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Un contributo di riflessione sul Fuan di via Siena

Marco Petrelli è un blogger  ternano. Ha militato in Azione universitaria e ha una viva curiosità per il movimentismo di destra. Qualche giorno fa mi ha segnalato questo suo interesse e a me ovviamente fa piacere che ci siano giovani che coltivino simili interessi. Ora mi propone per la pubblicazione questo contributo di riflessione. Cosa che faccio con piacere, anche perché di via Siena abbiamo già parlato e torneremo a parlare. Non intervengo nel merito dei giudizi ma devo precisare che la partecipazione dei camerati alla cacciata di Lama, riproposta da Marco, è una leggenda metropolitana, frutto della genialità del duo Cacciola-Croppi, due talenti del marketing politico. Ripubblico il post editato già stamattina e inghiottito da un bug ...


CARADONNA ’68. LAMA ‘77
Gli universitari  missini, dalla destra d’ordine al Fuan di via Siena.
Un giorno del 1977 in piazza del Popolo, a Roma,  compare una scritta murale, breve ma incisiva: Caradonna ’68. Lama ’77. Accanto, la sigla Fuan e una croce celtica.
Il Fuan (Fronte Universitario Azione Nazionale), nato agli inizi degli anni Cinquanta, era l’organo che aggregava ed organizzava gli universitari vicini al partito di Almirante e Romualdi e che tentava di inserirsi in un contesto, come quello accademico, dominio incontrastato di varie sigle della sinistra radicale.
Coacervo di giovani di diversa provenienza, regionale e sociale, calderone di idee, emozioni, passioni politiche e giovanili, il Fuan subirà un  lento processo evolutivo che lo condurrà a mettere duramente in discussione la linea statica e conservatrice degli ambienti missini.
Gli anni della contestazione scuotono le fondamenta della Società italiana, finendo per  travolgere e dividere il mondo giovanile, ancora a metà tra una visione ‘tradizionale’ della vita e le avanguardie che provengono da oltre oceano.
L’immagine simbolo del Sessantotto è stata scattata I marzo 1968 a Valle Giulia. Camionette della polizia in fiamme, scontri, un campo di battaglia di fronte all’università La Sapienza di Roma.
Valle Giulia ebbe (e tuttora lo mantiene) un forte significato simbolico: l’ondata del mutamento sociale e culturale stava partendo, come negli USA, dalle università italiane, centri di studio sì, ma in primis di confronto e di elaborazione.
Il Movimento studentesco monopolizzava la rivolta degli studenti romani, delineando un confine virtuale tra chi sosteneva il nuovo e chi lo contrastava.
Va da sé che, con la mentalità diffusa allora, i militanti missini fossero indicati come ala reazionaria, ‘passatista’, fedele alle parole d’ordine di vecchi regimi.
Non fu esattamente così. Alcuni ambienti del Fuan, Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale avevano rappresentato sino ad allora la volontà di creare una alternativa al militante politico ‘classico’, impettito e obbediente. Alternativa che trovava fondamento nella preparazione culturale dell’individuo, nel suo sapersi inserire in un contesto nuovo, moderno, dinamico, un individuo capace di cogliere le istanze di rinnovamento, “cavalcarle”, guidarle verso la creazione di una vera rivoluzione sociale, politica, umana.
Il tutto in rottura con la vecchia visione “almirantiana” , dell’uomo di destra schematico, che considera “sovversione”  ogni appiglio a  stimoli ed influenze che escono dal proprio campo visivo e mentale.
L’esperienza di Avanguardia Nazionale, ma soprattutto del Fuan Caravella, fu un grande successo. Gli studenti di sinistra, per la prima volta nel dopoguerra, videro in quei giovani ‘camerati’ la possibilità di una lotta comune contro il ‘sistema’. Si anticipò, di diversi anni, l’idea che la vera rivoluzione giovanile fosse possibile solo con la fusione e la comunanza di intenti. Quella della “Caravella” fu una esperienza bella quanto fugace: i Volontari Nazionali di Almirante posero fine all’occupazione dei loro stessi camerati a colpi di bastone, finendo per rompere anche il sodalizio con il Movimento studentesco. La “Caravella”, suo malgrado, fu come il mercurio: lasciò tante palline che, ricomposte, delineavano una identità recuperata da  Primula Goliardica e, alcuni anni più tardi, diffusasi nelle tumultuose sedi di FdG e FUAN.
E’, infatti, negli anni Settanta che l’immagine di una fascismo rivoluzionario, o meglio, nazional-rivoluzionario, prende a diffondersi nell’ambiente neofascista.
Il recupero delle istanze diciannoviste  del primo fascismo, quello di San Sepolcro, del socialismo nazionale, della lotta alla omologazione comunista e al materialismo capitalista; i riferimenti continui al peronismo e ai Montoneros (la fazione più ‘sinistra’ dei peronisti), crea una corrente di pensiero volta a scuotere il mito della Destra d’ordine con l’effetto di un terremoto. Per sopravvivere e costruire un avvenire è necessario intercettare i bisogni delle giovani leve, comprenderne paure, ansie, perplessità, passioni. Impensabile continuare ad intervenire con mazze e Volontari Nazionali per dirimere questioni che vanno studiate, non giudicate e poi relegate in  un angolo.
Dopo l’omicidio di Mikis Mantakas, il 28 febbraio 1975, la situazione a Roma e in tutta la Penisola si fa molto tesa. L’ultra sinistra scatena forti contestazioni durante il processo per il Rogo di Primavalle, difendendo i compagni sotto accusa, reagendo ai missini con forti proteste e scontri. Parte una pistolettata e, in Piazza Risorgimento, muore il “greco”. Nulla sarà più come prima. Nel giro di tre anni, fino alla strage di via Acca Larentia, al Tuscolano, nel 1978, la lotta politica assume connotati che sfoceranno in uno scontro fratricida tra ‘rossi’ e ‘neri’. Ma, in mezzo a questo nuovo clima di violenza, fioriscono esperienza nuove. E’ il caso di Lotta Popolare o del Fuan di via Siena. Quest’ultimo, aderente alla corrente ‘rautiana’, entra in palese contrasto con le linee del MSI. Via Siena di viene il centro delle passioni e degli ardori, ma anche delle novità della politica giovanile di destra degli anni ’70. Il suo mito si diffonde in tutta la penisola con celerità: persino da Milano e Trieste vengono ragazzi a partecipare alle attività di cambiamento. Sono ragazzi duri, come dura è la vita del militante in quegli anni, ma forte è il desiderio di creare una nuova immagine del ‘fascista’: basta l’icona del manganello e dell’olio di ricino, basta con il passato nostalgico e illusorio, basta con un partito che tiene i piedi su due staffe, che ‘usa e scarica’.
Un centro di elaborazione, un laboratorio culturale: questa è via Siena che, coadiuvata da dirigenti come Biagio Cacciola si pone alla testa di un’onda che spinge al rinnovamento, alla ricerca di esperienze diversificate, da fare venire la pelle d’oca anche ai più radicali rivoluzionari della sinistra, quegli stessi che resteranno sbigottiti nel constatare la presenza di militanti di destra alla cacciata di Lama dall’università (febbraio ’77). Si, perché questo è il concetto che deve passare: la rivoluzione, intesa come cambiamento radicale, parte dalle idee e non dagli schieramenti. Non è la tessera o l’orientamento politico a fare il rivoluzionario, bensì la capacità del singolo di proporre, discutere, abbattere e ricostruire un concetto, una idea, un programma. Nazional – rivoluzione: una rivoluzione a ‘tutta destra’, un crogiuolo di sub culture, un melting pot umano tra la diffidenza di vecchi federali e le pallottole dell’Autonomia.
Via Siena vivrà tanto quanto visse il Caravella: nell’arco di pochi anni la struttura finisce allo sbando, per colpa anche dello stesso partito. Non perde la connotazione anarchica: in via Siena ognuno pare poter fare ciò che vuole. Diventa però sinonimo di guai e guai grossi. La sede sarà frequentata dai Nuclei Armati Rivoluzionari e in un secondo momento abbandonata. Ma proprio come il Caravella anche via Siena lascerà un’eredità al mercurio: il sano spirito di ricerca, approfondimento, studio, conoscenza maturato tra le quattro mura del Fuan accompagnerà ancora i militanti missini, portando alcuni di loro a creare strutture e correnti di pensiero ancora più rivoluzionarie.

