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Il papà di Letizia e il golpe Sogno: una famiglia di moderati

(umt) Per una volta torno a pescare dal grande cantiere aperto di Facebook. Ancora a proposito della disfida di Milano. Il contributo, pigro ma prezioso, è di Alessandro Smerilli che con poche righe cuce una breve citazione di Sofri e un'articolessa di Scalfari. La tenevo in magazzino da un paio di giorni. Poi, proprio stamattina al convegno di Brescia su stragi e terrorismo, il professor De Lutiis ha ricordato come la  Cassazione stoppò Violante che era sulle piste di Sogno e del suo progetto politico. E di questo appunto si parla. Perché il papà di Letizia Moratti era uno dei più stretti sodali dell'eroe della Resistenza, uno dei venti disposti a prendere le armi per fermare l'ascesa al potere del Pci. Che famiglia di moderati.
di Alessandro Smerilli
“Dunque la signora Letizia Moratti ha pensato che fosse dignitoso e utile per lei rivendicare la provenienza da una famiglia moderata, e rinfacciare al suo rivale di essere stato condannato per un furto d'auto. Accusa falsa, a quanto pare: questo schieramento va per le spicce quando le questioni giudiziarie riguardino gli altri. Io, imputato (e condannato) per ben altro, ebbi fra i pochissimi effetti collaterali pregevoli della mia vicenda l'occasione di conoscere Giandomenico Pisapia e suo figlio Giuliano. Avere un padre come quello non potrebbe essere che una ragione di amore e di orgoglio per chiunque. La signora Moratti ha anche lei la fortuna di un eccellente padre, a quanto ne leggo. Come le viene in mente di contrapporre la propria famiglia a quella altrui, per giunta a una famiglia simile?”  Adriano Sofri 
Ma si può definire "un moderato" Paolo Brichetto, il padre di Letizia Brichetto in Moratti?
Era uno dei "magnifici 20", come li chiamò Edgardo Sogno, che nel maggio del 1970 fondarono i Comitati di resistenza democratica, Crd, il cui obiettivo era impedire con ogni mezzo che il Pci andasse al potere, anche attraverso libere elezioni. “Noi prendemmo l'impegno di sparare contro coloro che avessero fatto il governo con i comunisti.” Ha detto sparare, ambasciatore, sparare? “Sì, sparare.”.
Delle mene golpiste dei Sogno e dei Brichetto così ha scritto Eugenio Scalfari su "Repubblica" nel dicembre 2000

