Quel filo nero dal Brabante all'Emilia Romagna
In questo articolo per il Secolo d'Italia, Massimiliano Griner presenta la ricerca di Antonella Beccaria sulla banda del Brabante Vallone, gli antesignani dei nostri poliziotti della Uno Bianca
di Massimiliano Griner
Quattro anni di rapine e gratuita spietatezza. Ventotto morti ammazzati. Un assalto a un supermercato in un sabato prefestivo che termina con otto vittime innocenti. Banditi spietati per lucida scelta, che anziché fuggire all’arrivo della polizia, la attendono per tenderle un agguato. È il bilancio in estrema sintesi dell’attività della banda del Brabante Vallone, una delle più misteriose e inquietanti compagnie di ventura criminali del novecento europeo.
A fare luce su questa intricata vicenda accaduta in Belgio sarà il documentario di una giovane studiosa che seguiamo con attenzione, Antonella Beccaria, già autrice di libri come Attentato imminente, dedicato all’affaire Juliano e di E rimasero impuniti, sull’impunità degli assassini di Roberto Calvi, entrambi puntualmente recensiti su queste pagine.
Volendo fare un paragone con l’Italia, ci spiega Beccaria, potremmo pensare alla quasi coeva banda della Uno bianca, composta da poliziotti in forza alla questura di Bologna. «Stessa violenza, stessa pratica delle rapine, un agguato ai carabinieri che finisce in una mattanza, una scia di morti leggermente inferiore. Ma la stessa sensazione, nei due casi, di qualcosa di oscuro, di intangibile, di misterioso.»
Già, perché se in Italia i fratelli Savi e i loro sodali, pur godendo di indubbie protezioni che ne hanno ritardato la cattura (protezioni cercate solo in commissione stragi, perché le risultanze giudiziarie le hanno escluse in modo poco convincente), sono finiti dietro le sbarre, della banda del Brabante Vallone non sappiamo quasi nulla. Sono rimaste nella memoria collettiva dei belgi le violenze, gli ammazzamenti, le stragi, sempre gratuite, a fronte di bottini modestissimi. Ma, nell’arco di più di vent’anni dall’ultima apparizione della banda, non è mai stato arrestato nessun esponente, non c’è mai stato nessun informatore né pentito a fare un po’ di luce. Solo una manciata di identikit, finora inutili, e un unico denominatore comune in tutte le imprese: un uomo molto alto, ribattezzato dalla stampa il gigante, che dava ordini agli altri brandendo un fucile a pompa di fabbricazione italiana. Tutto ciò, in un piccolo paese come il Belgio, è una ferita insanabilmente aperta, paragonabile alle nostre stragi irrisolte e senza colpevoli. Per questo recentemente è stato istituito un team investigativo appositamente vocato, con l’obiettivo di venire a capo del mistero. Un team che dovrà correre contro il tempo, per evitare che la prescrizione, ormai prossima, garantisca impunità ai protagonisti ignoti di queste torbide vicende.
Beccaria è convinta che il paragone con la banda della Uno bianca vada portato più in là. La banda del Brabante Vallone, nella sua interpretazione, è stato uno strumento della strategia della tensione in versione belga. In Italia, ci dice, la strategia della tensione fu un fenomeno complesso volto a tenere lontano dal potere le sinistre nel periodo del loro massimo storico, gli anni settanta. «In Belgio, paese di minore importanza strategica, dove il comunismo è sempre stato minoritario, la strategia della tensione è un fenomeno degli anni ottanta, più mirato. Il suo obiettivo non dichiarato era contrastare a ogni costo il movimento pacifista locale, che si opponeva all’installazione nel paese di missili nucleari a lunga gittata in funzione antisovietica.»
L’ipotesi che Beccaria sta seguendo è che la banda del Brabante Vallone abbia goduto di appoggi considerevoli da parte della Stay-Behind belga, e che a questo appoggio – tuttora valido, dato la mancata individuazione degli assassini – si debba la sua sostanziale, inscalfibile impunità.
