'anno successivo, l'Assemblea dell' Atlantic Treaty Association approvava un documento nel quale si richiamavano le teorie sulla guerra politica dei sovietici, definendola " battle for the minds of men " (ISTITUTO ALBERTO POLLIO p. 206). Pochi mesi dopo, fra l'1 ed il 3 dicembre dello stesso anno, presso il centro Nato di Parigi, si svolgeva una conferenza internazionale sulla "guerra politica dei Soviet" che vedeva fra i maggiori protagonisti la stessa Labin e l'esponente socialdemocratico italiano Ivan Matteo Lombardo (FRISCHKNECHT- HAFFNER- HALDIMANN- NIGGLI p. 126) In questa sede, la Labin sviluppò per la prima volta la sua proposta di organizzazione della lotta anticomunista basata sulla formazione di uno stato maggiore misto politico-militare.
 Maggiore pubblicità ebbe il secondo convegno, dedicato allo stesso tema, svoltosi a Roma fra il 18 ed il 22 novembre 1961 ed aperto da un messaggio augurale del segretario generale della Nato Dirk U. Stikker. Il convegno era organizzato dalla stessa Suzanne Labin, e dagli ex ministri italiani Ivan Matteo Lombardo (Presidente del "Comitato Italiano Atlantico" e vice presidente dell' Atlantic Treaty Association ) e Randolfo Pacciardi. Notiamo qui fuggevolmente che Brenneke indicò Ivan Matteo Lombardo quale amministratore dei fondi della Cia, presso le banche svizzere e lussemburghesi, destinati alle operazioni coperte. 
 Questo convegno, sinora praticamente ignorato tanto dalla pubblicistica in materia quanto dalle indagini giudiziarie, offre molti spunti di riflessione e permette di considerare sotto altra luce episodi noti quali quello di Parco dei Principi. 
D'altro canto, anche sul modello organizzativo era stato consistente il lavorio precedente la proposta di uno stato maggiore misto formalizzata in quest'ultima sede dal professor Pio Filippani Ronconi, il grande orientalista che si era distinto come coraggiosissimo combattente nelle Waffen SS (a lui è ispirato uno dei protagonisti del romanzo di Buttafuoco, Le uova del drago).
Tre anni prima, in coincidenza con la crisi di Cuba, viene infatti elaborata la dottrina della "resistenza senza capi" che trent'anni poi ispirerà la pratica militare della destra radicale americana dalla disfatta della "Fratellanza silenziosa" alla strage di Oklahoma City.
Un tecnico della controinsorgenza, il colonnello Iulius Amoss, nel 1962 [propone di] costruire una rete di cellule di resistenza alla temuta invasione sovietica indipendenti sul piano operativo ma omogenee sul terreno ideologico. Passa agli individui la responsabilità di acquisire abilità e informazioni necessarie. Il modello organizzativo proposto allora - in una fase politica in cui la Casa Bianca spingeva per la distensione ma al Pentagono dominava ancora la logica della guerra fredda - ricalca gli schemi operativi delle reti Stay Behind di cui si era munita l’Alleanza Atlantica in Europa. Con una differenza di fondo: in presenza di una evidente superiorità delle forze terrestri del Patto di Varsavia sul piano continentale aveva senso militare una rete di resistenza antisovietica dopo un’invasione, in attesa di una riscossa determinata dalla superiorità aerea e nucleare. In realtà gli stessi network europei furono riconvertiti a compiti interni di anticomunismo politico. In particolare in Italia i teorici e i quadri operativi che maturano nei primi anni ’60 nel fuoco del dibattito sulla guerra rivoluzionaria[i] costituiranno la direzione strategica e formeranno la manovalanza del partito del golpe, impegnato per decenni a impedire l’accesso del PCI anche solo all’anticamera del governo. Il paradosso è che il modello americano, partorito in funzione antisovietica alla fine della guerra fredda, uscirà dal sonno trent’anni dopo, proprio quando l’URSS scompare. La proposta di Beam, che parla di “cellule fantasma” facendo riferimento anche all’“assenza di figure di leader” echeggia comunque temi di un’altra stagione della destra radicale italiana: lo spontaneismo armato della fine degli anni ’70. La mancanza di una direzione e di un controllo centralizzato scongiura il pericolo dell’infiltrazione, tipico del modello organizzativo piramidale di stampo sovietico, ma ha anche un riferimento storico nobilitante: il metodo adottato dal Comitato di Corrispondenza della Rivoluzione Americana.
La citazione questa volta è mia, dal poco noto, ma apprezzato da un manipolo di cultori della materia, In god we kill (Jamm 2002), l'instant book scritto dopo l'11 settembre, sull'intreccio tra fondamentalismo religioso e terrorismo politico negli States. In questo caso la nota, indicata in parentesi quadra, è utile:
[i] La dottrina della guerra rivoluzionaria è elaborata da ufficiali cattolico-integralisti dell’esercito francese contrari alla decolonizzazione. Dopo la conquista del potere da parte di De Gaulle daranno vita all’OAS, Organizzazione dell’Esercito Clandestino, che tenterà di opporsi con attentati e manovre golpiste all’indipendenza dell’Algeria. Il suo fondamento è che il comunismo ha già iniziato la terza guerra mondiale, guerra psicologica e ideologica, e che tutti i mezzi sono leciti - compreso il terrore preventivo - per impedire la conquista del potere agli agenti sovietici in Occidente. Il modello propugnato è un’organizzazione mista di civili e militari. 

