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Fuori dal cerchio/3 Morani: L'antifascismo è un mito incapacitante

Raffaele Morani è uno dei pochi eletti della compagnia di giro della sinistra dialogante e aperta. Con Nicola Antolini ha in comune le origini regionali (anche se uno è emiliano e l'altro è romagnolo), la lunga militanza nella sinistra storica con responsabilità politiche o istituzionali, alcuni elementi temperamentali che mi piacciono molto (una mitezza non arrendevole, un'ironia non disarmante). E' di oggi una lunga e ricca intervista con i giovani del Blocco studentesco di Firenze. Sono sicuro che se non ci sono impegni rugbistici, domani si presenterà a Ferrara. Intanto ecco l'intervista. E per chi ne avesse voglia e gli fosse sfuggita la mia metarecensione del libro che domani vado a presentare, può rileggersela qui.

Intervista a Raffaele Morani (SEL) 

Raffaele Morani, ormai vicino ai 40 anni, impiegato, grande appassionato di storia, cinema e rugby, collabora a riviste e siti internet, soprattutto su temi di cultura e storia.
Da sempre schierato a sinistra, nel 1991 si iscrive a Rifondazione Comunista, di cui è uno dei fondatori a Faenza, la sua città di adozione, nel corso degli anni è stato consigliere comunale, presidente di circoscrizione e segretario del PRC nella sua città. A causa di alcune sue prese di posizione non proprio “ortodosse” (presentazione di libri di autori di destra con dibattito tra parlamentari di AN e del PRC, richiesta di riapertura del processo per la strage di Bologna, partecipazione ad una messa in suffragio delle vittime delle foibe) al congresso del PRC del 2008 il voto segreto degli iscritti lo esclude dagli organismi dirigenti del partito. Successivamente si allontana dal PRC e si schiera decisamente a favore del dialogo e del confronto con tutti, anche con gli avversari, partecipando a varie iniziative promosse da CasaPound, ricevendo insulti e minacce su vari siti internet dell’area antagonista. Si iscrive nel 2010 a Sinistra Ecologia e Libertà, e viene eletto, nonostante l’opposizione di alcuni “ex PRC” nell’esecutivo del partito della provincia di Ravenna.

Ciao Raffaele, e grazie per averci concesso un po' di tempo per rispondere alle nostre domande. Pochi giorni fa si è celebrato l'anniversario della nascita del Partito Comunista d'Italia. Perché questo evento fu fortemente significativo per la storia politica italiana, e sotto quale ottica lo possiamo oggi analizzare?
L’evento fu significativo perché rappresentò il tentativo italiano di dare agli sfruttati un’organizzazione che potesse organizzare il proletariato per fare la rivoluzione come in Russia e conquistare il potere per eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La storia ha dimostrato che le cose sono andate diversamente, e che in nome della massima libertà è stata costruita una pesante dittatura. Il socialismo reale ha fallito sotto tutti i punti di vista, ma resta il tentativo generoso di organizzare gli sfruttati, lottare per la loro emancipazione. In Italia poi il PCI ha avuto anche differenze significative dal PCUS e dagli altri partiti comunisti, elaborando anche pensieri e modelli originali, come ad esempio le riflessioni di Gramsci, la “via italiana al socialismo” di Togliatti, “l’austerità” e la “questione morale” di Berlinguer. Ci sono stati anche errori pesanti. E’ un bilancio di luci ed ombre che va analizzato senza pregiudizi, con la consapevolezza che è stata un’esperienza figlia del suo tempo, influenzata dai tempi in cui è nata e che non può più essere riproposta come se nulla fosse.
Partiamo subito con una domanda "scomoda". Se ti dico Nicola Bombacci, detto il Lenin di Romagna (la tua terra, per altro), cosa mi dici?
Nicola Bombacci, fu tra i fondatori del PCd’I, poi ne fu espulso perché cercò un avvicinamento tra le due rivoluzioni, quella “sovietica” e quella “fascista”, rivelatosi purtroppo impossibile. Si avvicinò al fascismo e aderì alla Repubblica di Salò fino a diventare uno degli ispiratori della socializzazione e venne fucilato dai partigiani. Una figura tragica, secondo me non fu affatto il supertraditore opportunista dipinto per decenni dalla storiografia di sinistra, fu un rivoluzionario sincero e disinteressato, non condivido il suo percorso e tutte le sue scelte, ma merita il mio rispetto. Andrebbe studiato e conosciuto da tutti, specie ora che bisognerebbe elaborare nuove sintesi per superare la contraddizione capitale-lavoro, anziché riproporre come un mantra le formule dei decenni passati, anzi del secolo scorso. Dovrebbero studiarlo soprattutto i “nostalgici” della falce e martello, che dimenticano come quel simbolo sia stato introdotto in Italia per la prima volta proprio da Bombacci come contrassegno elettorale del PSI nel 1919.
Torniamo all'attualità e parliamo del tuo presente politico. Cosa ti ha spinto a militare in Sinistra Ecologia e Libertà? In cosa la ritieni - se la ritieni - custode di una certa esperienza culturale, ed in cosa, invece, la ritieni un'assoluta novità del sistema politico italiano?
Ho aderito a SEL perché pur nelle sue contraddizioni, visto che ci sono innovazioni ma anche resistenze culturali e vecchie logiche, ritengo sia l’unico posto a sinistra oggi in Italia, dove si possano affrontare senza pregiudizi ideologici i problemi vecchi e nuovi del nostro mondo: capitale e lavoro, immigrazione ed integrazione, globalizzazione ed identità nazionale, diritti civili e sociali, non violenza e lotte di liberazione. Il novecento è finito ma lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo continua ad esserci, secondo me è necessaria una terza via tra l’accettazione supina dei dogmi del libero mercato e la riproposizione nostalgica degli schemi della rivoluzione proletaria di inizio novecento come propone una certa sinistra che definisco “terminata”, sia dal punto di vista ideologico che del consenso. SEL invece parte dall’esperienza della sinistra comunista ed ambientalista e cerca di dare nuove risposte, è una scommessa certo, il tempo dirà se è una scommessa vinta o meno, comunque vale la pena di provarci.

