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Un libro per riempire un vuoto

Con l'avvicinarsi dell'anniversario (e quest'anno si celebra il trentennale) arriva puntuale in libreria un testo sulla strage di Bologna. Nella consolidata diatriba tra innocentisti (Semprini, Colombo) e colpevolisti (Bocca) questo saggio, Dossier strage di Bologna La pista segreta, di Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro e François de Quengo de Tonquédec (Giraldi Editore) si colloca su un terreno diverso.

Perché  lavora su un buco, cioè tenta di coprire, sulla base di materiali raccolti da due commissioni parlamentari con poteri investigativi (un'altra anomalia) il vuoto lasciato dalla scelta di puntare da subito ed esclusivamente sulla "pista nera", rimuovendo il semplice fatto che rispetto alla stagione delle stragi era cambiato il contesto interno e internazionale (la crisi del centrosinistra era sfociata negli equilibri più avanzati del governo di solidarietà internazionale, la caduta dei regimi autoritari dell'area mediterranea aveva favorito il processo di distensione, sancito dagli accordi di Helsinki del 1975).
Passando dal macro al micro era evidente che la fascisteria italiana non aveva più né prospettive strategiche né retroterra logistici e organizzativi ma la determinazione degli inquirenti fu senza oscillazioni o tentennamenti.
Alla fine sono rimasti in trappola i tre ragazzini dei Nar e la circostanza che ai due che ne avevano maturati i termini sia stata concessa la libertà condizionata dimostra che gli stessi giudici dell'esecuzione della pena condividono questi dubbi. Non ho letto il libro e quindi piuttosto che riciclari materiali d'archivio sulla pista alternativa vi propongo direttamente la scheda editoriale. Nei prossimi giorni tornerò sul tema, ovviamente.

Alle 10.25 del 2 agosto 1980 un ordigno esplosivo collocato nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione centrale di Bologna provoca il crollo dell’ala ovest causando 85 morti e oltre 200 feriti.
È la strage più grave dell’Italia repubblicana.
Nonostante ventisette anni di indagini e processi, di quella strage non sono mai stati individuati né il movente né i mandanti.
Tra il 1999 e il 2005, durante i lavori istruttori della Commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi (XIII legislatura) poi con la Commissione d’inchiesta sul dossier Mitrokhin (XIV legislatura) sono emersi elementi di straordinario interesse e del tutto inediti sui collegamenti internazionali del terrorismo italiano e sulle reti operative dei servizi segreti dell’Est nonché dei mukabarat dei principali Paesi arabi durante la Guerra fredda, come Siria, Libano, Libia, Yemen del Sud e Iraq.
Grazie a queste informazioni è stato possibile riannodare i fili di una trama tenuta segreta per 25 anni e scoprire le ragioni alla base dell’accordo segreto con la resistenza palestinese, le minacce al governo italiano per la vicenda dei missili di Ortona, i retroscena del traffico di armi messo in piedi dall’Fplp (Fronte popolare per la liberazione della Palestina) attraverso il territorio italiano e disarticolato nel novembre del 1979 così come le manovre segrete avviate dalla nostra intelligence per evitare una grave azione ritorsiva contro il nostro Paese.
Il lavoro di ricerca ha permesso di recuperare dagli archivi non solo l’allarme lanciato l’11 luglio 1980 (appena tre settimane prima della strage) dal direttore dell’allora Ucigos sul pericolo di un’azione ritorsiva dell’Fplp per la mancata liberazione del loro dirigente Abu Anzeh Saleh, arrestato e condannato per il traffico dei lanciamissili Sam-7 Strela di Ortona, ma addirittura il nome del terrorista tedesco presente a Bologna il giorno della strage, il tedesco Thomas Kram, del quale mai nulla – dal giorno dell’attentato – era trapelato all’esterno.
Dal novembre 2005, proprio sulla base di questi elementi, la Procura di Bologna ha aperto un nuovo fascicolo d’indagine su una ipotesi investigativa mai approfondita prima di allora. Le investigazioni sono ancora in corso.

La prima parte di questo libro delinea questa pista segreta, rimasta insabbiata per 25 anni: una feroce rappresaglia per la rottura dell’accordo tra le autorità di governo italiane e la resistenza palestinese, oggi noto come patto o «lodo Moro», che vedrebbe il coinvolgimento del gruppo terroristico di Carlos, braccio operativo e militare del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Scenario drammaticamente compendiato da un documento, ritrovato dagli autori, rimasto sepolto per quasi un quarto di secolo negli archivi del Tribunale di Venezia.

Nella seconda parte del libro si racconta l’inchiesta che, preso l’avvio da un’intervista al manifesto di Thomas Kram dell’agosto 2007, portò a scoprire una manipolazione testuale nel Documento conclusivo di centrosinistra della Mitrokhin di un documento di polizia, utilizzata poi dal terrorista tedesco per spiegare la sua inquietante presenza a Bologna il giorno della strage. Un saggio di chiusura di Gian Paolo Pelizzaro riepiloga proprio i tanti misteri che avvolgono la figura del terrorista tedesco.

La terza parte del volume raccoglie le voci degli stessi protagonisti. Si passa così dai legami occulti del Kgb con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina di Wadi Haddad e George Habbash, alle lettere di Francesco Cossiga sul «lodo Moro», agli avvertimenti di Bassam Abu Sharif al governo italiano, ai depistaggi di Abu Ayad, alle numerose interviste di Carlos, di Abu Anzeh Saleh, di Thomas Kram.
Per chiudere, e così conoscere, attraverso le interpellanze e le interrogazioni parlamentari, le vivaci, ma poco note, discussioni avvenute nelle aule del Parlamento italiano su una delle pagine più tragiche, misteriose e controverse della storia italiana.

3 commenti:

  1. "Alla fine sono rimasti in trappola i tre ragazzini dei Nar e la circostanza che ai due che ne avevano maturati i termini sia stata concessa la libertà condizionata dimostra che gli stessi giudici dell'esecuzione della pena condividono questi dubbi."
    E' semplicemente assurdo contentarsi del fatto che i ragazzi dei Nar siano in libertà nonostante la condanna subita.
    E' vergognoso che la lapide posta in memoria dei morti della strage ancora riporti la scritta che quella strage sia fascista.
    E' ancora più vergognoso che nessuno doni la pace ai parenti delle vittime facendo giustizia con la verità.

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  2. purtroppo caro Stefano ammettere quello che tu chiedi ( ed io sono d'accordo con te) significherebbe dichiarare coram populo che la storia degli ultimi 50 anni è stata una menzogna e la nostra sovranità nazionale una pura formalità nell'ambito del confronto est ovest e degli equilibri "mediterranei".

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  3. Stefano, intanto Ciavardini è ancora semilibero. Purtroppo, a detta degli stessi condannati, la pista internazionale non è sufficiente a ottenere la revisione del processo, che è l'unica procedura formale per riparare il torto.
    Comunque, ovviamente, anche il fronte colpevolista ha prodotto un saggio per rilanciare le sue tesi. Lo presenterò domani o dopodomani...

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