Una vicenda esclusivamente belga? Beccaria è convinta di no, e annovera i vari addentellati che ha scoperto nel corso della sua ricerca. Il Belgio è in realtà un crocevia mai battuto di vicende dal respiro internazionale, e potrebbe aiutarci a comprendere episodi squisitamente nostrani. Qualche esempio? Quel Gaetano Orlando, braccio destro del capo del MAR Carlo Fumagalli, che in fuga dalla Spagna, dove ha incontrato Stefano Delle Chiaie, finisce proprio a Bruxelles. Qui ha un incontro a cui partecipa un ufficiale della Nato. Argomento del “pranzo di lavoro”? La pianificazione di un traffico d’armi in Africa, attraverso le ex colonie conquistate da Leopoldo II. Oppure Marco Pisetta, ufficialmente il primo pentito delle BR, che dopo infinite traversie trova rifugio a Bruxelles, certo non casualmente, dove muore nel 1990. O ancora, i membri della scuola di lingue Hyperion, sospetto luogo da cui viene condotta la sovversione in Italia, che da Parigi si spostano nella capitale belga, dove fondano un altro istituto.
Nell’oscuro retrobottega di questa vicenda si muove anche una figura poco conosciuta, ma risaputa a chi conosce i fatti più neri della strategia della tensione italiana, l’estremista di destra Elio Ciolini. È l’uomo che agli inizi degli anni ’80 ha tradito Delle Chiaie in America Latina, tentando di farlo cadere in un’operazione di polizia dietro cui si celava un agguato mortale. Beccaria ci racconta che ricompare miracolosamente proprio in Belgio, dove, sotto il falso nome di colonnello Bastiani, si infiltra nella banda di Patrick Haemers, il Vallanzasca belga, che ha avuto indubbi collegamenti operativi, tutti da approfondire, tutti mai approfonditi, con la banda del Brabante Vallone.
Haemers, specializzato nell’assalto al tritolo contro portavalori blindati, è noto per aver messo a segno nel 1989 il sequestro dell’ex primo ministro Paul Vanden Boeynants, conosciuto nel suo paese con il diminutivo VDB. Un sequestro, ci spiega la studiosa, che ha molte somiglianze con quello, notoriamente fasullo, di Michele Sindona, fatto per togliere dai guai il sequestrato più che per estorcergli un ricatto.
Un riscatto per la liberazione di VDB però fu pagato. Il denaro arrivò da Israele, portato da uomini del Mossad. Molto probabilmente in cambio della sotterranea collaborazione del Belgio con lo stato ebraico. In fondo Bruxelles ha praticamente il monopolio non solo dei diamanti provenienti dalle sue ex colonie, ma anche dell’uranio, un elemento che fa gola a ogni stato dotato di un potenziale nucleare. Come Israele. Haemers purtroppo non può aiutarci a chiarire il ruolo che ha giocato nell’affaire VDB, né chiarire i suoi rapporti con la banda del Brabante Vallone. È morto in carcere, nel 1993, impiccandosi a un calorifero alto poco più di un metro, dopo aver svolto il suo utile ruolo.
Per Beccaria non sarà semplice completare il suo documentario, interamente autofinanziato. In attesa di completare un secondo giro di interviste in Belgio, dove si è già recata a più riprese, attualmente sta lavorando a un instant book sulle propalazioni di Cossiga, dal piano Solo a Ustica, passando per l’oscuro episodio dell’abbattimento dell’aereo dei servizi Argo 16. Lo pubblicherà Paolo Cucchiarelli, nella collana che cura per l’editore romano Nutrimenti. È convinta, a nostro giudizio a ragione, che esaminarle criticamente nel loro complesso, sfruttando la recente scomparsa del presidente emerito, ci consegnerà un quadro più nitido di quel periodo buio.
(c) Secolo d'Italia, 2010
di Massimiliano Griner
Quattro anni di rapine e gratuita spietatezza. Ventotto morti ammazzati. Un assalto a un supermercato in un sabato prefestivo che termina con otto vittime innocenti. Banditi spietati per lucida scelta, che anziché fuggire all’arrivo della polizia, la attendono per tenderle un agguato. È il bilancio in estrema sintesi dell’attività della banda del Brabante Vallone, una delle più misteriose e inquietanti compagnie di ventura criminali del novecento europeo.
A fare luce su questa intricata vicenda accaduta in Belgio sarà il documentario di una giovane studiosa che seguiamo con attenzione, Antonella Beccaria, già autrice di libri come Attentato imminente, dedicato all’affaire Juliano e di E rimasero impuniti, sull’impunità degli assassini di Roberto Calvi, entrambi puntualmente recensiti su queste pagine.
