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Fioravanti capobanda: alla fine la colpa è di Fiore- 4

La traiettoria umana di Valerio Fioravanti è nota: la condizione di divo bambino cresciuto in una famiglia inaffettiva lo costringe a indurirsi. La sua scelta di campo, dalla parte dei reietti, è legata a una dinamica familiare e di concorrenza mimetica con il fratello minore, che a 12 anni è già impegnato nelle battaglie di strada a Monteverde.
Non desta quindi nessuna meraviglia che Valerio riesca a diventare capo della più temibile banda della guerriglia nera senza aver, sostanzialmente, alcuna esperienza di militanza politica. La banda Fioravanti, in fin dei conti, nasce per un clamoroso errore di valutazione commesso da Roberto Fiore.
All'inizio del 1980, infatti, Valerio è sostanzialmente isolato ed è il capo di Terza posizione a permettergli di rompere questa condizione, affidandogli la supplenza del nucleo operativo, uscito completamente decapitato dal "dicembre nero". Il vice di Nistri, Giorgio Vale, è giovanissimo (18 anni) ed è considerato non all'altezza del compito di sostituirlo anche se gli sono riconosciute grandi qualità di lealtà, dedizione e impegno. Così, convinto di poterlo gestire, Fiore chiede a Fioravanti di fargli da mentore, sicuro di mantenere il controllo della situazione. Si sbaglia di grosso. Perché sarà proprio il gruppo di fuoco tippino a innervare il Nar che fa capo a Fioravanti. Una banda composta da una decina di persone, in assetto variabile: i fratelli Fioravanti (con Cristiano che va e viene, facendo comunque danni), due ex del Fuan (Francesca Mambro e Gabriele De Francisci), un ex Cla (Cavallini) e ben cinque tippini (Vale, il capozona del quartiere Trieste Dario Mariani e tre ragazzini del nucleo operativo, Belsito, Ciavardini e Soderini, che hanno tra i 17 e i 18 anni).
L'idea di uno scontro frontale tra la banda e il vertice politico di Tp, che poi prende la forma del progetto di sterminio da parte di Fioravanti, è legata alla tragedia di Ciccio Mangiameli. Anche se l'attacco al Giulio Cesare espone a seri rischi Terza posizione, la leadership del gruppo non è convinta della natura deliberatamente provocatoria dell'iniziativa. Tant'è che  Mangiameli, nel corteggiare politicamente il suo vecchio sodale Enrico Tomaselli, in fase di sogno guerrigliero, lascia correre l'idea che siano stati loro i responsabili dell'azione. E quando Ciavardini è scaricato da Fioravanti e C. per una cazzata disciplinare subito dopo la strage di Bologna, l'organizzazione non esita a farsi carico della sua latitanza doppiamente difficile (è accusato dell'omicidio di un poliziotto, ha un carattere assai sfrenato).
Dal suo canto, senza tema di essere smentito, Fioravanti respingerà le accuse di Sparti sulla richiesta di documenti per la latitanza sostenendo che non a lui e a Francesca servivano ma che gli erano stati chiesti a fine agosto per Fiore e Adinolfi, appena colpiti da mandato di cattura nel primo blitz per la strage di Bologna.
Alla fine dei conti neanche lo strappo terribile del delitto Mangiameli segnerà la rottura definitiva. Perché i legami cementati nell'esperienza umanamente calda di Terza posizione resisteranno anche a quest'infamia. Uscito dal carcere, Nistri, che resterà nemico giurato di Fioravanti e Mambro, prenderà per buone le giustificazioni di Vale sulla sua partecipazione "involontaria" a quel delitto a tradimento e con lui riprenderà un rapporto intenso, che si spingerà finanche a fornire assistenza a Francesca. Ma con il ritorno in campo di Nistri siamo già alla fase 4 dei Nar. Di cui parleremo nella prossima puntata (4-continua)
PS Intanto qui puoi leggere la prima, la seconda e la terza parte.

2 commenti:

  1. oltre che non all'altezza per la giovane età e l'inesperienza, fiore non considerava Giorgio Vale degno di diventare leader perchè mulatto...

    Massimo.

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  2. Eventualmente l'affermazione va addebitata - prendendo per buona la fonte originale, cioè Fioravanti&Mambro - a Mangiameli, non a Fiore ...

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