L'ultimo periodo della tua carriera politica è stato segnato da forti critiche perpetrate nei tuoi confronti da parte della cosiddetta sinistra antagonista, cioè da quel fronte che non ha digerito la tua partecipazione a varie conferenze di CasaPound Italia. Quali sono i motivi di questo anacronistico antagonismo militante? Ritieni Sinistra Ecologia e Libertà - e segnatamente il leader Nichi Vendola - un movimento capace di abbandonare questo tipo di logica?
I motivi dovreste chiederli a loro. Comunque più o meno mi si rimprovera di legittimare picchiatori, bombaroli, razzisti, xenofobi e la loro ideologia di morte e distruzione, senza scendere minimamente sugli argomenti affrontati in quegli incontri e senza fare alcune distinzioni tra CasaPound Italia ed altri gruppi, loro sì razzisti, perché in quanto fascisti sono tutti uguali e sono tutti il male assoluto. A me sembrano motivazioni dettate dal pregiudizio e dal rifiuto totale dell’altro da sé, io penso che chi si dice veramente democratico ed antirazzista non può essere contro le discriminazioni di razza e di genere e poi chiedere discriminazioni ideologiche. Politica è confronto, anche aspro ma civile tra persone che la pensano diversamente, per questo partecipo a varie conferenze di CasaPound Italia, un movimento a cui va riconosciuto il tentativo di cercare il confronto con gli altri e di uscire dagli schemi del novecento alla ricerca di nuove sintesi, senza abiure sul passato, che è quello che cerco nel mio piccolo di fare io a sinistra. Per fare un esempio il mio giudizio sulla resistenza è fatto di luci ed ombre ma complessivamente è positivo, anche nel fascismo vedo meriti e demeriti, ma complessivamente esprimo un giudizio negativo. I vostri giudizi suppongo che siano contrari, e allora? Ci sono differenze politiche fra me e voi, ma dopo sessant’anni dalla fine della guerra dobbiamo continuare a non parlarci ed odiarci? Per me è inconcepibile! Su SEL e Nichi Vendola, penso che siano in grado di abbandonare le logiche di cui parlavi all’inizio, certo il cammino non è sempre lineare e gli ostacoli ci sono. 
L'antifascismo può rappresentare nel terzo millennio un "valore assoluto"?
Alla prima iniziative della “destra radicale” a cui partecipai a Torino nel settembre 2008, un dibattito contestato duramente dai Centri Sociali, a cui era presente Gabriele Adinolfi mentre l’altro relatore di sinistra, il giornalista Ugo Maria Tassinari dovette rinunciare, mi presentai come “un antifascista che non accetta in alcun modo l’intolleranza degli antifascisti tardi epigoni degli anni settanta”. Secondo me l’antifascismo è stato importante, ma la guerra è finita da un pezzo. La libertà di espressione è un “valore assoluto”, non la negazione delle idee altrui, indipendentemente dalla condivisione o meno di tali idee. La mia identità di “comunista del terzo millennio” cerco di costruirla giorno per giorno in positivo e non in negativo, partendo dal presupposto che esiste “l’altro” con le sue idee e sensibilità, che non coincidono con le mie, ma che hanno diritto di esistere se si esprimono pacificamente. Ormai l’antifascismo per la sinistra e l’anticomunismo per la destra sono diventati dei “miti incapacitanti” che ti danno un’immagine parziale, mitica e suggestiva della realtà, rassicurante forse, ma restano pur sempre immagini, quindi qualcosa di parziale che ti impedisce di vedere l’essenza profonda delle cose, i processi sociali nella loro interezza, facendoti restare prigioniero del passato.