Volendo fare un paragone con l’Italia, ci spiega Beccaria, potremmo pensare alla quasi coeva banda della Uno bianca, composta da poliziotti in forza alla questura di Bologna. «Stessa violenza, stessa pratica delle rapine, un agguato ai carabinieri che finisce in una mattanza, una scia di morti leggermente inferiore. Ma la stessa sensazione, nei due casi, di qualcosa di oscuro, di intangibile, di misterioso.»
Già, perché se in Italia i fratelli Savi e i loro sodali, pur godendo di indubbie protezioni che ne hanno ritardato la cattura (protezioni cercate solo in commissione stragi, perché le risultanze giudiziarie le hanno escluse in modo poco convincente), sono finiti dietro le sbarre, della banda del Brabante Vallone non sappiamo quasi nulla. Sono rimaste nella memoria collettiva dei belgi le violenze, gli ammazzamenti, le stragi, sempre gratuite, a fronte di bottini modestissimi. Ma, nell’arco di più di vent’anni dall’ultima apparizione della banda, non è mai stato arrestato nessun esponente, non c’è mai stato nessun informatore né pentito a fare un po’ di luce. Solo una manciata di identikit, finora inutili, e un unico denominatore comune in tutte le imprese: un uomo molto alto, ribattezzato dalla stampa il gigante, che dava ordini agli altri brandendo un fucile a pompa di fabbricazione italiana. Tutto ciò, in un piccolo paese come il Belgio, è una ferita insanabilmente aperta, paragonabile alle nostre stragi irrisolte e senza colpevoli. Per questo recentemente è stato istituito un team investigativo appositamente vocato, con l’obiettivo di venire a capo del mistero. Un team che dovrà correre contro il tempo, per evitare che la prescrizione, ormai prossima, garantisca impunità ai protagonisti ignoti di queste torbide vicende.
Beccaria è convinta che il paragone con la banda della Uno bianca vada portato più in là. La banda del Brabante Vallone, nella sua interpretazione, è stato uno strumento della strategia della tensione in versione belga. In Italia, ci dice, la strategia della tensione fu un fenomeno complesso volto a tenere lontano dal potere le sinistre nel periodo del loro massimo storico, gli anni settanta. «In Belgio, paese di minore importanza strategica, dove il comunismo è sempre stato minoritario, la strategia della tensione è un fenomeno degli anni ottanta, più mirato. Il suo obiettivo non dichiarato era contrastare a ogni costo il movimento pacifista locale, che si opponeva all’installazione nel paese di missili nucleari a lunga gittata in funzione antisovietica.»
L’ipotesi che Beccaria sta seguendo è che la banda del Brabante Vallone abbia goduto di appoggi considerevoli da parte della Stay-Behind belga, e che a questo appoggio – tuttora valido, dato la mancata individuazione degli assassini – si debba la sua sostanziale, inscalfibile impunità.
Una vicenda esclusivamente belga? Beccaria è convinta di no, e annovera i vari addentellati che ha scoperto nel corso della sua ricerca. Il Belgio è in realtà un crocevia mai battuto di vicende dal respiro internazionale, e potrebbe aiutarci a comprendere episodi squisitamente nostrani. Qualche esempio? Quel Gaetano Orlando, braccio destro del capo del MAR Carlo Fumagalli, che in fuga dalla Spagna, dove ha incontrato Stefano Delle Chiaie, finisce proprio a Bruxelles. Qui ha un incontro a cui partecipa un ufficiale della Nato. Argomento del “pranzo di lavoro”? La pianificazione di un traffico d’armi in Africa, attraverso le ex colonie conquistate da Leopoldo II. Oppure Marco Pisetta, ufficialmente il primo pentito delle BR, che dopo infinite traversie trova rifugio a Bruxelles, certo non casualmente, dove muore nel 1990. O ancora, i membri della scuola di lingue Hyperion, sospetto luogo da cui viene condotta la sovversione in Italia, che da Parigi si spostano nella capitale belga, dove fondano un altro istituto.
