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Il libro di Matteo Andriola su De Benoist, la critica di Vaj e l'accrocco destra/sinistra

Ho ormai da una decina di giorni sul desk la trascrizione dell'intervista a Matteo Luca Andriola, aka Luca Mad, sul suo bel libro dedicato al pensiero di De Benoist e alle nuove destre europee. Da buon discepolo è torrenziale e arravogliato nel ragionamento q.b. a incoraggiare la mia pigrizia a procedere con calma. Eppure l'opera merita che se ne parli. E così riprendo da facebook un commento critico di Stefano Vaj, uno che queste cose le conosce e le capisce ...

Complice qualche ritaglio di tempo supplementare di stagione, ho letto l'eccellente saggio di Luca su La Nuova Destra in Europa. Ricco di dati e notizie che eccedono quelli conosciuti (o ricordati) anche da chi ha frequentato più che tangenzialmente alcuni degli ambienti citati, e non privo di conclusioni originali e stringenti. Due osservazioni: la prima, quella grave , è il fatto di averlo dovuto leggere su carta in mancanza di una edizione Kindle. La seconda, ma ne abbiamo già parlato, riguarda una lettura curiosamente inversa alla mia del processo attraverso cui il GRECE diventa "Nouvelle Droite" (lasciando perdere il fenomeno totalmente atipico ed essenzialmente pubblicitario della cd Nuova Destra nel nostro paese). Per Luca si tratta di una sorta di emancipazione del relativo ambiente dall'"estrema destra", per me si tratta al contrario di una *ricaduta* in un mondo complessivamente di destra (estrema, classica, culturale, etc.). Al riguardo, citerò tre aspetti: a) la relativa stagione viene inaugurata dall'avventura del Figaro-Magazine, organo (come riconosce AdB in Memoire vive) della borghesia liberale giscardiana, non degli khmer rossi; b) la mia è stata storicamente l'interpretazione di *tutti* quelli che si sono più o meno allontanati da tale mondo negli anni ottanta e che da destra per lo più NON venivano affatto, come Faye (anche se poi magari in un qualche tipo di "destra" ci sono finiti anche loro attraverso percorsi diversi); c) il cd detto "avvicinamento a sinistra", se si esclude l'aspetto pur importante della politica internazionale, non solo è un aspetto molto più tardo - inizialmente la Nouvelle Droite si mette a dialogare con evoliani, tradizionalisti cattolici, tolkieniani d'accatto, "onesti conservatori" ed altri personaggi che il GRECE negli anni settanta si limitava a ridicolizzare -, ma riguarda essenzialmente una "sinistra" che a sua volta ha appunto svoltato a destra verso sogni regressivi e reazionari (l'economia del dono, la decrescita, l'ecologia del profondo, il pauperismo, la fine del lavoro, il microcomunitarismo...). Paradossalmente così il GRECE avrebbe svoltato "a sinistra" accettando di essere collocato a destra e poi cessando di essere futurista per divenire nostalgico del bel tempo in cui Marta filava, mentre i cd nazionalbolscevichi o ambienti come Stato & Potenza sarebbero "estrema destra" perché preferiscono Stakanov e Gagarin al "buon selvaggio" di Rousseau?

Condivido l'obiezione di fondo di Stefano ma a mia volta mi dedico al ricamo critico. Stato e Potenza (o come si chiama adesso) non è estrema destra ma qualcosa di sostanzialmente diverso: l'espressione post-89 e post-alleanza rossobruna di una corrente del movimento operaio già presente nella I Internazionale (il cui massimo esponente era Lassalle) e che trova la sua più organica espressione nella "destra" del Comintern negli anni Venti. Una tendenza che, preso atto del fallimento della Rivoluzione in Occidente, per restare fedele alla versione più ossificata e scolastica di Marx, identifica il compito del socialismo in un solo paese nello sviluppo delle forze produttive, per adeguare la realtà alla teoria ...

2 commenti:

  1. Volevo porre un quesito a Ugo Maria Tassinari.
    Sono un ex studente di economia, e spesso nei miei corsi si sono svolti seminari e conferenze su tematiche quali l'economia del dono e la decrescita. In qual modo queste teorie, possono considerarsi regressive e reazionarie? E secondo lei anche la funzione sociale dell'impresa può considerarsi tra il novero di tali teorie retrive?

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    1. Avendo da tempo abbandonato la fede nelle magnifiche sorti e progressive dell'umanità e avendo amaramente imparato a conoscere le devastazioni del "progresso" sì, l'economia del dono e la decrescita sono pratiche regressive ma non "reazionarie". Nel senso che rompono la direzione del movimento generale della società, che è sempre più marcatamente utilitarista e spietatamente egoista, ma alludendo a un modello di organizzazione sociale fondata sul valore d'uso e non di scambio non è affatto reazionaio

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