18 luglio 1994: strage antisraeliana a Buenos Aires, 85 morti
Tra depistaggi, false testimonianze e coperture, le indagini si sono rivelate senza blocco per decenni, riecheggiando gli attentati avvenuti in Italia nei cosiddetti Anni di Piombo. Passava il tempo e la strage all’AMIA ancora non aveva un colpevole, fin quando una collaborazione internazionale non portò alla luce una serie di telefonate tra Iran e Hezbollah. Ma non solo, perché senza gli appoggi di gruppi del terrore locali Iran e Hezbollah non avrebbero potuto portare avanti il progetto che poi diventò una strage.
La triangolazione ebbe la regia a Teheran che ordinò il piano per vendicare la mancata conclusione di accordo nucleare e si avvalse di squadristi agenti in America Latina, soprattutto in Argentina e in Paraguay, appoggiati da finte agenzie di viaggio che servivano da copertura per gli 007 sotto l’egida di Mohsen Rabbani, l’addetto culturale dell’ambasciata iraniana: o meglio, ufficialmente ricopriva quella posizione ma in realtà era un agente segreto decisivo per l’attuazione dell’attentato e nella ricerca del kamikaze.
Un episodio terribile contro gli ebrei che ha portato con sé anche un’altra morte: quella del magistrato Alberto Nisman, secondo cui la presidente argentina Cristina Fernández coprì il coinvolgimento dell’Iran nell’attentato contro l’AMIA.
Alberto Nisman venne trovato morto in quello che inizialmente era stato fatta apparire come un suicidio, ma in realtà fu un omicidio.
FONTE: MOKED
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