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28 agosto 1995: muore Giuseppe Lo Presti, lo "scrittore terrorista"


Nasce ad Alcamo il 20 gennaio 1958. Muore a Sanremo il 28 agosto 1995
Trasferitosi in Torino dopo il terremoto del Belice del 1968, non poté completare neppure gli studi elementari.
Nel capoluogo piemontese, dopo aver per alcuni anni lavorato presso una pasticceria, presenta domanda di arruolamento nell'esercito. Ma, prima ancora di essere sottoposto a visita medica, viene arrestato per rapina ed attività sovversive. Collaborerà, dai penitenziari italiani, nei quali ha trascorso circa undici anni, con diverse testate di destra, tra cui «Candido» (Milano), «Il Borghese» (Milano) e il mensile «Avanguardia» (Trapani).
A seguito di una grave malattia, all'inizio degli anni Novanta ottiene la detenzione domiciliare.
Tra i suoi inediti vi sono alcuni romanzi, dei racconti, pagine di diario e corrispondenza.

Nella scheda biografica pubblicato dall'archivio della memoria di Trapani c'è un'imprecisione. Il primo arresto di Giuseppe Lo Presti risale all'aprile 1976 per una "normale" rapina a un ufficio postale. Vanno in tre all'assalto, il direttore riesce a chiudere la porta e a respingere l'attacco. In tre scappano e, inseguiti, abbandonano l'auto. Lo Presti è scovato sotto un ponticello su un torrente, bagnato e tremante. Ha appena copiuto 18 anni ma ha già un precedente per truffa. E' in carcere che si "politicizza", controcorrente, a destra. Grazie ai buoni uffici di Leonardo Fonte, redattore capo di "Avanguardia", mensile "radicale" di Trapani "L'indominio della discordanza" trova un editore. Maurizio Murelli, nel 1986 ancora a Saluzzo, dove ha da poco finito di scontare la sua lungadegenza penitenziaria. E ha sensibilità sulla materia dolente del romanzo propostogli.

La storia del "successo editoriale" di Giuseppe Lo Presti ce la racconta molti anni dopo sulle pagine del "Secolo d'Italia" Pierluigi Biondi, oggi sindaco dell'Aquila. E' il 18 giugno 2007, l'articolo racconta "Questi libri maledetti salvati dai remainders
Il cacciatore ricoperto di campanelli di Giuseppe Lo Presti. Romanzo dal vago sapore nietzscheano edito nel 1990 da Arnoldo Mondadori, Il cacciatore sparì ben presto dalla scena. Forse a causa della storia del suo autore, un terrorista di estrema destra detenuto nel carcere di Prato deceduto poco dopo aver dato alle stampe il suo lavoro, probabilmente per l’assoluta mancanza di appeal di titolo e copertina. Fu solo per un caso che trovò ospitalità nel catalogo della casa editrice milanese, come si legge nella prefazione di Aldo Busi: «Questo romanzo mi pervenne alla redazione di Epoca e le dediche, una stampata nell’introduzione e l’altra vergata a mano, invocavano da sole la diffidenza: la prima diceva “A tutti i camerati caduti” e l’altra iniziava con “Al Maestro” eccetera. La leggenda vuole che lo scrittore affermato butti il tutto subito nel cestone della carta. Sia come sia, lette dieci pagine di Il cacciatore (il cui titolo originale, orrorifico, era L’indominio della discordanza, il cui significato sfuggiva anche al Lo Presti stesso), ne ho letto subito altre venti, con mio grande stupore. Con la pubblicazione di questo romanzo si scaglia di nuovo una nuova e rara pietra contro i filtri editoriali gestiti dalla strainculata classe media cosmopolita tuttora incapace di accreditare all’altare della letteratura chiunque sia fuori dall’establishment sociomondanoletterario». Pubblicato, quindi, per sfida. Fino a tre anni fa, de Il cacciatore se ne trovava una copia soltanto sul sito di un venditore on-line svedese. Dopo varie prove di stabilire un contatto – effettuate da chi scrive in un improbabile inglese, tentativi regolarmente andati a vuoto – è improvvisamente ricomparso su www.comprovendolibri.it al prezzo irrisorio di tre euro: la felicità, talvolta, ti viene quasi regalata.
Ma più che un terrorista, l'unica traccia di sua attività "politica" in carcere o fuori l'abbiamo trovata nel processo Quex, dove è tra le decine di accusati di associazione sovversiva prosciolti, Lo Presti è uno scrittore maledetto. Perché è diventato tossicodipendente e si ammala di Aids. Così, appena uscito dal carcere, nell'agosto del 1990 non si può godere il successo ma è di nuovo arravogliato nel circo delle rapine. Ce lo racconta La Stampa del 7 dicembre 1990


