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Reggio Calabria: fu rivolta di popolo o ...?


Nello sbarcare in Calabria, Piero Sansonetti ha fatto un'operazione intelligente. Cogliendo l'occasione del quarantennale della rivolta di Reggio ha aperto un dibattito per restituirne la storia in chiave meridionalista, sull'onda dei movimenti paraleghisti in crescita anche al Sud. Fu una rivolta fascista? Allora, per Adriano Sofri e i militanti dell'Unione, no. Per la sinistra ufficiale, sì. Oggi un gruppo di sindacalisti della Cgil contestano Sansonetti in nome di quella convinzione.

 La scelta del direttore di "Calabria ora" di mettere in discussione finanche la grande marcia sindacale del 22 ottobre 1972, per la "riconquista" della città (ricordate: quella delle bombe sui treni immortalata dalla splendida canzone di Giovanna Marini) gli ha scatenato contro le critiche di Saverio Ferrari, inossidabile difensore della intransigenza antifascista.
Il dibattito suscitato da Sansonetti non è privo di pregio. E' di ieri il contributo di Spartaco Pupo, trentaseienne docente di Storia delle dottrine politiche all'Università di Calabria. Uno che nel 1970 non era era neanche nato. Esponente cosentino del Pdl, Pupo proviene dai ranghi di Azione giovani e fa parte della prima generazione politica di militanti post-fascisti.

L'attualità delle ragioni dei "boia chi molla" 

contro potentati feudali e vecchia politica calabrese

È lodevole l’iniziativa del direttore di Calabria Ora di aprire uno spazio di riflessioni e proposte sui problemi più importanti dello scenario sociale e politico calabrese. Uno spazio “aperto”, in linea con la storia personale di Sansonetti e con quel pluralismo delle idee che in questo Paese non ha mai preso il volo a causa del fardello culturale che ancora ci portiamo dietro dal Novecento e che è il “monismo” della verità unica.    
È vero che le cronache degli ultimi anni non hanno fatto altro che rafforzare il già dilagante senso di “estraneamento” del Mezzogiorno e, in particolare, della Calabria, dal resto del Paese. Ma è altrettanto vero che le vie di fuga dalla nostra realtà sono sempre le stesse da secoli: emigrazione di massa, chiusura localistica, resa civica.
La questione meridionale si riapre, ammesso che si sia mai chiusa, in tutta la sua complessità. Ed è ingenuo pensare che i contributi alla sua soluzione potrebbero venire dalla secessione o dalle estemporanee forme di meridionalismo militante (e troppo spesso ipocrita) o dalle tesi approssimative di quanti si ostinano ad addebitare il ritardo economico del Sud alla mentalità, alle tradizioni e agli stili di vita dei meridionali.
È bene, tuttavia, evitare di continuare a nascondere o a giustificare, dietro la denuncia delle responsabilità dello Stato nazionale unitario, i mali cronici della società meridionale e calabrese, come la mancanza di fiducia nei propri mezzi, il pessimismo, il pianto e l’autocommiserazione, che spengono sul nascere qualsiasi aspettativa d’innovazione e di crescita.
All’emarginazione geografica, sociale e culturale della Calabria ha sin contribuito buona parte della classe politica locale, interessata esclusivamente al mantenimento dello “status quo”, alla conservazione di nicchie di potere e restia a ogni barlume di sprovincializzazione, a ogni visione larga, per non dire europeistica, dell’agire politico.
Tanti possono essere i vizi della Calabria, ma una delle piaghe più grandi, oltre all’influenza della ‘Ndrangheta, è sempre stata la dipendenza da Roma, per lo più dovuta all’incapacità di far da sé, all’imitazione di modelli “altri”, come nel caso dell’industrializzazione, fallita, peraltro, sul nascere.
Una piaga, questa, che il federalismo fiscale potrà alleviare ma a una sola condizione: che la Calabria cambi la sua classe politica, iniziando dall’abbattimento dei vecchi potentati locali, residuati di una politica totalitaria che da sempre controllano ogni aspetto della vita del cittadino, finanche della sfera privata. Il distacco del popolo dalle istituzioni, in Calabria, si mantiene ancora ampio proprio perché questi potentati, sin qui tutelati da una burocrazia sottomessa e fiancheggiati da un ceto intellettuale pressoché asservito, hanno mirato esclusivamente a tenersi ben stretto l’unico mezzo di contatto con la gente: il clientelismo. Lo sfruttamento del bisogno a fini clientelari rimane la principale fonte di sostentamento di questo ceto politico vecchio e inadeguato, che in molte zone della Calabria, anche in quelle più sviluppate, si perpetua sempre identico a se stesso, a protezione di fortilizi clientelari, come se il feudalesimo non si fosse mai estinto.
La rivolta di Reggio Calabria, che in molti descrivono superficialmente come mero fenomeno di destra, fu in realtà un avvenimento dall’intensa partecipazione di popolo, all’insegna, perché no, di quella “democrazia partecipativa” tanto cara agli ambienti intellettuali della sinistra “radical”. I “boia chi molla” superarono il livello della rappresentanza parlamentare considerandolo inutile allo scopo della tutela degli interessi del territorio, abbattendo le recinzioni di una Calabria “feudale” in mano a poche famiglie. A non voler “mollare” non era tanto il Ciccio Franco più o meno impostato ideologicamente quanto il popolo nella sua interezza, indifferenziato, trasversale, interclassista, che lottava e richiamava su di sé e sulla Calabria intera, scopertasi improvvisamente “moderna”, l’attenzione di un Paese distante, indifferente, se non proprio avverso.
Molte delle recriminazioni di allora rimangono, purtroppo, attuali, ma il cambiamento è cominciato, e solo chi si ostina a nascondersi dietro il pregiudizio ideologico o dietro l’interesse di clan può far finta di non vederlo. Con il ricambio della classe politica, che è in atto, sarà più facile garantire l’intercettazione del consenso sulla base di capacità e programmi, nell’interesse vero della collettività e non più e non solo attraverso il voto di scambio. Con un’amministrazione trasparente della cosa pubblica, che travalichi ogni concezione privatistica del bene comune e sia la più diretta conseguenza del ricambio generazionale, sarà più facile creare ciò che maggiormente serve in questo momento alla Calabria: l’“etica pubblica”. Occorre ricostruire dalle fondamenta un’“etica calabrese”. Certo, non è facile, ma siamo più agevolati se iniziamo col ricercarla nella moralità residuale della nostra antica società mediterranea, leale, ospitale, solidale e forte di una coscienza identitaria, di uno spirito comunitario che quando è stato necessario è venuto fuori con il vigore dei popoli forti.
Spartaco Pupo 
Docente di Storia delle dottrine politiche - Unical  