Qualche mese fa la questura di Prato ha vietato un corteo a Forza Nuova su pressione dei cosiddetti antifascisti militanti; nello stesso periodo a Firenze si è cercato di impedire una conferenza alla quale, tra gli altri, partecipava come relatrice Daniela Santanché. Giudichi queste posizioni come legittime - se sì, legittimate da cosa - oppure come un ostacolo alla libertà d'espressione?
Ti rispondo con una citazione di Che Guevara in cui mi riconosco molto: ” O siamo capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione, o dobbiamo lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza, perché questo blocca il libero sviluppo dell'intelligenza.” Quindi la libertà di espressione ed informazione deve valere per tutti secondo quanto recita l’articolo 21 della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. Una sinistra degna di questo nome per me dovrebbe avere a cuore la giustizia e la libertà per tutti anche per gli avversari, per questo ho firmato l’appello a favore del diritto di manifestazione del Blocco Studentesco il 7 maggio a Roma, e continuo a schierarmi a favore del diritto di manifestazione vostro quando la sinistra si antagonista si oppone. Ma firmerei anche a favore del diritto di manifestazione dei centri sociali, dei musulmani di avere la propria moschea, delle organizzazione omosessuali di poter svolgere il Gay Pride, della storica Alessandra Kersevan di poter presentare i suoi studi sulle foibe, che peraltro non condivido. Tanti piccoli episodi in cui sono invece la destra radicale, leghista o del PDL a mostrare intolleranza e chiusura.
Molti ti definiscono "compagno eretico". Ti ritrovi in questa definizione?
L’eretico è colui che non si accontenta dei dogmi, delle certezze definite dalla religione, o meglio dall’istituzione religiosa, ma ne cerca altre in una continua ricerca. L’eretico si pone molte domande e non si accontenta delle risposte stabilite dagli altri, è colui che “ama” più Dio o gli uomini della Chiesa, venendo spesso condannato alla solitudine e all’isolamento. In questo senso mi sento molto eretico, nella politica come nella religione.
L'ultima domanda riguarda lo sport che ti vede protagonista come allenatore di squadre giovanili e femminile. Pensi che l'esempio del rugby, e i valori che animano chi pratica questo sport (soprattutto lealtà e rispetto dell'avversario), possa essere utile non solo agli sportivi, ma anche a chi decide di intraprendere la militanza politica?
Assolutamente sì. Il rugby non è un semplice sport ma è scuola di vita. Lealtà e rispetto nei confronti dell’avversario e dei compagni, ma anche dell’arbitro. Sostegno, che vuol dire aiutare il compagno in difficoltà, sono valori che non dovrebbero mancare a nessuno. Sono valori utilissimi per tutti, specie per chi decide di dedicare il proprio tempo alla politica che è un servizio a favore della comunità. Purtroppo il più delle volte in politica io non vedo veri “sportivi” ma “tifosi” della peggior specie, gente che pensa che le regole debbano valere solo per gli altri, che l’arbitro sia sempre in malafede e lavori per “il nemico”, e che la propria squadra sia sempre la migliore qualsiasi cosa faccia, anche le peggiori porcate o simulazioni di falli, che anzi se a farli sono i tuoi sono cosa buona e giusta o segno di furbizia. Bisogna cambiare mentalità, ci vorrebbe una vera rivoluzione culturale nello sport, nella politica, nella vita di tutti i giorni.

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