Torinese, in libertà da agosto, un anno fa aveva pubblicato un romanzo scritto durante gli anni del carcere a Volterra. Manette al terrorista-scrittore Lo Presti (Nar) preso dopo una rapina ad un benzinaio 

Era uno dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari. Aveva fatto furti e rapine, era stato anche accusato (ma poi fu assolto) di aver partecipato in carcere all'omicidio di Ermanno Buzzi, il neofascista imputato per la strage di Brescia. Condannato a 16 anni, ne ha scontati 13. In prigione ha scritto un romanzo pubblicato da Mondadori. Neanche un anno fa, le copie erano in vetrina in tutte le librerie d'Italia. Giuseppe Lo Presti, 32 anni, ex terrorista nero, ora scrittore «di professione», da due giorni è di nuovo in carcere. E ancora per una rapina: l'ha tentata martedì sera, con un complice a Rimini. E gli è andata male.
Carcere e letteratura Giuseppe «Pino» Lo Presti era fuori di prigione dallo scorso agosto: aveva pagato per le rapine e l'associazione sovversiva, ed era andato a vivere con la sua donna, Marcella, in un piccolo alloggio all'ultimo piano di una casa di righiera, a due passi da Palazzo Nuovo. Il 20 gennaio, giorno del suo compleanno, era uscito in libreria quel suo romanzo, il primo, scritto in carcere a Volterra e pubblicato nella collana degli Oscar Originals: «Il cacciatore ricoperto di campanelli», prefazione di Aldo Busi. E mentre tutti pensavano che stesse lavorando al secondo libro, lui ha ripreso a fare rapine. Quella di Rimini l'ha compiuta con un ragazzo che con i Nar e il suo passato «nero» non ha nulla a che fare: Giovanni Gamicchia, 23 anni, di Torino, piccoli precedenti penali per spaccio di stupefacenti e - forse - tossicodipendente. 
Assieme a lui, martedì, Pino Lo Presti è andato a Rimini con una Uno bianca rubata il giorno prima a Torino. E lì, alle sette di sera, armato di pistola Beretta calibro 7,65, ha affrontato una benzinaia, Maria Assunta Barbieri, per rapinarle l'incasso. Un colpo da disperati: 400 mila lire. E disperata è stata anche la fuga, che si è conclusa poche centinaia di metri più in là. Lo Presti e Gamicchia sono finiti sul ponte dei Mille, incastrati in un ingorgo. Al fondo, hanno trovato ad attenderli una pattuglia di carabinieri. Sono scattano le manette. L'ex terrorista-scrittore e il giovane tossicodipendente sono stati arrestati e portati in caserma. 
Oggi compariranno davanti al giudice delle indagini preliminari di Rimini: il magistrato dovrà decidere se emettere un'ordinanza di custodia o rimetterli in libertà, in attesa del processo. Perchè l'ha fatto? A Torino, non c'è nessuno che possa indovinare i motivi che hanno spinto Pino Lo Presti a tentare quella rapina. Nella casa del centro dove viveva con la sua amica, gli scuri sono chiusi e al citofono non risponde nessuno. La vicina, trasferita lì da pochi giorni, dice che «in realtà ho sempre visto un ragazzo in quell'alloggio, nessuna donna». I genitori, originari di Alcamo, in provincia di Trapani, e a Torino dal 1967, sono tornati al loro paese. «Hanno fatto il trasloco un anno e mezzo fa, quando lui è andato in pensione», dicono quelli del palazzo di via Ascoli 10, dove Giuseppe e Maria Lo Presti abitavano e dove loro figlio Pino ha ancora la residenza ufficiale. «Non sono pentito» Restano i brani di un'intervista che lui, l'ex terrorista diventato scrittore, aveva rilasciato a «Tuttolibri» per l'uscita del suo romanzo. 
Qual era il suo ruolo nei Nar? 
Aiutavo facendo delle rapine: sa, quello che serviva. Erano gli anni della foga, '75 e '76» [i Nar, ovviamente, non esistevano ancora, ndb]. 
Mai delitti, però:
«Niente roba di sangue. Sono entrato in politica trascinato dall'amicizia».
Della sua posizione politica e personale dopo il carcere diceva: «Non sono né dissociato, né pentito. Se ci sono delle rimozioni, sono dentro di me». E poi: «Siamo stanchi di essere arrabbiati. Ora vivo di riflessione, mi piacerebbe mettere negli altri il dubbio...».