LA VERITÀ POSTUMA SUL GOLPE DI SOGNO di EUGENIO SCALFARI
LA RIVELAZIONE per certi versi è ovvia, per altri del tutto inattesa: in un libro-intervista di Aldo Cazzullo che sta per uscire nelle librerie e che fu approvato dall'intervistato e anzi per le parti più importanti scritto direttamente da lui (Testamento di un anti-comunista, Mondadori), Edgardo Sogno racconta con dovizia di particolari che nel luglio-agosto del '74 stava per lanciare un vero e proprio "golpe" che egli paradossalmente (l'avverbio è suo) definisce liberale perché aveva come fine di "rovesciare il regime catto-comunista". Quale fosse questo regime chiarisce con esattezza da quale livello di furore ideologico fossero posseduti gli organizzatori di quell'operazione: il governo in carica era infatti presieduto da Mariano Rumor, un democristiano doroteo di centrodestra, al Quirinale c'era Leone, certo non sospetto di simpatie comuniste e anti-atlantiche, alla Difesa Andreotti, agli Interni Taviani. Eppure, nella distorta e ossessiva immaginazione dei golpisti, questo era un regime liberticida di tale pericolosità da giustificare un colpo di forza per insediare un governo con pieni poteri sospendendo le garanzie costituzionali e mettendo la sinistra politica e sindacale definitivamente fuori gioco. Non si trattava di una "intentona", come era stato esattamente dieci anni prima il "tintinnio di sciabole" del generale De Lorenzo. L'"intentona" è infatti una sorta di golpe virtuale, un' esibizione muscolare capace però di divenire operativa ma soltanto nel caso che il suo primo obiettivo sia mancato e il primo obiettivo è quello di realizzare uno spostamento a destra dell'asse politico nazionale. L'"intentona" di De Lorenzo, voluta dall'allora capo dello Stato Antonio Segni e accettata dal presidente del Consiglio Aldo Moro, ottenne gli sperati effetti politici e non dové quindi passare alla fase esecutiva. Niente di simile però per quanto riguarda la cospirazione rivelata ora da Edgardo Sogno: i congiurati avevano di mira la presa del potere, era già stato deciso l'organigramma del nuovo governo, le alleanze erano state stipulate, i tempi e i modi dell'operazione decisi. Quando il piano è ormai pronto per scattare siamo nell'agosto 1974, la strage di Brescia è avvenuta appena tre mesi prima, le Br hanno da poco fatto la loro comparsa, la grande stagione referendaria dei diritti civili è in pieno corso, il Pci di Enrico Berlinguer sta guadagnando per la prima volta il consenso di vasti settori di ceto medio e borghese. Ma Sogno (e Pacciardi che è il vero capo dell'operazione) sono pronti e non si tratta certo di un "golpe da operetta", come del resto non lo era stato quello di Junio Borghese tentato quattro anni prima. Il gruppo dei congiurati (non si può che chiamarli così) coinvolge gran parte dell'apparato militare, si avvale del consenso attivo o "attendista" di importanti settori politici ed economici, ha ottenuto il "via libera" dal responsabile in Italia dei Servizi americani. Questo è il quadro, questo il contesto. Sogno lo definisce così: "Occorreva uno "strappo", un fatto compiuto al vertice che riportasse il Paese alla visione risorgimentale in una triplice alleanza di laici occidentali come Pacciardi, di cattolici liberali come Cossiga e di socialisti antimarxisti come Craxi". Per arrivare al risultato occorreva in sostanza "sospendere" la democrazia e scatenare la guerra civile. Pazienza, il fine giustifica i mezzi, avvenga quel che può e non si guardi troppo al sottile. Il racconto della congiura fatto da Sogno, con i nomi e i ruoli dei comandanti militari coinvolti nell'operazione, è impressionante. Ne erano parte attiva: il comandante della Regione militare Sud, generale di corpo d'armata Ugo Ricci che - dice Sogno - era la vera mente militare dell'operazione; il vicecomandante della Regione militare Centrale, generale Salatiello; il capo di Stato maggiore della Regione Centrale, generale Barbasetti; il vicecomandante dei carabinieri, generale Picchiotti, già capo di Stato maggiore dell'Arma all'epoca di De Lorenzo e del "Piano Solo", iscritto alla Loggia P2; il comandante della divisione dei carabinieri Pastrengo, generale Palumbo (Loggia P2); il comandante della legione dei carabinieri di Roma; il comandante della divisione Folgore, generale Santovito (poi capo del Sismi con Cossiga ministro dell'Interno ai tempi del rapimento Moro) affiliato alla Loggia P2; il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Rosselli Lorenzini; l' ammiraglio Gino De Giorgi, suo successore nella carica; il capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, generale Lucentini; il comandante della Seconda Regione Aerea generale Graziani; il comandante della Guardia di Finanza generale Borsi; il comandante della Scuola di Guerra, generale Zavattaro Ardizzi; il generale dell'Esercito Alberto Li Gobbi. Erano invece considerati avversari "da neutralizzare" il comandante generale dei carabinieri Enrico Mino e il suo capo di Stato maggiore Arnaldo Ferrara. Altre adesioni militari e politiche importanti erano quelle di Luigi de la Penne, medaglia d'oro al valor militare; Aldo Cucchi, comunista titoista espulso dal Pci; Eugenio Reale, ex comunista designato a ministro dell'Interno nel governo golpista presieduto da Pacciardi. Manlio Brosio era stato designato ministro degli Esteri ma si era riservato di accettare. Alla Difesa sarebbe andato lo stesso Sogno, alle Finanze l' economista Ricossa. Anche il generale Liuzzi, già capo di Stato maggiore della Difesa e il Procuratore generale della Corte di Cassazione, Giovanni Colli, erano della partita. I lettori troveranno in altre pagine del giornale le parti più significative del racconto fatto da Sogno al suo intervistatore, il quale alla fine dell'intervista gli pone due domande d'importanza capitale. La prima: queste rivelazioni, una volta conosciute dal pubblico, saranno credute vere o verranno considerate frutto d'una mente narcisistica e mitomane? La seconda: aveva dunque ragione l'allora giudice istruttore Luciano Violante che mise Sogno sotto inchiesta e lo fece arrestare ma poi dovette liberarlo perché la Corte lo assolse con formula piena "perché il fatto non sussiste"? Alla seconda domanda Sogno risponde: sì, Violante aveva ragione poiché anche se il golpe non scattò i preparativi erano in una fase molto avanzata e il Codice penale prevede che simili predisposizioni configurino un reato di sovversione. L'errore di Violante fu di non aver raccolto prove sufficienti a convincere la magistratura giudicante. Alla prima domanda Sogno ammette che il suo