3 commenti:

  1. Non ci ho mai capito nulla dei misteri di Piazza Fontana. Ma forse puoi aiutarmi a ricostruire una cosa che mi ricordo piuttosto bene.

    Circa 1974; un effimero ma ben fatto settimanale di destra, pubblicato se ben ricordo dalla Rusconi (si chiamava proprio "Il settimanale"?).

    Lungo articolo di Guido Giannettini sul cambiamento nel quadro mondiale. A prescindere da ogni giudizio sul personaggio, mi colpirono molto le sue analisi. In sostanza diceva che fino al 1972 circa, il sistema industriale-militare USA puntava sulla destra nel mondo per frenare il comunismo: l'ultimo sussulto di questa tendenza fu il colpo di stato in Cile.

    Poi, attraverso varie oscure lotte che lui descriveva in dettaglio, aveva deciso invece di puntare sull'internazionale socialista, con la solita politica del "far fare alla sinistra ciò che è di destra".

    E leggeva in questo quadro numerose vicende internazionali - dal caso Watergate a questioni legate alla crisi del petrolio - e nazionali, tra cui il lancio delle "piste nere".

    Non so oggi cosa penserei rileggendo quell'articolo, ma sarebbe comunque interessante.

    RispondiElimina
  2. Se vuoi rileggerlo non dovrebbe essere difficile perché se ben ricordo - e poi quando rientro a Napoli controllo - è pubblicato nel volume (o la velina scritta per i servizi che era alle origini dell'articolo: Giannettini era un vero talento della "dottrina del porco", non si getta niente di quello che scrivi) su Giannettini, scritto da Mary Pace che ha suscitato qualche discussione appassionata in Rete.

    RispondiElimina
  3. L'unico libro imperdibile e quello di Chucchiarelli sulla strage della BNA di piazza Fontana.Di Giannettini ricordo che fu publicato in francese sulla rivista di ispirazione evoliana "Totalitè" un dossier denominato San Marco, nel quale Giannettini svelava le trame di Feltrinelli e attribuiva la strage della BNA all'editore e a frange armate a lui riconducibili.Era ora che con il libro di Cucchiarelli venissero finalmente indicate le responsabilità sia di Valpreda che di Pinelli, i quali sono divenuti delle mucche sacre della storia recente,La lettura del libro di Mary Pace può svelare aspetti interessanti sia di Giannettini, che sulla strage. Come imperdibile a mio giudizio è anche a distanza di anni il libro di Mario Tedeschi "La strage contro lo stato" Edizioni del Borghese.

    RispondiElimina

Powered by Blogger.