Sisto di Borbone, il carlista nero
Sisto nero: la storia di un Borbone e dei suoi rapporti con l’eversione in Spagna di Antonella Beccaria
da La voce delle voci
La sua morte, avvenuta a Barcellona il 18 agosto scorso, è passata in pratica sotto silenzio, rispetto a quelle più ricordate a mezzo stampa di Giovanni Ventura e Francesco Cossiga. E altrettanto è accaduto con la sua tumulazione, avvenuta qualche giorno più tardi a Parma, nella basilica di Santa Maria della Steccata, dove già alcuni dei suoi avi sono stati sepolti.
Era un personaggio dimenticato della recente storia italiana, Carlo Ugo di Borbone-Parma, una vita trascorsa tra la Francia e soprattutto la Spagna, dove negli anni Sessanta riuscì a inimicarsi il fronte filo-realista dei carlisti, fallì nella gestione dei suoi rapporti con il dittatore iberico Francisco Franco e ruppe con la famiglia per essersi avvicinato a istanze che si ispiravano al socialismo jugoslavo di Tito. Ma nemmeno ci si ricordò che, negli anni Settanta, tornò al carlismo per traghettarlo verso istanze democratiche post-franchiste e che suoi uomini, collaboratori a lui vicino in questo progetto, vennero assassinati il 9 maggio 1976 nel massacro di Montejurra, la cui responsabilità fu addossata all’estrema destra spagnola e ad alcuni neofascisti italiani, tra cui Stefano Delle Chiaie.
I fatti di Montejurra, per Carlo, rientravano in un conflitto non solo politico, ma anche familiare. Un conflitto che poneva su due fronti opposti lui e suo fratello Sixto, di dieci anni più giovane (nacque nel 1940) e con frequentazioni ben più radicali. Sostenitore del leader francese del Fronte Nazionale, Jean-Marie Le Pen, tra le sue frequentazioni annoverava l’arcivescovo scomunicato da Giovanni Paolo II Marcel Lefebvre e dal 1977, anno della morte del padre, scalzò il fratello assumendo il titolo di “portabandiera della tradizione” e della reazione carlista.
Del resto, nel corso della sua vita (che prosegue oggi in Argentina, pur avendo rinunciato a gran parte delle sue uscite pubbliche a causa delle conseguenze di un incidente stradale), non furono poche le occasioni in cui compì scelte in linea con le sue posizioni di destra. Iscrittosi nel 1965 alla legione straniera spagnola con il nome di Enrique Aranjuez, per quanto riguarda gli eventi di Montejurra, gli uomini – armati dalle frange filofranchiste della Guardia Civil – che spararono sulla folla erano a lui vicini. Compreso lo stesso Delle Chiaie, che con don Sisto aveva anche una conoscenza in comune: quella di Yves Guerin Serac, a capo dell’Aginter Press, agenzia di stampa attiva in Portogallo dal 1962 al 1974 la cui reale attività era il coordinamento europeo delle forze anticomuniste e ultra-atlantiche, l’infiltrazione delle organizzazioni di sinistra ed estrema sinistra e la copertura per attività golpiste e terroristiche.
Le testimonianze fotografiche del massacro del 1976 – descritte in dettaglio dalla sentenza per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio, assassinato quello stesso anno a Roma da Pierluigi Concutelli – hanno lasciato pochi dubbi circa le presenze quel giorno. Oltre a don Sisto e a delle Chiaie (”nominato” in quell’occasione dal stesso Borbone generale sul campo, in base a quanto disse Gaetano Orlando del Movimento armato rivoluzionario), c’era anche Augusto Cauchi, esponente di Ordine Nero, vicino ad ambienti del Sid (i servizi segreti militari pre-riforma del 1977) e della Cia e ritenuto snodo di collegamento tra l’eversione di estrema destra e la P2 di Licio Gelli.
Ma i rapporti accertati del principe Sisto di Borbone con ambienti estremisti italiani non si limiteranno a questi fatti. Presidente dell’Irep (Istituto europeo di ricerche e di studi politici e sociali), il nobile farà produrre una rivista, “Confidential”, tradotta in varie lingue e diffusa in Italia da Mario Tilgher, esponente del Grande oriente d’Italia e della loggia P2 con tessera numero 84. Quando la rivista prese vita, era l’inizio degli anni Ottanta, il periodo in cui don Sisto era sospettato di aver avuto a che fare con l’attentato alla sinagoga parigina di rue Copernic, avvenuto il 3 ottobre 1980 e che registrò un bilancio di quattro vittime e una trentina di feriti (in seguito le indagini si sono concentrate su militanti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina e ancora nel 2008 sono stati effettuati degli arresti).
Una perquisizione dell’estate 1981 della sede francese dell’Irep portò al ritrovamento di uno schedario chiamato “Militanti di Ordine nuovo”. I dossier che ne facevano parte erano custoditi dentro una scatola di legno ed erano indicizzati per nome e per nazionalità (i Paesi citati comprendevano tra gli altri Italia, Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Belgio, Spagna, Germania, Svizzera, Lussemburgo, Principato di Monaco) e l’ipotesi che gli investigatori fecero è che si trattasse dell’archivio dell’ordinovista Clemente Graziani. Ma c’è un’altra sede, questa volta in Italia, che attirò l’attenzione degli inquirenti. Si trattava della redazione romana della rivista Confidential, che si trovava in via Alessandria 129. Sempre a questo indirizzo si sarebbe nascosto l’arsenale dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari, oltre alle scorte di denaro del gruppo terroristico capitolino. E sempre qui venne arrestato Roberto Nistri, uno dei leader di Terza Posizione, indicato come una delle persone dalle cui mani sarebbe transitato un silenziatore che fece il suo ingresso nelle indagini sull’omicidio di Valerio Verbano. Ma Nistri in quel periodo era in carcere per una questione di armi.
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Così Antonella Beccaria su "La voce delle voci" di dicembre. Una precisazione a finale: la sede della rivista era ospitata nei locali dell'agenzia di assicurazione di Tilgher mentre nei locali al piano terra (o era uno scantinato) sempre nella disponibilità del leader avanguardista Dimitri aveva parcheggiato la sua quota di bottino della rapina all'Omnia sport più altri pezzi affidatigli da Fioravanti. E lì furono sorpresi Dimitri, Nistri e Montani la sera del 14 dicembre mentre spostavano appunto i borsoni.
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