racconto possa esser giudicato fantasioso dall'opinione pubblica, ma lui sa com'erano andati i fatti e ritiene che a questo punto sia necessario rivelarli nella loro pienezza, se non altro per tenere accesa la fiamma dell'anticomunismo contro un pericolo che egli giudica ancora terribilmente attuale. Un fatto comunque è certo: le affermazioni e il racconto di Sogno sono assistite da un'esauriente documentazione che il capo della Franchi ha mostrato ad alcuni suoi amici ma di cui la magistratura inquirente non riuscì a suo tempo a entrare in possesso. Comunque la vera prova della pericolosità del "golpe liberale" è nelle mani e nella memoria d'un uomo che non parlerà mai ma che ebbe il merito d'averlo fatto fallire insieme ad altre due persone: quest'uomo è Giulio Andreotti, gli altri due sono Paolo Emilio Taviani e, per l'appunto, l'allora giudice istruttore di Torino Luciano Violante. Andreotti era allora ministro della Difesa dopo essere stato per due anni presidente del Consiglio. Il contesto internazionale era profondamente cambiato dopo le dimissioni di Nixon per lo scandalo Watergate e il tramonto politico di Henry Kissinger. Delle ripercussioni delle vicende americane sulla politica interna di alcuni paesi della Nato parla diffusamente Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione Stragi, nel suo libro-intervista intitolato "Segreto di Stato". Pellegrino sostiene che il '74 fu un anno di svolta nella politica estera americana nel senso che - fermo restando il tradizionale anticomunismo di una guerra fredda appena appena intiepidita, furono abbandonati i metodi di sostegno alle trame, alla strategia della tensione e a regimi conservatori o francamente reazionari in Europa. Caddero infatti, poco dopo le dimissioni di Nixon e il ritorno dei democratici alla Casa Bianca, il regime portoghese e quello dei colonnelli greci. In Italia - scrive Pellegrino - fu spezzata la connivenza che fin lì era stata stretta e continua, tra organismi istituzionali e apparati di forza italiani e Nato da un lato e manovalanza neofascista dall'altro. In questo nuovo contesto accaddero nei palazzi del Potere alcuni fatti di notevole rilievo. 1. Il ministro della Difesa, Andreotti, licenziò il capo del servizio segreto militare, generale Miceli e mise al suo posto il generale Maletti, già capo della sezione controspionaggio del Sid. L'8 luglio del '74 Maletti inviò un rapporto ad Andreotti nel quale parlava estesamente dei preparativi golpisti del gruppo Pacciardi-Sogno e segnalava i nomi dei militari più compromessi in quell'operazione. A seguito di quel rapporto Andreotti dispose immediatamente il trasferimento ad altri incarichi dei generali Zavattaro Ardizzi (Scuola di Guerra), Santovito (Folgore), Salatiello (Regione militare Centrale). Pochi giorni dopo anche il comandante della Guardia di Finanza abbandonava l'incarico. Questi movimenti repentini disarticolarono il piano della congiura e suscitarono grande timore negli altri ufficiali più compromessi. Il comandante della divisione Pastrengo, generale Palumbo, che fin lì era stato uno dei punti di forza del piano poiché da lui dipendevano tutte le legioni dei carabinieri dislocate nella Valle Padana, "tradì" (così si esprime Sogno) e passò dalla parte del governo rivelando gran parte delle intenzioni dei congiurati. (È fantastico assistere al passaggio dalla parte del governo del comandante d'una divisione di carabinieri; ma del resto non era la prima volta che ciò accadeva). 2. Taviani, all'epoca ministro dell'Interno, portò a conclusione lo sganciamento tra gli apparati istituzionali di forza e la manovalanza fascista. Fece arrestare il capo del Mar (Movimento di azione rivoluzionaria) Carlo Fumagalli che era in stretto contatto con Sogno e Pacciardi [rectius : Fumagalli fu arrestato il 9 maggio, diciannove giorni prima della Strage d Brescia, ndr] , e sciolse le organizzazioni neofasciste Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. In agosto (è Sogno ad affermarlo) Taviani allertò su di lui l' attenzione del giudice istruttore Violante. 3. Violante mise Sogno sotto sorveglianza, aprì un'inchiesta su di lui e sulla sua organizzazione e infine lo arrestò. Così fallì il "golpe liberale" che segnò il culmine delle tante trame che avevano avvelenato la politica italiana nei precedenti dieci anni con radici ancora più remote risalenti alla Resistenza, all'immediato dopoguerra, alla fondazione di Gladio e delle altre organizzazioni segrete anticomuniste, all'organizzazione paramilitare del Pci poi denominata Gladio Rossa. Continuarono ancora le bombe stragiste e prese sciaguratamente quota il terrorismo delle Br. La tesi di Giangiacomo Feltrinelli, che fu uno dei "proto-brigatisti" agli inizi degli anni Settanta, addossava alle trame eversive della destra la responsabilità dell'appello ai vecchi partigiani affinché riprendessero le armi in difesa della democrazia in pericolo. La tesi di Sogno è simmetricamente opposta: appello ai partigiani anticomunisti affinché difendessero la patria e la libertà. Difficile stabilire quale parte attaccò per prima producendo la reazione difensiva dell'altra. Dal punto di vista del calendario un fatto è certo: la strage di piazza Fontana con le sue vittime e i suoi loschi depistaggi avvenne il 12 dicembre del '69. Il sangue cominciò a scorrere da quel momento in poi. Ha scritto ieri sul "Foglio" Giuliano Ferrara che l'"Eroe Sogno" forse si è lasciato andare a una "intenzione testimoniata per i posteri, una follia idealistica che era tipica di un grande visionario e ardente combattente". Comunque, prosegue Ferrara, "il furibondo anticomunismo atlantico di Sogno doveva esser combattuto sul piano politico non su quello giudiziario". Par di capire che, dopo le rivelazioni di Sogno, tocchi a Luciano Violante di chiedere scusa dopo che il suo imputato del '74 gli ha fornito prove e riscontri di quanto la Procura di Torino avesse visto giusto. Evidentemente questi personaggi d' avventura considerano che la legge, il codice, la giurisdizione, l'azione penale obbligatoria, siano carta da cesso con la quale pulirsi i piedi quando scomoda. Quanto a Edgardo Sogno e a tutta la variegata compagnia che, con assai minor follia visionaria di lui, gli tenne bordone e rappresentò per trent'anni il sistema delle istituzioni illegali, di lui si può dire soltanto che visse per l'avventura perché soltanto in essa trovava realizzazione e gratificazione. In nome della libertà la sua "follia visionaria" lo portò a concepire e concretamente a tentare di strangolare la libertà. Per fortuna fu fermato in tempo. “