4 commenti:

  1. Condivido una riconsiderazione revisionista della rivolta di Reggio Calabria. Non condivido affatto il giudizio positivo di Pupo sul federalismo fiscale (che è l'ennesima truffa leghista) né il giudizio sprezzante sul "meridionalismo militante". Il riscatto del meridione non verrò certo dagli esponenti locali del partitume nazionale (tra i quali va posto naturalmente lo stesso Pupo).

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  2. Io invece reputo che il problema del sud Italia sia con questa politica insolubile. Forse una alternativa c'è;precisamente quella già proposta, un decennio scorso, da uno dei leader più intelligenti, della Lega nord, Pagliarini.Una separazioni consensuale del nord dal sud, per evitare una sanguinosa guerra civile, che vedrebbe i vertici dello stato, ampiamente meridionalizzato,una casta di burocrati, salita ai vertici per clientelismo e non per capacità, comandare una repressione dell'emancipazione del nord dal sud.Il sud è una zavorra, è un cappio al collo;esso potrebbe entrare a far parte di una economia debole, con altri paesi come il Portogallo e la Grecia. Il sud Italia non è una realtà mitteleuropea, ma nord africana, cultura,religiosità,stili di vita sono inconciliabili e alla fine esiziali per il nord.Separazione consensuale ognuno per la sua strada.In sessanta anni il nord si è dissanguato con continui finanziamenti al sud; un pizzo di stato che è servito solo alla criminalità organizzata, collusa coi politici locali.Ciano nel suo celebre diario, ha scritto che Mussolini, appreso dei pesanti bombardamenti subiti da Napoli, se ne rallegrò, perché disse, avrebbe reso i napoletani più coriacei; aggiungendo che nel dopo guerra, avrebbe provveduto a rimboschire il sud per cambiarne il clima.Per dirla con Borghezio (ex Giovane Europa) Mussolini un grande padano!T.V.

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  3. qualcuno parla come i problemi effettivi di cercarsi un lavoro con dignita' e onesta' e un proprio futuro costruendosi una propria famiglia NON esistessero proprio ( al Sud certamente molto di piu' ma anche al nord) e ne vedo la riconferma. Va tutto benissimo e i problemi sono stati TUTTI risolti, sopratutto quello dell''immondizia in Campania e dei terremotrati senza casa a L'Aquila. NON esiste nessun problema, e' tutto perfetto ed in ordine.....Madame la marquise!

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  4. Salve, vi leggo giornalmente ma raramente partecipo ( per es. mio ultimo commento sul trentennale di Nanni De Angelis). Sono calabrese di un paese vicino reggio Calabria, all'epoca dei fatti avevo 7 anni e mio cugino 3, io vivevo da 1 anno a Roma e ricordo ancora un pò i tg dell'epoca e di come la politica abbia voluto avocare quei fatti alla destra dell'epoca.

    Con mio cugino abbiamo prodotto, con l'apporto determinante di un piccolo finanziamento del Comune di reggio Calabria 3 anni fà, un film lungometraggio su quei fatti raccontandoli attraverso una storia dei nostri giorni ed inserendo anche spezzoni RAI dell'epoca.

    La nostra conclusione fu , così come scrive il Docente dell'Unical Spartaco Pupo, che la rivolta di Reggio Calabria, fu principalmente una rivolta di popolo, che venne abbandonato a se stesso dalle Istituzioni, le quali non mantennero la promessa di Reggio capoluogo, a favore di Catanzaro. La sinistra se ne lavò le mani e l'MSI ne prese (secondo me con scarsa convinzione), le parti.

    Tra l'altro, le false promesse continuarono, perchè quasi per farsi perdonare, le Istituzioni promisero la costruzione del Polo Siderurgico a Gioia Tauro che avrebbe portato lavoro e benessere.......ma quel Polo non venne mai edificato , al suo posto, come contentino alle popolazioni prese in giro venne creato il Porto di Gioia Tauro...

    Il titolo del film è LIBERARSI - FIGLI DI UNA RIVOLUZIONE MINORE , regia di Salvatore Romano, su internet si trova notizia. Il film proiettato anche alla Casa del Cinema a Roma, ha ottenuto un ottimo successo nelle proiezioni effettuate nelle scuole , non solo in Calabria , ma anche in alcune regioni del Nord.

    Saluti

    Matteo

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