Marco Petrelli

3 commenti:

  1. Sul Fuan si è scritto di tutto, sia il bene che il male possibile. A me in questo caso non interessano le vicende giudiziarie, bensì la storia, le origini e le vicende del Fuan, protagonista nei decenni scorsi di numerose occupazioni universitarie dei giovani di destra. La riflessione sulla nostra storia senza paraocchi è sempre utile, soprattutto quando in malafede alcuni vogliono accreditare tesi a loro esclusivo interesse partitico/politico. Mesi fa sul blog "L'Eminente dignità del provvisorio" del mio amico giornalista Roberto Alfatti Appetiti fu pubblicato un post sulla ricorrenza dei 60 anni del Fuan, ve lo propongo http://robertoalfattiappetiti.blogspot.com/2010/05/sessantanni-fa-gli-universitari-di.html .

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  2. Giovanni, sono l'autore dell'articolo. Anche io vorrei 'ricostruire' (con modestia e umiltà) la storia del movimento. L'articolo di cui sopra non voleva denigrare il Fuan,anzi! A Firenze lo chiamavamo ancora con la vecchia sigla. Ne rivendico l'appartenenza molto più molto più di quella, in tempi non sospetti (ma superati) ad un'altra formazione di destra, radicale.
    Cordialmente,

    Marco etrelli

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  3. Marco non intendevo dire in alcun modo che tu volessi denigrare il Fuan. Ci si rilegge su questo blog o su altri, che seguiamo entrambi. Ciao.

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