3 commenti:

  1. Fumagalli, quello dei MAR, definì l'omicidio di Calabresi "un lavoro ben fatto" (vedi Cucchiarelli, "Il segreto di piazza Fontana").

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  2. Caro umt, mi accusi di pigrizia trascurando l’insegnamento di Guglielmo di Occam : entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem, ovvero se un pensiero si può esprimere con tre parole non bisogna utilizzarne quattro. E in questo caso 2+2 fa giusto 4. Inoltre trascuri la suggestione delle fotografie che parlano quasi da sole. Te le appiccico http://www.facebook.com/notes/alessandro-smerilli/letizia-brichetto-in-moratti-e-la-sua-famiglia-moderata/10150266914316508. Spero che a Brescia ti sia divertito e il vino ti sia stato lieve.
    Cari saluti alessandro

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  3. Lavoro ben fatto l'omicidio Calabresi? Si certo, anche se per l'ennesima volta si tirò in ballo l'estrema destra e l'immancabile Gianni Nardi, il killer buono per tutte le stagioni. Non fu lasciato in pace neanche da morto, fu esumato e sottoposto ad accertamenti, che stabilirono una volta per sempre che quella salma era in effetti Gianni Nardi.Naturalmente i vari sessantottini impuniti e sodali con il gran capo di Lotta Continua, figliolo prodigo di un ammiraglio,fuoriuscito da lombi alto borghesi, rivoluzionario impaziente, non poteva nemmeno essere sfiorato da un minimo sospetto di essere il mandante di quella esecuzione vigliacca. Che diamine lo sosteneva anche quel fine intellettuale radical chich di Adriano Celentano. Voi che non avete vissuto in quegli anni a Milano, voi che non avete respirato quell'aria torbida satura di odio ideologico, di caccia grossa al neofascista, spacciata dai boss socialcomunisti come "ginnastica pre rivoluzionaria", con la compiacente complicità della borghesia rossa meneghina, dell'arco costituzionale, della triplice sindacale, della curia progressista,dei mass media, delle toghe rosse, dell'ANPI con a capo l'ex partigiano Tiso sindaco socialista Aldo Aniasi, non potete capire.Chi ha vissuto e ha provato a respirare quei miasmi fetidi, che esalava, quella cloaca a cielo aperto, che era Milano, non dimentica e soprattutto non riesce a perdonare. Temistocle Vaccarella.

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