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I cattivi maestri di Affatigato

Vincenzo Vinciguerra è sicuramente una figura anomala nel panorama del terrorismo (e dell’amministrazione penitenziaria)  italiani. E non solo perché è un ergastolano blindato da 31 anni. E neanche perché è l’unico condannato per strage che ha riconosciuto le sue responsabilità, anche se si ostina a contestare la qualificazione storica del suo delitto (essendo definitivo il giudizio e inconfutabile il fatto: un’autobomba trappola contro i carabinieri): a suo giudizio, infatti, e non ha tutti i torti, nella percezione comune, si parla di strage quando si uccidono contemporaneamente più persone, in maniera casuale e indiscriminata, mentre, nel suo caso, il bersaglio era scelto e di tipo “militare”.

Vinciguerra è un paranoico di genio che, per certi aspetti, applica lo stesso dispositivo di Marco Affatigato: avendo goduto lui di abbondanti protezioni ex post da parte dei carabinieri, è portato a ritenere che la stragrande maggioranza dei suoi ex camerati  siano agenti doppi, al soldo della Repubblica nata della Resistenza che avrebbero dovuto combattere. Tant’è che ha elaborato la categoria di “neofascisti atlantici di servizio”.
Per regolare i conti con i suoi avversari non ha esitato ad avviare una collaborazione giudiziaria assolutamente anomala: perché non ha prodotto una condanna che sia una per avendo consentito numerose “ricostruzioni storiche” assai dettagliate (dall’attentato fallito contro Leighton alle stragi di Milano e di Brescia) e al tempo stesso non ha apportato nessun beneficio personale al collaboratore stesso.
La sua tesi di fondo è che Ordine nuovo fosse un’agenzia subordinata agli apparati di sicurezza atlantica, impegnata a destabilizzare l’ordine pubblico per stabilizzare (al centro) l’ordine politico. Tesi che in qualche modo si intreccia con quanto espresso dallo stesso Affatigato durante la sua deposizione davanti ai giudici bresciani. L’ex ordinovista lucchese sostiene invece che in Ordine nuovo si scontrassero due linee: una sostanzialmente “buonista”, espressa da Clemente Graziani e l’altra tendenzialmente stragista, con al vertice Freda.
Ma restiamo, per il momento, a Vinciguerra e alla sua visione paranoica della storia. Così per il Nostro, il primo saggio più specificamente politico-operativo di Evola, “Gli uomini e le rovine”, nato in uno scenario di un’interazione rigorosamente aristocratica e tradizionalista con il principe Borghese (il bramino e il guerriero), auspicata ma non realizzata, quel saggio che ha costituito il livre de chevet per più di una generazione di militanti rivoluzionari – come spiegato da Clemente Graziani nell’arringa conclusiva al processo contro il Movimento politico Ordine nuovo – rappresentava in realtà una banalissima operazione di piccolo cabotaggio opportunistico, per legittimare del rientro dei reduci di Salò nei ranghi dell’esercito repubblicano.
Certo è, comunque, che tutte le operazioni di stampo interventistico e collaborazionista nel successivo trentennio, nell’ambito della fascisteria, troveranno giustificazione in quel volume. (1-continua)

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