Nell’oscuro retrobottega di questa vicenda si muove anche una figura poco conosciuta, ma risaputa a chi conosce i fatti più neri della strategia della tensione italiana, l’estremista di destra Elio Ciolini. È l’uomo che agli inizi degli anni ’80 ha tradito Delle Chiaie in America Latina, tentando di farlo cadere in un’operazione di polizia dietro cui si celava un agguato mortale. Beccaria ci racconta che ricompare miracolosamente proprio in Belgio, dove, sotto il falso nome di colonnello Bastiani, si infiltra nella banda di Patrick Haemers, il Vallanzasca belga, che ha avuto indubbi collegamenti operativi, tutti da approfondire, tutti mai approfonditi, con la banda del Brabante Vallone.
Haemers, specializzato nell’assalto al tritolo contro portavalori blindati, è noto per aver messo a segno nel 1989 il sequestro dell’ex primo ministro Paul Vanden Boeynants, conosciuto nel suo paese con il diminutivo VDB. Un sequestro, ci spiega la studiosa, che ha molte somiglianze con quello, notoriamente fasullo, di Michele Sindona, fatto per togliere dai guai il sequestrato più che per estorcergli un ricatto.
Un riscatto per la liberazione di VDB però fu pagato. Il denaro arrivò da Israele, portato da uomini del Mossad. Molto probabilmente in cambio della sotterranea collaborazione del Belgio con lo stato ebraico. In fondo Bruxelles ha praticamente il monopolio non solo dei diamanti provenienti dalle sue ex colonie, ma anche dell’uranio, un elemento che fa gola a ogni stato dotato di un potenziale nucleare. Come Israele. Haemers purtroppo non può aiutarci a chiarire il ruolo che ha giocato nell’affaire VDB, né chiarire i suoi rapporti con la banda del Brabante Vallone. È morto in carcere, nel 1993, impiccandosi a un calorifero alto poco più di un metro, dopo aver svolto il suo utile ruolo.
Per Beccaria non sarà semplice completare il suo documentario, interamente autofinanziato. In attesa di completare un secondo giro di interviste in Belgio, dove si è già recata a più riprese, attualmente sta lavorando a un instant book sulle propalazioni di Cossiga, dal piano Solo a Ustica, passando per l’oscuro episodio dell’abbattimento dell’aereo dei servizi Argo 16. Lo pubblicherà Paolo Cucchiarelli, nella collana che cura per l’editore romano Nutrimenti. È convinta, a nostro giudizio a ragione, che esaminarle criticamente nel loro complesso, sfruttando la recente scomparsa del presidente emerito, ci consegnerà un quadro più nitido di quel periodo buio.
(c) Secolo d'Italia, 2010
Dalla inchiesta giudiziaria fatta dalla magistratura bolognese (una vero e proprio soviet) non è emersa nessuna, dico nessuna, trama nera. I poliziotti banditi erano una banda di malfattori, che colpivano nel mucchio ma era soprattutto interessati al denaro.Ma vi siete scordati le inchiesta condotte da Libero Mancuso sulla strage di Bologna? Vi ricordate l'importanza data dai magistrati bolognesi al mitomane Angelo Izzo? E' incredibile come la Beccaria si arrampichi sugli specchi; non essendo emerso nulla a carico dei fratelli Savi, in relazione alla strategia della tensione, è andata in trasferta in Belgio. Peccato che dal Belgio ritorni a casa. Dietro la Uno Bianca, ripeto fino alla nausea, vi era solo la targa! Certo se non ci fosse la solita trama nera, non ci sarebbe lo scoop e le vendite del libercolo, sarebbero un fiasco. Una cosa è certa se i magistrati bolognesi, visto quello che sono stati capaci di fare con la strage di Bologna,avessero trovato il sia pur minimo indizio sarebbero andati fino in fondo. Altro che complicità. La Beccaria vuole emulare altri "fontanologhi" e pistaroli neri celebri,ma temo per lei che sia fatica sprecata. Dietro la Uno Bianca vi era la targa!
RispondiEliminaLe inchieste e le sentenze giudiziarie non sono fonte di verità storica. In particolare quando parliamo della stessa magistratura che ha prodotto l'abominio delle condanne per la strage della Stazione.
RispondiEliminaE i dubbi sulla Uno bianca restano tutti...
CAMORRA LEGATA ALLA UNO BIANCA?
