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Le mani dei calabresi su Verona. Miglioranzi agli arresti domiciliari

Gli investigatori della Polizia di Stato, alle prime ore di giovedì 4 luglio hanno eseguito a Verona e provincia un'ordinanza che dispone misure cautelari nei confronti di 26 indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, riciclaggio, estorsione, trasferimento fraudolento di beni, emissioni di false fatturazioni per operazioni inesistenti, truffa, corruzione e turbata libertà degli incanti, anche aggravati dalle modalità mafiose.
Le indagini, dirette dalla Procura distrettuale presso il Tribunale di Venezia e condotte, tra il 2017 ed il 2018, da un gruppo di lavoro composto da investigatori della Prima Divisione del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e delle Squadre Mobili di Verona e Venezia, hanno disvelato la strutturata esistenza di un’autonoma locale di ‘ndrangheta operante a Verona e nella provincia, riconducibile alla potente cosca degli “Arena-Nicoscia" di Isola Capo Rizzuto (Crotone).


TOSI INDAGATO
L’inchiesta, corroborata dal contributo di alcuni collaboratori di giustizia, ha fatto emergere gravi indizi di condotte criminali tipiche delle propaggini extra-regionali della ‘ndrangheta, ispirate alla commistione di metodologie corruttive-collusive ed estorsive, ed ha consentito di registrare anche indebiti rapporti tra alcuni appartenenti al sodalizio mafioso in questione ed i dirigenti di una società municipalizzata veronese, operante nel settore della raccolta dei rifiuti urbani. Tra gli indagati ci sarebbe l'ex sindaco di Verona Flavio Tosi con l'accusa di peculato.

MIGLIORANZI AI DOMICILIARI
Accusa di peculato per Tosi che è in relazione alla presunta distrazione da parte dell’ex presidente della municipalizzata dei rifiuti Amia, Andrea Miglioranzi (ai domiciliari) bassista dei Gesta Bellica ex esponente del Veneto Fronte Skinhead  di una somma «non inferiore a 5.000 euro» per pagare la fattura di un’agenzia di investigazioni privata, su prestazioni in realtà mai eseguite in favore di Amia, ma nell’interesse di Tosi.

L'INDAGINEL’indagine ha consentito l’emersione di un’articolazione della locale scaligera, facente capo alla famiglia Giardino, di origine isolitana, che ha radicato, in modo autonomo, le proprie attività illecite nella provincia veneta, mantenendo stabili rapporti affaristici con le analoghe strutture mafiose, operanti in Emilia-Romagna e Lombardia.
Nel medesimo contesto, è stato disposto il sequestro preventivo di un ingente patrimonio immobiliare, aziendale e finanziario, per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro, ritenuto provento delle attività illecite del sodalizio mafioso, frutto degli approfondimenti investigativi e patrimoniali svolti dalla Sezione specializzata del Servizio Centrale Operativo.
Il boss della ’Ndrangheta che gestiva l’organizzazione nel veronese è Antonio Gardino detto "Totareddu", uomo vicino alla cosca Arena-Nicoscia. L’attività del gruppo mafioso - è stato detto da inquirenti e investigatori a Venezia - ha portato al sequestro di 15 milioni di euro frutto di un’attività volta al riciclaggio ed allo spaccio di stupefacenti, con società fittizie che evadevano il fisco e creavano provviste di denaro.

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