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Ricordando Pino Tosca, uomo della tradizione, nel diciassettesimo anniversario della sua morte

Il 4 settembre del 2001 andava oltre la vita Pino Tosca, lasciando un'eredità spirituale prima ancora che politica. Giovanissimo nella città di Torino, sceglie la scomoda militanza tra le fila del MSI. Sono gli anni '60 e poi la contestazione giovanile vista e vissuta da "destra", anni nei quali Pino Tosca entra in "Ordine Nuovo" e poi aderisce ad "Europa e Civiltà". È stato Pino Tosca che ha insegnato a un intero ambiente, quello della "destra radicale" o post fascista, le esperienze dei cosiddetti vinti della storia: i briganti del Regno delle due Sicilie, i cristeros Messicani, i vandeani francesi. Tutti accomunati da una medesima visione della vita e da un'identica e autentica fede in Cristo.
In occasione del diciassettesimo anniversario della sua morte, il professore Ulderico Nisticò ci invia un personale ricordo dell'amico e camerata Pino Tosca che pubblichiamo volentieri.

                              Pino Tosca, il selvatico
                               di Ulderico Nisticò


Nessun morto fu mai tanto vivo nella memoria di Pino il selvatico; vivo perché è presente nei cuori di tutti quelli che gli siamo stati camerati e amici; e vivo perché la sua scomparsa ha lasciato un desolato vuoto nel meridionalismo serio, lasciando campo libero agli avventurieri e agli sprovveduti.
 Pino era un barbaro geniale, senza nessuno dei tentennamenti accidiosi degli intellettuali di oggi; eppure era un portatore di cultura profonda, e di una Fede sorretta da profonda conoscenza della teologia, della storia, dell’antropologia.
 Non sistematico, e non poteva esserlo, ha lasciato molto lavoro completato e moltissimo in bozza; ma alcuni suoi temi segnarono in profondità la cultura di Tradizionalismo Popolare e dell’ambiente fascista cattolico e tradizionalista. Sostenuto dalla sua sensibilità antropologica, però, Pino sapeva ben distinguere la Tradizione e il tradizionalismo da ogni ottusa e cupa tendenza al conservatorismo. Poteva anzi essere considerato un eversivo dell’ordine borghese, e anche delle sue banali e tenaci convenzioni.
 Era selvatico anche in questo, sdegnando le regole e i perbenismi. Era piacevole e sconvolgente assieme vederlo, ai compassati e nobili convegni di Gaeta (quelli veri, quelli di Silvio Vitale), arrivare alla testa di un’improvvisata banda di “briganti”, incuranti di ogni bon ton! E guai a non trattare con rispetto i suoi seguaci.
 Pino era un capo della sua comunità di Puglia; e un educatore di giovani; ma era anche, con stile, un capo dei suoi camerati: non si osava dire di no, quando chiamava per un convegno, per una conferenza, per un’attività qualsiasi provocatoria.
 Poteva essere una conversazione alla comunità; o una manifestazione grandiosa come il convegno sull’Hispanidad a Bari; o la ricorrenza del 1799, iniziata a Catanzaro e terminata nel Maschio Angioino… e chi può ricordare tutto?
 Tosca si contaminava anche con la politica attiva, militando, riottosamente, nel MSI della componente nazionalpopolare; e mantenendo buoni rapporti anche con altri, quando riteneva di poter strappare degli spazi per qualche buona iniziativa.
 Resta da dire… ma quasi tirando a indovinare, di alcuni aspetti eroici della sua avventura umana: le spedizioni clandestine presso i cattolici uniati dell’Ucraina allora sovietica; i rischiosi rapporti con gli Albanesi soggetti al comunismo; e la trasferta a Londra a tenere lezioni: c’ero anche io. Anche  questi erano dei momenti della sua anima selvatica.
 Ci ha lasciati troppo presto; e proprio quando la sua presenza su questa terra sarebbe stata assai utile, a impedire la dissoluzione del meridionalismo in chiacchiere e furbate.
 Di lui e per lui, con un Requiem, non possiamo che concludere così, con l’antico grido dei combattenti in onore dei Caduti: CAMERATA PINO TOSCA, PRESENTE!

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