RispondiEliminaRepubblica — 02 febbraio 1995 pa...gina 20 sezione: CRONACA
BOLOGNA - E' una donna il trait d' union che collegherebbe la banda della Uno bianca alla camorra. Un' austriaca di 24 anni, "bella, simpatica, dai modi aperti, elegante", dice chi l' ha vista. Si chiama Sabine Faschlunger, è stata insieme a Fabio Savi, l' unico non poliziotto della banda, in due località di villeggiatura sul litorale marchigiano. Questa volta però la nuova donna nella vita del Rambo della banda non è, o non è soltanto, una passione d' amore come l' altra straniera, la compagna del killer, la misteriosa Eva Mikula, rumena. Secondo gli investigatori è un anello che collegherebbe la banda alla camorra. Una novità importante emersa ieri al processo per la strage del Pilastro, durante l' interrogatorio del capo della Criminalpol di Bologna Rino Germanà. Sono stati raccolti elementi che portano a Caserta, all' ambiente del "cartello dei casalesi", una delle più feroci della malavita organizzata campana. Uomini condannati insieme a Marco Medda, l' ex delfino di Cutolo alla sbarra per il triplice omicidio dei carabinieri. Sabine soggiornò nell' estate del ' 92 all' Hotel Marisa di Falconara, in compagnia di un' amica. Vi tornò l' anno dopo. Fabio Savi andò a trovarle, dormì lì una notte. Nel settembre del ' 93, le due belle austriache passarono qualche giorno invece al camping "Il Campetto" di Senigallia. Lì Fabio passò due pomeriggi. "Savi stava di più in compagnia di Sabine - dice il gestore - perchè conosce bene l' italiano, che parla con accento napoletano". Sabine, infatti, ha una lunga storia in Campania: gestì un pub a Pinetamare abitò lì, al Villaggio Coppola; la Squadra Mobile di Caserta le trovò in casa il numero di telefono di Mario Iovine, elemento di spicco dei casalesi. Venne arrestata con un altro camorrista, Raffaele Della Volpe, con un caricatore nascosto nella spallina del reggiseno. E il fratello di Iovine, Vito Antonio, ha una Fiat Punto, vista nell' ottobre scorso mentre seguiva un testimone che avevano notato i fratelli Savi rubare una "Uno".
Ma scusa UMT, ma qui dove sarebbe la cosiddetta strategia della tensione, che legherebbe i banditi poliziotti a eventuali trame nere?Si parla di camorra, si sa che tale organizzazione criminale a Napoli,si era infiltrata abbondantemente nel MSI campano, si conosce anche le simpatie e i finanziamenti di Giuseppe Misso capo camorra al MSI.Sono noti i finanziamenti ad Almirante di Abbatangelo, tanto da costringere Almirante a dare le dimissioni da consigliere comunale a Palazzo San Giacomo.Io possiedo tutti i libri scritti dall'avvocato Angelo Cerbone e li ho letti attentamente,ma ripeto i banditi poliziotti Savi cosa hanno a che spartire con la strategia della tensione e le trame nere?
RispondiEliminaIl rapporto con la politica di Misso è stato sempre ambivalente, tra l'altro, dopo la lettura del suo bel libro "I leoni di Marmo", in cui invece accusa i cutoliani di avere avuto rapporti con i servizi segreti, incomincio seriamente a pensare che non fosse così implicato nei livelli politici, area grigia, tra Stato e criminalità...
RispondiEliminaanonimo, dovresti anche leggerti i verbali di misso ultima versione (collaboratore di giustizia)
RispondiEliminaepifanio: io sono una persona tutto sommato semplice e penso che le cose sono spesso + semplici di quello che ci piace credere
e non ho risposte da darti ma tanti dubbi che ruotano tutte intorno a un fatto preciso: l'assoluta sproporzione tra movente dichiarato, dispiegamento di mezzi ed effetti collaterali prodotti
Allora...Misso ha sostenuto Abbatangelo e Florino alle elezioni fin dal 1983, e questo lo ha sempre detto, incontrò anche Almirante all'epoca. Bisogna dire che però all'epoca era ancora il capo di una banda di rapinatori, più che un vero e proprio camoorista.
RispondiEliminaAl processo per il rapido 904, Napoli-Milano, è stato assolto, in via definitiva, per non avere commesso il fatto.
