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Camere penali: Fanpage? Non è giornalismo ma attività investigativa


 "Non è giornalismo d'inchiesta" ma una "indagine privata" al di fuori di regole e controlli. A "smontare" l'inchiesta "Lobby nera" di Fanpage su Fratelli d'Italia è l'Osservatorio dell'Unione delle camere penali. Organismo istituzionale non propriamente di parte, dunque. L'indagine giornalistica, andata in onda giovedì scorso a Piazzapulita su La7, realizzata nel corso di 3 anni con un giornalista sotto copertura e infiltrato come "finto imprenditore", ha portato a galla diversi "filoni". Da un lato, il possibile ricorso a forme di finanziamento elettorale in nero da parte di importanti esponenti di Fratelli d'Italia in Lombardia. Dall'altro, quello di atteggiamenti nostalgici verso il Fascismo e riferimenti a Hitler. Per questo motivo martedì la Procura di Milano ha aperto una indagine per riciclaggio e finanziamento illecito su Carlo Fidanza, europarlamentare di FdI (auto-sospesosi) e il "barone nero" Roberto Jonghi Lavarini, che nel partito di Giorgia Meloni da anni non ha più alcun ruolo ufficiale. E dalla Procure filtrano voci di possibili sviluppi per "apologia di fascismo".

Secondo l'Ucpi, in un durissimo comunicato,

 "questo non è giornalismo di inchiesta così come lo si vuol definire",  piuttosto il frutto di una vera e propria attività investigativa, sottratta a qualunque forma di controllo dell'Autorità Giudiziaria ed alle regole che presidiano la genesi e lo sviluppo delle vicende processuali. Siamo giunti ad un crocevia estremamente pericoloso, nel quale le persone sono offerte in pasto all'opinione pubblica sulla base di informazioni raccolte nel corso di una vera e propria 'indagine privata', che addirittura precede e 'genera' la vicenda procedimentale propriamente intesa".

L'Osservatorio carceri dell'Unione delle camere penali lancia l'allarme su una indagine "che non conosce termini da osservare, autorizzazioni da chiedere, contraddittori da rispettare, che si avvale dei mezzi più invasivi della privacy, di intercettazioni ambientali, telecamere nascoste e agenti provocatori, i cui risultati vengono divulgati senza alcun controllo". Siamo di fronte, insomma, a "una nuova pericolosa frontiera del processo mediatico". "Se non si porranno sanzioni effettive alla violazione del segreto istruttorio e limiti alle interpretazioni estensive delle norme sovranazionali in contrasto con la nostra Costituzione, il 'giornalismo d'inchiesta' si sostituirà alla magistratura inquirente - avvertono i penalisti - con l'unico impellente target di raggiungere lo scoop, senza trovare alcun freno inibitore, neppure le sanzioni penali. Oggi è successo ad un partito politico, domani potrà accadere ad altri schieramenti, ed ancor peggio, a qualsiasi cittadino, al di là della personale visibilità o notorietà".

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