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Convegno di Brescia/4 Dondi: come cambiano i giornali dal 1969 al 1974, dopo le stragi

Mirco Dondi: Strategia della tensione e comunicazione giornalista
Studio più ampio in corso. All'epoca la stampa è moderata e il governo controlla strettamente la tv. Io parlerò dei giornali del 13 dicembre 1969 e del 29 maggio 1974. Come si legge un evento così grande.
Piazza Fontana viene offerta come evento inevitabile dopo il 68 e l'autunno caldo. L'attore principale è Saragat. Suo ruolo attivo nella primavera 69 nel parlare di elezioni anticipate. Cavalca l'ondata d'ordine contro gli scioperi. Strettamente legato agli americani. Incontro con Nixon: d'accordo sul controllo sulle spinte sociali. Protagonista nella costruzione del discorso sulla strage. Negli editoriali le sue parole costituiscono il nocciolo duro dell'informazione. Forte cisualizzazione grafica del suo messaggio in molte prime pagine.
Fià dopo Annarumma aveva anticipato i giudici: è stato ucciso dai dimostranti. Ma non è ancora dimostrato. Dopo la strage la vede come effetto di un seme. Attacca la magistratura: giacciono molte denunce su istigazione al terrorismo, bisogna spezzare la tragica catena.
Spadolini fa una perfetta esegesi del pensiero di Saragat condividendolo in pieno. Si crea un precedente: non si dice chi è stato ma sia il CdS sia la Stampa richiamano la strage del 1921 del teatro Diana, attribuita agli anarchici. I direttori sono ben consapevoli delle dinamiche della guerra rivoluzionaria: al convegno del Pollio partecipano Mattei, Perrone, Giovannini e Angelillo. Vedere le prime pagine di Nazione, Messaggero, Roma, Tempo. Il Tempo è l'unico che chiede l'emergenza richiamando Saragat. Commento molto duro del Messaggero anche negli articoli di cronaca forte pedagogia contro chi ha mosso i disordini. Il Secolo d'Italia: occhiello sulla strage comunista. Ma tutta la stampa moderata se la prende con la responsabilità politica del Pci per il sostegno alle rivendicazioni. Il Popolo è più moderato del Cds pur denunciano la violenza dei rapporti sociali ma non si va oltre. Non si attacca l'inerzia della giustizia. Profilo istituzionale. Stesso profilo della televisione che cerca di documentare e costruisce i commenti instudio dando la parola alle autorità statali. La Stampa esce da questa spirale. Commento affidato a Casalegno, massimo esperto di politica interna. Direttore Ronchey. Parla di pista internazionale ma chiude sugli opposti estremismi. Molte testate usano gli stessi termini: ritorna il “bestiale” usato dal Roma per Annaruma. Lo usa Saragat per alludere a una violenza cieca e disumana. Spadolini: atto fuori dalla tavola dei valori e da ogni dignità politica. Due testate, la Notte e il Tempo, alludono a una guerra fratricida. In questa fase non importa dire chi è stato. Così si può attaccare il sindacato. Tentativo formale di equidistanza ma il significato già è stato imperniato: spazzare via ogni contestazione.
Piazza della Loggia. E' cambiato il mondo. Diversa natura della strage. Giannuli parla di intimidazione. Piazza Fontana strage di depistaggio. PdL strage annunciata nei giorni precedenti con interpellanze dei parlamentari bresciani allarmati dell'attivismo fascista a Brescia. Dodici episodi prima della morte di Ferrari. A partire dall'uccisione di un capo partigiano nell'autunno 1968. Attività dispiegata per anni con bombe e arresti ma che è accelerata da gennaio 1974. Accuse politiche al padronato bresciano. A PF i giornalisti sono ancora servili con le fonte istituzionali (vedi Vespa su Valpreda). In quegli anni profondo ripensamento nella categoria con risveglio democratico nelle redazioni. Evidenze inconfutabili: PF è una strage nera da attribuire ai rossi, e poi il caso Azzi. Prima bomba contro un corteo sindacale. Firma inserita prima della rivendicazione Ordine nero-Anno zero. Il Giornale di Brescia ha un editoriale pedagogico molto duro di condanna della violenza ma con una forte impronta antifascista. Documenta come Brescia oggi la pressione fascista dei giorni precedenti. Richiamo a Taviani: il fascismo non tornerà.
Cambio di linea al Messaggero.Nel 69 reazionario. Stesso direttore ma c'è un altro clima. Giornale laico, filodivorzista. Forte segnale antifascista. Così al Cds col passaggio da Spadolini a Ottone. La 1a pagina dell'Unità: Barbara strage fascista 6 assassinati a Brescia. Un altro titolo chiama alla mobilitazione contro “La mostruosa trama eversiva”. Si proclama uno sciopero generale politico per il giorno dopo. La sinistra reagisce. L?Unità dal marzo 1971 (scoperta golpe Borghese) sollecita la partecipazione, critica i governi ma non va oltre. Il Manifesto chiede in più le dimissioni del governo. Lavoro per l'unità antifascista alla base con la Dc. Nascono i comitati antifascisti permanenti. Per l'Unità è una grande conquista.
Solo il Secolo d'Italia resta fermo sulla vecchia linea: attacca non i comunisti ma l'inerzia dello Stato. Lettura in chiave autoritaria.
Le violenze del giorno dopo sono blandamente condannati dai giornali (tranne il Roma). Nel 69 spaccatura reale. Nel 74 il governo insiste sul profilo antifascista. Dc Pci e Psi sono uniti. Finisce sostanzialmente la strategia della tensione perché non produce più orientamento a destra dell'opinione pubblica. Si capisce che bisogna cercare altre stragi. Cambiamento di linea della Dc accentuata dalla sconfitta referendaria.

1 commento:

  1. Siamo alle solite; la grande stampa e la televisione, quando parlano di stragi, ripetono come dei pappagalli, le solite menate. A Milano ci fu nel 1921 un grave attentato con decine di morti, al teatro Diana. Gli autori anarchici militanti, furono arrestati e condannati. Il capo del commando che provocò il nefando eccidio, fu l'anarchico ferroviere Giuseppe Mariani. Su interessamento di Sandro Pertini, che lo aveva conosciuto in galera, nel 1946, grazie all'intervento congiunto di Pertini e del Ministro di Grazia e Giustizia Palmiro Togliatti, fu fatto uscire di galera. Mariani in tarda età scrisse un libro autobiografico, dal titolo eloquente "Memorie di un ex terrorista".A nessun tramaiolo nero, fontanologo, pistarolo nero, è mai saltato per la mente di addossare le responsabilità della strage del Diana, ai neofascisti, come per le stragi successive del dopoguerra, quando inevitabilmente qualsiasi botto, era necessariamente neofascista! Quando gli storici (non di regime) faranno della ricerca storica libera, non becera e faziosa, si scoprirà che non tutti gli stragisti, sono neofascisti. Temistocle Vaccarella.

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