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Adinolfi: bravi Priore e Fasanella, ma Israele?

Ho posto alcune domande a Gabriele Adinolfi dopo aver letto il suo commento alla nota su "Intrigo internazionale". Ecco le sue risposte


Che ne pensi della tesi di Priore-Fasanella? Siamo di fronte a un tornante?
Finalmente si parla della strategia della tensione come azione di guerra mediterranea, una guerra all'Italia più ad opera di alleati che di nemici ufficiali.
Dalle interviste con cui Fasanella e il giudice Priore presentano l'opera direi che si annuncia subito  interessante anche se intravedo qualche difetto. Una lettura eccessivamente dietrologica e  un peccato di omissione, visto che non citano mai un protagonista di quegli anni: Israele

Non sarà una fissazione questa su Israele?
Non ho alcuna fissazione sul ruolo israeliano nella strategia della tensione e neppure parto da una prevenzione: quando ho iniziato la mia inchiesta personale puntavo alla Trilateral; è solo poi che ho scoperto tutte quelle evidenze che riporto in Quel domani che ci appartenne.
Non sono neppure assertore dell'unicità delle responsabilità in quegli anni di stragismo, credo in uno scenario più complesso. Se venisse fuori, per esempio, che la strage di Bologna non ha avuto un coinvolgimento diretto dei servizi israeliani ma di quelli libici o di quelli di una potenza europea non sarei né sconvolto né deluso.
Credo che la strategia della tensione sia stata, così come sembrano sostenere anche il dott. Priore e Fasanella, opera di diversi “alleati” che ci facevano guerra nel Mediterraneo.
Sono però stupito che si possano ipotizzare tranquillamente e a cuor leggero responsabilità francesi o inglesi ma che non si citi  mai  Israele.

Forse c'è il fantasma dell'antisemitismo
Non c'entra davvero nulla. Quando si critica o anche soltanto si cita con severità Israele,  subito si grida all'antisemitismo. Se si criticano la Francia, l'Inghilterra o gli Stati Uniti invece si mettono in discussione un sistema, un apparato, un potere, non un popolo né una religione. Perché per Israele dovrebbe essere differente?
Io parto da alcune constatazioni elementari.
PUNTO PRIMO: l'unica evidence che abbiamo nello stragismo è data da Bertoli, bombarolo omicida catturato sul posto. Bertoli era un anarchico che frequentava una compagneria vicina alle Br. Quando, nell'aprile 1973, compì la sua strage a Milano veniva da Israele, da un lungo soggiorno in un kibbutz. Aveva passato la frontiera israeliana armato di una pistola e di una bomba a mano! Fu arrestato durante l'attentato. Dopo averla buttata in caciara (dalla stampa di sinistra fu fatto passare per un fascista mascherato) su di lui è caduto l'oblio. La sua è scomparsa addirittura dalla lista usuale delle stragi in Italia. Perché non si è seguita l'unica pista concreta? Perché si è fatto di tutti per rimuovere addirittura quel massacro dalla memoria collettiva?
PUNTO SECONDO: abbiamo evidenze di interessamento di diversi servizi internazionali alla lotta armata. Franceschini ha raccontato chiaramente la proposta, da lui e Curcio rifiutata ma da Moretti forse no, di una collaborazione da parte del Mossad. Di questo non si parla mai.
E Hypérion? Io non so che ruolo abbia avuto e se l'importanza che gli si attribuisce corrisponda al reale; ma tra i rappresentanti italiani della scuola francese, definita dagli autori “crocevia del terrorismo” viene citato il figlio di un dirigente del Mossad. E lì la pista si arresta.
PUNTO TERZO: se è  vero che l'intera tensione in Italia sia dipesa dal nostro ruolo nel Mediterraneo allora è certamente vero che vi hanno preso parte le potenze mediterranee. Sul cinismo politico israeliano non serve neppure disquisire; Israele inoltre è la potenza nucleare occidentale più forte dopo gli Usa. Oltre alle evidenze d'inchiesta, anche la logica porta a includere assolutamente Tel Aviv tra gli attori strategici della guerra sporca combattuta in Italia.
E' privo di senso che ci si dimentichi sempre di annoverarla tra i protagonisti.
Tutto questo lo dico per puro rigore scientifico. Se Israele ha avuto un ruolo maggiore, più cinico o più determinante di altre potenze, è solo perché era più potente delle altre. Non  dobbiamo stilare una classifica delle colpe, non servirebbe a nulla se non per assolvere chi fu semplicemente meno forte e non necessariamente migliore.