Negli ultimi anni da boss della sanità, a capo di una alleanza che controllava quasi tutta Napoli, si era avvicinato alla sinistra, è noto. I suoi voti confluirono su Roberto Conte, eletto al consiglio regionale della campania prima con i Verdi Sole che Ride e poi con la Margherita nel 2005. Conte poi passo al PD. Perciò dico "ambivalente".
Non conoscevo l'ultima evoluzione politica di Misso; mi risultava la sua delusione nei confronti del MSI e di AN, area politica, per la quale tanto aveva fatto, poi ne era rimasto disgustato. Il suo impegno politico a favore dell'estrema destra i suoi continui finanziamenti, al momento dell'incriminazione non valsero a nulla . Fu scaricato da AN come monezza, risentito è probabile che abbia seguito la celebre esortazione di Totò e si sia buttato a sinistra.Dell'ex barelliere al Cardarelli di Napoli,deputato poi nelle fila del MSI, risultavano versamenti ad Almirante per centinaia di milioni di vecchio cono, frutto di tangenti.UMT per quanto attiene alla Uno Bianca e alla Beccaria, io reputo più attendibile la magistratura bolognese. La Beccaria è una fissata delle trame nere, scrive libercoli quasi sempre incentrati sulle trame nere; ecco perché non è attendibile.Non so se la tua è galanteria vecchio stampo nei confronti della Beccaria, ma quando si tratta di scrivere libri, bisogna essere ben documentati, lasciando in archivio, ogni dogma ideologico.Achille Serra, oggi deputato nelle fila del partito democratico (sinistra per essere chiari) un brillante poliziotto, fu incaricato dal Viminale di condurre una inchiesta interna alla Questura di Bologna, dopo i tragici fatti, arrivò alla medesima conclusione dietro la Uno Bianca c'era la targa!
RispondiEliminaZapata, Conte oggi è consigliere regionale del centrodestra nonostante una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.
RispondiEliminaA metà anni 70 Misso era stato anche supporter delle prime liste di disoccupati di "destra".
Oggi accusa Florino di essere stato il mandante di un triplice omicidio del 1983 contro il clan Giuliano, colpevole di voltafaccia verso il partito che avevano sempre sostenuto. Secondo me è una bufala. Perché da tempo "Faustino", segretario della terribile sezione "Berta", scottato dall'esperienza penitenziaria come complice degli omicidi di Jolanda Palladino, la ragazza bruciata viva la sera della vittoria elettorale del Pci nel 1975, si era rivoltato contro la sua antica base sociale, diventando attivo membro della commissione parlamentare antimafia.
Epifanio, dissento in tutto quello che scrivi: sia sul giudizio per il lavoro della Beccaria (da cui a mia volta dissento sulla strage di Bologna) sia su quello per la magistratura bolognese.
Misso è cresciuto fascista, questo lo dice anche nel suo libro. Però aveva stima per alcuni comunisti. Il sostegno ad Abbatangelo e Florino venne fuori proprio per garantirsi appoggi politici, che in realtà non aveva mai avuto.
RispondiEliminaNel 1983 finisce lo scontro con i cutoliani e per la definizione dei clan che dovevano controllare la città bisognava avere "appoggi politici". In precedenza aveva sempre sostenuto candidati democristiani o socialisti, perchè l'MSI non contava niente. Le liste di destra si andavano a scontrare con quelle della sinistra (tra il 1975 ed il 1983 il sindaco era Maurizio Valenzi, comunista, populista, eroe della resistenza ed ebreo).
Scelsero l'MSI perchè il sostegno per l'elezione dei consiglieri era determinante.
Già nei primi anni 70 la Berta era la sezione più agguerrita della città per un saldo radicamento sociale tra i lumpen della Sanità.
RispondiEliminaLe prime liste di lotta di destra nascono da una scissione locale peronista del Msi che ha i suoi elementi di punta in Emidio Novi (mio maestro di giornalismo poi a lungo parlametare forzista) Pietro Golia (già leader napoletano di Lotta di popolo e oggi maggiore editore sul revisionismo antisabaudo) e reclutano soprattutto alla Sanità.
Misso era un bandito fascista e la rapina al banco dei pegni di Spacccanapoli è un capolavoro.
PS Valenzi non era populista ma un raffinato intellettuale e bravo pittore ...