Ottiene subito, per le sue serie condizioni di salute gli arresti domiciliari ma ci ricasca subito. Neanche due mesi . 

Il «nero» in carcere per un colpo da 50 milioni. I carabinieri confermano: è malato «Faccio rapine perché ho l'Aids» Arrestato Lo Presti, terrorista e romanziere

Terrorista nero, rapinatore, tossicodipendente. Anche romanziere impegnato. Giuseppe «Pino» Lo Presti, 32 anni, via Verdi 43, è stato nuovamente catturato dai carabinieri del Nucleo operativo: agli arresti domiciliari, aveva appena assaltato una sala corse di via Nizza, bottino 50 milioni. «Sono malato, ho l'Aids. Quel denaro doveva servire per medici e medicine», si è giustificato. Anche se la circostanza della malattia è veritiera, i militari del maggiore Muggeo non escludono altre possibilità: «Stiamo indagando per capire se Lo Presti dica la verità, oppure stia coprendo qualcuno». Non è escluso che quel denaro fosse destinato, magari in parte, alle casse dei Nar, l'organizzazione armata di estrema destra. 
Come accadde nel '77 per i 100 milioni rapinati da Lo Presti alla Thomas Guardi di Torino. Il terrorista-romanziere ha confermato di sentirsi tuttora militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari: «Non sono né dissociato, né pentito». La sua scelta rivoluzionaria risale agli inizi degli Anni 70, in carcere [il primo arresto, come abbiamo visto è a 18 anni, nel 1976, ndb]. Dietro le sbarre era finito per reati comuni: furti, rapine, truffe. Commessi qualche anno dopo la sua immigrazione a Torino, dalla Alcamo del dopo terremoto, al seguito del padre, un imbianchino. 
In carcere aveva conosciuto numerosi terroristi neri, e si era convertito ai loro ideali. «Una scelta ponderata -.secondo i carabinieri -, tutt'altro che impulsiva. Da uomo intelligente aveva trovato immediatamente credito e fiducia nei capi dell'organizzazione nera, partecipando anche ad attività editoriali». 
La facilità di penna l'aveva portato a scrivere, nel carcere di Volterra dove era detenuto per associazione sovversiva, anche un romanzo: «Il cacciatore ricoperto di campanelli», prefazione di Aldo Busi, pubblicato da Mondadori nel gennaio del '90. Una storia ambientata in una livida Torino, un impasto di amore e disperazione.
Si era pensato inizialmente a denaro falso, ma recuperate alcune banconote appena spese, è stato possibile accertare, attraverso un timbro e ad alcune annotazioni, che provenivano dalla rapina di via Nizza. Il Lo Presti è stato discretamente controllato, sino a quando non si è recato a Porta Nuova, domenica sera, in compagnia dei fratelli Gammicchia, per ricevere la sua convivente, Marcella Schreiber, 30 anni, in arrivo da Bordighera. L'intervento dei militari, guidati dai capitani Mucciarelli e Polvani, è stato tempestivo: i tre uomini e la donna sono stati bloccati. 
Nella borsa della Schreiber c'erano 10 milioni, provenienti dalla rapina. A casa Lo Presti, su un agenda, il numero telefonico del basista, subito catturato (con il sequestro della sua «quota» di 5 milioni). Altri 23 milioni erano nascosti nella casa della madre della Schreiber, in viale Europa 5, a Bordighera. I quattro uomini sono stati arrestati per rapina, la donna (anch'essa malata) è stata invece denunciata a piede libero. Per Lo Presti, fra le mura del carcere, c'è ora l'occasione per terminare il secondo romanzo. «Una vicenda - come ha anticipato - ancora «ai margini»: la storia di un uomo che commette infinite scelleratezze, in un mondo dove tutto è sistemato in modo idiota».

In realtà l'uomo è già a pezzi. Un anno dopo, il 28 febbraio 1992 è in tribunale per il processo per la serie di rapine. Sviene e lo trasferiscono al Mauriziano. Alla fine i giudici sono buoni: gli danno 2 anni e 9 mesi, grazie anche al rito abbreviato e alle confessioni. Con i due fratelli hanno la mano dura: sei e dieci anni di carcere.  


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