A onor del vero l’ultima ondata di processi ha tentato di annettere direttamente Bertoli al gruppo ordinovista-missino finito alla sbarra (e condannato soltanto in primo grado). Quali sono i punti in comune tra le tue critiche, da me già esaminate in Fascisteria, sulla vulgata della strategia della tensione (non servì a ostacolare il Pci ma anzi lo favorì) e le tesi di Priore e Fasanella?
Sono d'accordissimo con il teorema Priore-Fasanella, che è molto simile al mio: la strategia della tensione se ne infischiava del Pci. Al massimo, come comprovano le veline della Cia pubblicate in seguito, per un adattamento della “dottrina Colby” (la politica dell'attrazione delle sinistre al governo) e in rispondenza della strategia della Trilateral, gli Usa hanno piuttosto attirato il Pci nella stanza dei bottoni anziché respingerlo. E si è visto dopo la caduta del Muro di Berlino quante e quali entrature i dirigenti del Mutante (Quercia, Pds, Ulivo, Ds, Pd) avessero oltreoceano e come fossero considerati affidabili e allineati a Washington e New York.

E il Pci che ruolo avrebbe avuto?
Il Pci a mio avviso è stato sempre colpevole. Non in quanto stragista, ma perché ha pensato di pilotare lo stragismo - di cui non poteva essere all'oscuro - a suo vantaggio. Direi che tutti i partiti di potere e sottopotere furono colpevoli. Così come lo sono, oggi, tutti i governi, dicasi tutti, sul Narcosistema che è una delle principali voci dell'economia mondiale.
A quel che non si può combattere oppongono omertà e provano a trarne furbescamente tornaconto.

Troppa dietrologia dicevi. Per i miei gusti già il tuo punto di vista pecca di dietrologia, e più di una volta t'ho segnalato il mio fastidio alle chiavi di lettura criptologiche, e quindi …
Quello che stride nel teorema è l'eccessiva dietrologia. La mia, di dietrologia, non è eccessiva: nel senso che ho sempre la tentazione e la voglia di vedere chi gioca dietro le quinte ma non per questo trascuro gli attori sul palcoscenico, né nell'identificare le strutture e le meccaniche tendo mai a sottovalutare le dinamiche.
Io credo che ogni cosa nella vita sia leggibile su più livelli. Anzi, che tutto nella vita debba leggersi a più livelli. Perfino metafisici, figuriamoci poi quelli delle influenze discrete che alcuni definiscono, a torto "occulte". Ma i livelli vanno tenuti in conto tutti, non bisogna trascurarne uno per favorirne un  altro. Chi sostiene che la lotta armata possa viaggiare da sola, sulle sue gambe, senza interventi di gruppi di controllo o di potere, farnetica. Ma chi sostiene l'opposto farnetica ugualmente.
La realtà è l'insieme di diversi piani. Senza l'intervento diretto o indiretto di apparati di manipolazione e di protezione, una lotta armata in un Paese tecnologizzato dura pochissimo. Non poco: pochissimo; a meno che non serva che duri.
Questo però non significa necessariamente che quegli apparati abbiano creato la lotta armata. Sovente cavalcano quello che già c'è.
Non concordo quindi con la tesi per cui da Potere Operaio in poi, fino alla grande ed ultima offensiva BR, si sia in presenza di un complotto a tavolino.
Penso che lo spontaneismo quasi anarchico e la logica dell'azione diretta che in quegli anni sono incarnati da Pot.Op. e quindi dall'Autonomia siano almeno in gran parte genuini. Magari protetti inizialmente dall'incubatrice del Pci ancora in preda delle sue ambiguità.
Le manipolazioni intervengono in corso d'opera. E spesso  avvengono all'insaputa degli stessi attori. I quali, è bene ricordarlo, spesso ci hanno lasciato la pelle o hanno trascorso quindici o vent'anni di carcere; difficile sostenere che lo abbiano fatto da assoldati.

Soddisfatto allora solo a metà?
Siamo di fronte ad una lettura finalmente interessante.
Perché si possa andare oltre, considerata la complessità del reale, bisognerebbe abbandonare la logica degli studi affidati agli specialisti. O meglio bisognerebbe giungere ad un'opera a più mani che poi passi il vaglio e la selezione di chi il reale lo ha vissuto. In funzioni magari opposte e anche in formazioni  nemiche. La capacità dettata dal'esperienza diretta di cogliere il reale di alcuni manca totalmente ad altri e viceversa. Ricomporre il reale è un'operazione complessa.
La si farà mai? Non lo so.
Intanto accontentiamoci di riletture intelligenti, tenendoci le pecche e le omissioni. Ma avendo chiaramente in testa che ci sono pecche ed omissioni.
E' già un passo avanti notevole: eravamo abituati ad opere menzognere in cui le pecche e le omissioni rappresentavano il leit motiv.

2 commenti:

  1. molto interessante il libro e anche l'intervista.

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  2. Complimenti per l'intervista, frutto di una mente attenta. Purtroppo non conosco l'intervistatore personalmente, mentre Gabriele lo annovero da tempo tra gli amici e maestri

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