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Il generale Spiazzi ammette: macché Gelli, fui io a telefonare a Borghese per fermarlo

AMOS SPIAZZI DI CORTE REGIA: non era Papadòpulos

pubblicata da Massimiliano Griner il giorno martedì 7 giugno 2011 alle ore 23.04

La telefonata l’ha fatta lui! Ecco chi è stato quella notte a fermare il golpe Borghese, è stato il capitano dell’esercito Amos Spiazzi. Basta chiederglielo, e lui ti racconta che quel 7 dicembre 1970  deve presiedere ad un ricevimento di gala, quando all’improvviso riceve un ordine da non si saprà mai chi, di mettersi in movimento con le sue truppe verso Sesto San Giovanni: è scattata l’esigenza triangolo, un piano questo partorito dall’autorità politica in previsione di possibili scontri di piazza, dove anche l’esercito ha compiti di ordine pubblico.
Non avendo tempo per cambiarsi, come James Bond Spiazzi infila la mimetica direttamente sopra il suo smoking e si mette in viaggio alla testa di una colonna militare. Prima di partire chiama Elio Massagrande, suo buon amico, che gli racconta che il principe Borghese ha organizzato una manifestazione, dai contorni però ambigui, contro l’imminente visita a Roma del maresciallo Tito. Per Spiazzi è tutto chiaro: è una trappola ordita ai danni dell’amato e venerato ex Comandante della Decima Mas, che sta organizzando a livello nazionale delle manifestazioni che porteranno inevitabilmente a degli incidenti, giustificando così l’intervento dell’esercito. Ecco che il capitano chiama Borghese pregandolo di rinunciare alla sua iniziativa. Nel frattempo, giunto alle porte di Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, Spiazzi riceve l’ordine di rientrare in caserma. Sono le 2.00, è tutto finito
Nato nel 1933, Spiazzi è un predestinato visto che il padre è un ufficiale d’artiglieria; in una foto che lo ritrae diciassettenne, Spiazzi ha una baionetta fra i denti e una pistola in mano: sta giocando nel giardino di casa, probabilmente in vista dell’entrata nell’accademia militare di Modena che avviene alla fine del 1952. Due anni dopo, incurante dell’inopportunità che un ufficiale italiano potesse essere coinvolto in fatti politici, insieme ad uno sparuto gruppo di suoi vecchi amici monarchici veronesi, pensa bene di raggiungere Trieste scossa dalla rivolta antitina. Viene catturato, imprigionato e bastonato per un’intera settimana. Spiazzi, monarchico da sempre, crede nello stato organico di tipo dogale, ispirato cioè alla Repubblica di Venezia, una monarchia elettiva e non ereditaria. Con la fine del 1970, arriva la promozione a maggiore e comincia a tessere un’organizzazione illegale di ufficiali e civili, tutti fervidi anticomunisti, detta Rosa dei Venti in omaggio alla difesa dell’Europa su tutti i fronti dai sovietici. In pratica Spiazzi e gli altri costituiscono una sorta di OAS nostrana in salsa veneta. Le indagini sul gruppo iniziano grazie ad un bizzarro medico spezzino, il quale consegna alla polizia una borsa contenente dei documenti con un piano per un colpo di stato. Spiazzi viene arrestato il 13 gennaio 1974, un paio di settimane dopo la sua promozione a tenente colonnello, raggiungendo il poco invidiabile primato di essere il primo ufficiale dell’esercito della Repubblica finito sotto inchiesta dalla magistratura ordinaria. Spiazzi si giustifica sostenendo che l’organizzazione è istituzionale, legale. I giudici chiedono a Vito Miceli, capo del SID, se sia vero. Miceli nega, anche se ammette che una vera organizzazione, diversa da quella di Spiazzi, effettivamente esiste, ma non può parlarne: si tratta di Gladio. E’ per questo che Miceli finisce in prigione con l’accusa, ingiusta, di aver creato un SID parallelo, mentre sta solo difendendo un importante segreto di stato. I giudici vedono nel gruppo padovano una sorta di servizio parallelo. Da quel giorno, e fino al luglio del 2003, Spiazzi totalizza sei anni di carcerazione preventiva e viene inquisito e/o processato per numerosi delitti avvenuti negli anni settanta: dal caso Ludwig, all’uccisione dell’esponente di Terza Posizione Francesco Mangiameli; dai fatti di Pian del Rascino, alla strage della questura di Milano del maggio 1973; dalla strage di Bologna, a quella di Brescia, oltre naturalmente il processo del 1978 che ingloba i vari tentativi, o presunti tali, di colpi di stato. Spesso condannato in primo grado, sempre assolto in secondo e in cassazione. Di sé dice di essere «stato l’unico fesso a pagare». Non è vero. Non è l’unico.
 (Umberto Berlenghini)
FONTI
Sergio Zavoli La notte della Repubblica Rai 1989
Amos Spiazzi di Corte Regia Il mistero della Rosa dei Venti Centro Studi Carlo Magno, Verona 2001
Sandro Neri Segreti di Stato Aliberti, Roma 2008
Conversazione con Amos Spiazzi di Corte Regia, Verona 28 febbraio 2009
fonte: Facebook
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(umt) Ora capisco perché qualche anno fa il generale ebbe la faccia tosta di chiedermi i danni ma la querela non arrivò neanche all'udienza preliminare. Evidentemente non ci poteva passare sopra: dare del golpista a lui che il golpe lo aveva fermato!


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